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Si è risentito, il divisionario Emanuele Berger (CdT 16 giugno), per la risoluzione approvata dal collegio dei docenti del Liceo di Bellinzona che ha mosso alcune critiche all’operato del dipartimento durante la crisi pandemica. Accusato di non aver consultato i docenti su una serie di temi importanti e delicati, l’unica risposta che i vertici del DECS sanno dare è di negare quanto gli si rimprovera con la solita arroganza e strafottenza.

Cominciamo dalla mancata consultazione. Chi la racconta giusta? È in grado Berger di presentare, , di citare una sola lettera, circolare, mail con la quale il DECS abbia chiesto un parere agli insegnanti di SMS, nei tre mesi di chiusura, su questioni importanti legate all’insegnamento? È in grado di presentare una bozza di direttiva, un documento di lavoro, inviati agli insegnanti affinché esprimessero le loro osservazioni? Solo in questo modo Berger potrà smentire i docenti del Liceo di Bellinzona; altrimenti le sue smentite, come spesso è avvenuto in passato, non smentiscono proprio nulla…Eppure non sarebbe stato difficile (i docenti delle SMS sono poche centinaia) raccogliere pareri individuali facendo capo ai mezzi informatici; una procedura questa che il DECS ha sempre valorizzato (come è avvenuto in occasione delle due consultazioni su La scuola che verrà) in contrapposizione alle prese di posizione “collettive” dei collegi dei docenti…

E veniamo ad alcune questioni concrete.

Il DECS ha elaborato disposizioni assai precise relative alla promozione. Nessuno ha mai scritto che tali direttive “regalassero” la promozione o che fossero eccessivamente favorevoli agli studenti. Non si può tuttavia negare che, a partire dalla loro pubblicazione, la motivazione degli studenti, già fiaccata dalla difficile situazione dell’insegnamento a distanza, sia venuta meno: molti studenti hanno fatto i propri calcoli e compreso che sarebbero, in ogni caso, stati promossi. Da questo punto di vista, e questo ci pare incontestabile, la comunicazione del DECS è stata perlomeno intempestiva, contribuendo a rendere ancor più difficile il lavoro degli insegnanti.

Ed eccoci a un secondo tema, quello della verificabilità dei contenuti dell’insegnamento a distanza. Fin dall’inizio si è messo in evidenza che i contenuti dell’insegnamento a distanza non avrebbero potuto essere oggetto di verifiche sommative (cioè di verifiche alla quali sarebbe stata assegnata un voto). E si è anche indicato che tutto quanto avveniva nell’ambito dell’insegnamento a distanza avrebbe potuto entrare in linea di conto solo se concorreva a migliorare i risultati del primo semestre: in nessun caso li avrebbe potuti peggiorare.
Ora, pur tenendo conto della situazione eccezionale e drammatica che abbiamo vissuto, non vi sono dubbi che fossero possibili altre soluzioni, più flessibili, che sicuramene avrebbero permesso di giungere a una valutazione più equa del rendimento scolastico complessivo dello studente.

Potremmo allungare la lista delle decisioni prese procedendo nello stesso modo. Pensiamo, ad esempio, a tempi e modi delle decisioni relative alla rinuncia agli esami di maturità; o, ancora, all’adozione, nel bel mezzo della crisi pandemica, della tanto contestata riforma della griglia liceale e alla decisione di applicarla a partire dal prossimo settembre.

Su tutti questi temi vi erano mezzi e tempo per discutere e coinvolgere i docenti, anche se la decisione finale sarebbe spettata al dipartimento. Non lo si è fatto perché non lo si è voluto fare, in perfetta coerenza con un modo di gestire la scuola autoritario, arrogante e irrispettoso.

* articolo apparso sul Corriere del Ticino il 22 giugno 2020