Interpellanza
Durante la crisi pandemica dei mesi di marzo e aprile tutti hanno lodato e sottolineato l’importanza del settore sanitario e del suo personale nell’affrontare questo difficile momento.
Lodi che, nella maggior parte dei casi, si sono limitate a esternazioni verbali e non si sono tradotte in forme di riconoscimento sostanziale in termini di miglioramento delle condizioni di lavoro e di salario del personale, in particolare di quello infermieristico.
Molte strutture, sia pubbliche che private, hanno dovuto rivoluzionare completamente il loro modo di operare, chiudere reparti e blocchi operatori, rinviare interventi non urgenti o ridimensionare alcuni servizi.
Alcuni operatori e operatrici sono stati integrati in altre strutture o altre funzioni, ma alcuni/e sono dovuti stare a casa. Tutto questo per poter rispondere in modo adeguato all’emergenza sanitaria in atto.
Ora, da un’intervista al Caffè del direttore della clinica Moncucco Christian Camponovo, veniamo a sapere che il cantone ha deciso di non riconoscere al settore sanitario le indennità per il lavoro ridotto mettendo in difficoltà le strutture pubbliche e private, generando grandi incertezze per il futuro di queste strutture e del loro personale. Come dice Camponovo: “Non possiamo che deplorare questa decisione e opporci nelle opportune sedi, sperando di riuscire ad ottenere ragione, perché altrimenti i “buchi” a fine anno non saranno facili da chiudere”. A quanto sappiamo anche per le strutture pubbliche è avvenuto lo stesso trattamento.
In questa situazione le strutture si vedranno quindi “costrette” a chiudere i buchi con politiche che potrebbero portare a licenziamenti o peggioramenti delle condizioni di lavoro del personale e, a catena, anche una minore qualità delle cure.
Di fronte a questa situazione chiediamo al Consiglio di stato
1. Quante domande di lavoro ridotto sono state fatte nel settore sanitario? Quali professioni erano coinvolte?
2. Per quale ragione queste domande non sono state accolte?
3. Non ritiene il Consiglio di stato che questo modo di procedere non riconosca il valore del contributo che queste strutture, pubbliche e private, con il loro personale hanno dato alla lotta contro la pandemia? Non teme che questi mancati introiti possano poi riflettersi sulla gestione del personale, intaccando anche la qualità delle cure?
Per il gruppo MPS-POP-Indipendenti
Angelica Lepori, Simona Arigoni, Matteo Pronzini