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Lo scorso 1° aprile 2020 il Consiglio di Stato, tramite un comunicato stampa, dava la notizia che i ricorsi contro la tassa di collegamento erano stati respinti dal Tribunale Federale. Nel suo comunicato il CdS informava inoltre che un prelievo retroattivo della tassa era da escludere.

Ciò significa che prima del 1° aprile 2020 ai generatore di traffico non verrà fatturata nessuna tassa. Molti tra questi generatori di traffico, aziende private ma anche pubbliche, hanno tuttavia, sin dall’approvazione della legge, fatturato ai propri dipendenti la tassa stabilita. Spesso importi importanti, pari a diverse centinaia di franchi annui per singolo dipendente. Una cifra analoga, per dare un ordine di grandezza, a quella che membri del Consiglio di Stato si rifiutano di pagare per il premio infortuni non professionali malgrado l’assenza di una base legale.

La somma complessiva degli importi trattenuti da un’azienda con un centinaio di dipendenti è estremamente importante. Sicuramente il Consiglio di Stato ha già riflettuto, visto anche la presenza al suo interno di giuristi-sindacalisti (distintisi in questo senso nelle recenti vicende dei licenziamenti LASA), su come fare in modo che non vi sia nessuna appropriazione indebita da parte delle singole aziende ed ogni franco trattenuto in questi anni venga restituito ai legittimi proprietari.

Alla luce di queste considerazioni chiediamo al Consiglio di Stato:

1.     Quante sono le aziende che in questi anni hanno incassato dai propri dipendenti la tassa di collegamento?

2.     Quanti dipendenti sono coinvolti?

3.     A quanto ammonta la somma incassata?

4.     Come intende intervenire affinché tutto quanto indebitamente incassato in questi anni venga restituito ai singoli dipendenti?

5.     Come intende verificare che ciò avvenga?

Per il Gruppo MPS-POP-Indipendenti

Simona Arigoni, Angelica Lepori, Matteo Pronzini