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Secondo quattro sondaggi, il Movimento per il socialismo di Evo Morales (MAS) ha vinto le elezioni nazionali al primo turno con una larga maggioranza. Il sondaggio Ciesmori, trasmesso dopo una lunga attesa all’una di lunedì mattina, ha annunciato la vittoria di Luís Arce e David Choquehuanca con il 52% dei voti, contro il 30% di Carlos Mesa e il 14% di Fernando Camacho, il candidato dell’estrema destra. Nonostante i timori di repressione e di brogli, le elezioni di questa domenica si sono svolte senza problemi, con lunghe code davanti ai seggi e in un’atmosfera tranquilla. Lunedì mattina, la Presidente Jeanine Añez ha riconosciuto pubblicamente la vittoria del MAS, anche se solo il 10% dei voti è stato scrutinato. Oggi, Carlos Mesa ha pure riconosciuto la vittoria di Arce. In generale, la stampa mondiale tratta i risultati delle elezioni con calma, come una vittoria per la democrazia in Bolivia. Il progetto di Carlos Mesa è di diventare il leader dell’opposizione al MAS, nel prossimo periodo 2020-2025.

La schiacciante vittoria del MAS al primo turno è una sconfitta per la destra golpista e per gli interessi dell’imperialismo. Durante la campagna elettorale, la destra era convinta di vincere al secondo turno. Tutto era stato messo in gioco per convincere i boliviani che dovevano andare al secondo turno, che la società era divisa in due, che l’uscita del MAS dal potere non era il prodotto di un colpo di stato, ma della sua cattiva gestione per 14 anni e che era la fine inevitabile dell’esperienza con la sinistra. Il governo di Añez e gli alleati imperialisti hanno rinviato il più a lungo possibile l’organizzazione delle elezioni, cercando di rafforzare il proprio potere. Hanno cercato in tutti i modi di organizzare una consultazione fraudolenta, cercando di impedire la partecipazione al voto dei boliviani votare all’estero (ci sono state lamentele in Argentina, Cile e Brasile). Infine, il giorno delle elezioni, il ministro della Difesa, Arturo Murilo, uomo forte del governo di Jeanine Añez, ha cercato di spaventare la popolazione piazzando forze di polizia e dell’esercito in ogni angolo delle strade della capitale, La Paz.

Con alle spalle un anno di usurpazione del potere da parte della borghesia golpista, la crisi COVID e la crisi economica galoppante degli ultimi mesi, il popolo boliviano sembrava annientato, diviso e rassegnato; ma al momento opportuno si è dimostrato deciso con la sua partecipazione al voto. I risultati di questa toranta elettorale mostrano maggiori differenze rispetto all’anno scorso: nel 2019, Evo aveva un vantaggio del 10,5% su Carlos Mesa. Nel 2020, Arce ha vinto di quasi il 20% su Mesa. Questo dimostra il rifiuto del popolo del colpo di stato e della cattiva gestione del governo di Añez;  ma rappresenta anche l’approvazione del progetto politico-economico di MAS, che è riuscito a ridurre le disuguaglianze nel paese durante gli anni del suo mandato, anche se gli interrogativi nei confronti della politica di Evo Morales non sono mancati. Con questo voto, la popolazione esprime anche un appello all’urgente necessità di attenzione da parte del governo di fronte alla fame e alla disoccupazione, che sono aumentate catastroficamente durante l’ultimo periodo della pandemia.

Si sta consolidando un movimento strutturato di estrema destra con una giovane leadership, Fernando Camacho, attuale presidente del Comitato Civico di Santa Cruz, che ha ottenuto il 14% dei voti in tutto il paese, e che è la prima forza politica, con il 45% dei voti, a Santa Cruz, regione orientale e amazzonica della Bolivia. Per la prima volta sono stati eletti anche 4 senatori e diversi deputati di estrema destra. La vittoria di Camacho nella regione orientale è il risultato del sostegno diretto delle sette massoniche, gruppi segreti di interessi privati, molto influenti nel dipartimento di Santa Cruz. La presenza dell’estrema destra nella regione non è un fenomeno nuovo, ma la sua crescita è inquietante e annuncia possibili tensioni future nella regione, ricordando le azioni dell'”Half Moon”, l’oligarchia dei proprietari terrieri e dell’agroalimentare, che nel 2008 avevano scatenato un grande e aperto conflitto tra la borghesia e il governo di Evo, conclusosi alla fine con la sottoscrizione del patto delle autonomie dipartimentali. Ricordiamo che l’estrema destra di Camacho e Santa Cruz sono stati i principali artefici del colpo di Stato del 2019, insieme alla leadership delle Forze armate; un colpo di Stato che ha visto decine di morti.

La grave crisi economica ha portato il Paese sull’orlo del collasso dopo un anno di palese corruzione e attacco ai conti pubblici, deprendando anche le riserve internazionali. Ma la crisi non è una novità, l’economia è in calo dal 2014 ed è il risultato della profonda dipendenza strutturale della Bolivia dal capitale internazionale che continua a governare il Paese, indipendentemente da chi sia al governo, perché l’economia si concentra sull’esportazione di materie prime, principalmente verso imprese cinesi o americane.

In un certo senso, il processo in corso smentisce ancora una volta l’accusa di brogli nelle passate elezioni, guidate dalla classe media e dall’opposizione politica di Carlos Mesa. Nel 2019, l’interruzione del conteggio rapido è stata usata dalla classe media come una delle principali prove dei brogli elettorali. Ora, il presidente della Corte suprema elettorale, Salvador Romero, ha deciso, alla vigilia delle elezioni, di sospendere il sistema di conteggio rapido dei voti per disinnescare le tensioni. Il sistema di conteggio dei voti della Corte suprema elettorale funzionerà solo nei diversi dipartimenti. L’assenza del conteggio rapido e il riconoscimento della vittoria del MAS rafforzano dimostrano che nel 2019 non siamo stati confrontati con un tentativo di frode, ma di un colpo per spodestare Evo Morales.

Infine, la vittoria del MAS porta sollievo alla sinistra in generale di fronte alla valanga di ondate reazionarie regionali e globali. Ma finora non c’è una corrente significativa alla sua sinistra in Bolivia. I 14 anni in cui il MAS è stato al potere hanno dimostrato i limiti e i rischi della conciliazione di classe e la sua insufficienza storica per avanzare nella soluzione dei problemi della nostra classe, così come il modello economico basato sull’esportazione di materie prime ha portato (e porta) a disastri ambientali di grandi proporzioni, come gli incendi in Chiquitania, o la lotta delle multinazionali per il controllo delle riserve di litio. Più che mai, la sfida per costruire un’alternativa indipendente e di classe è posta alla sinistra rivoluzionaria.

Il nuovo governo del MAS deve denunciare le attività golpiste dei governi neoliberali e le alleanze con gli Stati Uniti. Revocare tutte le misure del governo golpista di Añez, ignorare il debito contratto durante questo governo e promuovere la nazionalizzazione della ricchezza del paese, contro lo sfruttamento delle imprese capitaliste, come il litio. Il MAS ha una nuova possibilità di promuovere un modello economico sostenibile dal punto di vista ambientale. È urgente che tutti gli autori del colpo di Stato siano giudicati per le loro azioni, così come che le forze armate e gli agenti di polizia boliviani siano riorganizzati e democratizzati, perché sono stati gli agenti del colpo di Stato contro Evo Morales. Nelle future relazioni internazionali, il governo di Arce deve chiedere l’immediato scioglimento del Gruppo di Lima e lasciare l’OSA, organizzazioni imperialiste conniventi con il colpo di Stato.

*articolo apparso su Esquerda online il 19 ottobre 2020. La traduzione in italiano è stata curata dal segretariato MPS