L’aumento della disoccupazione e dei licenziamenti solleva interrogativi sul futuro del lavoro in alcuni settori economici. Al di là delle rivendicazioni tradizionali (piano sociale, indennità di disoccupazione, etc.) si pone la questione di una riconversione professionale verso settori di pubblica utilità.
Esigere piani sociali è una richiesta del tutto legittima nel breve periodo. In una situazione di incertezza in diversi settori economici (turismo, alberghi, traffico aereo), l’abolizione del limite di tempo per l’indennità di disoccupazione è un’altra richiesta da avanzare, per evitare le situazioni di disagio causate dalla prolungata crisi economica.
Un nuovo contesto occupazionale
Le richieste dei sindacati dovrebbero ora tener conto sia dell’incertezza economica che delle esigenze sociali. La riconversione professionale, nel quadro di misure tecniche di disoccupazione o di un piano sociale, consentirebbe al personale licenziato di integrarsi nei settori pubblici o para-pubblici della sanità, dell’istruzione e dell’industria alberghiera. Tale riqualificazione mirerebbe a trovare uno sbocco affidabile, con una formazione di alta qualità e riconosciuta, un’utilità sociale del lavoro e quindi una migliore sicurezza di impiego.
Questa prospettiva è socialmente assai più sensata della rivendicazione di investimenti pubblici nell’industria del turismo, come proposto dal sindacato UNIA (risoluzione della conferenza del settore del 6.07.2020). I proprietari alberghieri hanno sempre beneficiato di varie agevolazioni (IVA, tasse, sussidi, promozione). Questi vantaggi non hanno tuttavia impedito loro di continuare ad offrire bassi salari e pessime condizioni di lavoro (lunghi orari di lavoro, precarietà, etc.), nonché di dimostrarsi avversari dei contratti collettivi di lavoro (CCL). Date le caratteristiche specifiche dell’industria svizzera del turismo (alta qualità, clientela straniera), una ripresa degli affari rischia di farsi attendere a lungo. Piuttosto che credere alle promesse fatte dal padronato, occorrerebbe cambiare rotta. Ciò impedirebbe anche che gli aiuti e le sovvenzioni pubbliche promuovano essenzialmente un turismo per ricchi. Le richieste di riqualificazione potrebbero anche basarsi sul piano di sostegno alla formazione nel settore sanitario appena approvato dal Parlamento federale. Si tratta di un pacchetto di 469 milioni di franchi su 8 anni per promuovere la formazione del personale sanitario (cfr. Le Courrier dell’11 giugno 2020). Potrebbero inoltre essere sollecitate altre forme di finanziamento pubblico, come quelle destinate alla promozione e all’innovazione industriali, al fine di garantire posti di lavoro duraturi.
Riconvertire Cointrin
D’altro canto, la presenza di tre aeroporti internazionali in Svizzera è ovviamente discutibile dal punto di vista eco-socialista. Le previsioni del direttore dell’aeroporto di Ginevra-Cointrin di un aumento del 50% del traffico aereo entro il 2050 (avanzate prima della pandemia) indica la volontà di continuare a promuovere il turismo di massa, dannoso per l’ambiente e le attività commerciali. Tutti i principali aeroporti sono diventati giganteschi centri commerciali senza altro scopo che il consumo. Poiché la crisi condannerà certamente queste prospettive, occorrerà anche considerare un piano di riconversione per quel che riguarda il sito in quanto tale.
In Svizzera sarebbe più che sufficiente un unico aeroporto, destinato alle relazioni internazionali. Gli altri terreni potrebbero, ad esempio, ospitare delle centrali solari. Si tratta infatti di aree pianeggianti, già dotate di infrastrutture tecniche e vicine ai centri urbani. Il personale tecnico potrebbe essere riqualificato nell’installazione e nella manutenzione degli impianti.
Altre conversioni riguarderebbero le stazioni ferroviarie in centri di manutenzione per il materiale rotabile, gli edifici in strutture di accoglienza e di formazione. Le strutture alberghiere (cucine, ristoranti, magazzini) soddisferebbero le esigenze del settore pubblico (scuole, settore para-pubblico, doposcuola, case per anziani, etc.).
Gli spazi potrebbero anche essere utilizzati per ospitare luoghi destinati alla creazione culturale. Tutte queste attività si rivelerebbero così creatrici di posti di lavoro, di riqualificazione e di formazione.
Anche la massiccia riduzione dell’orario di lavoro e la distribuzione del lavoro tra tutti sono prospettive da avanzare con decisione. Lavorare meno significa produrre e consumare meno, e ridurre il fabbisogno energetico; temi che convergono con le esigenze dei movimenti che difendono l’equilibrio climatico. In questo modo, i sindacati e i dipendenti possono trovare forze sociali necessarie per sostenere e rafforzare anche la riduzione dell’orario di lavoro.
*SolidaritéS 20 agosto 2020