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La sovramedicalizzazione, piaga del sistema (sanitario)”: il quotidiano Le Temps (8.9.2020) cura i suoi titoli ad affetto. È pur vero che scrive con “il sostegno del partner (Santé Suisse)”, l’associazione di categoria degli assicuratori malattia che, comodamente seduta sul gruzzolo di riserve delle assicurazioni, non si considera certo come la piaga del sistema. L’articolo del signor Michel Guillaume entra nel vivo già dalla prima riga, per produrre il suo effetto: “Nel sistema sanitario svizzero, il 20% degli atti sono superflui”. Niente di meno! Quest’affermazione pretende di essere “per la prima volta” confermata da un rapporto dell’Istituto per l’economia sanitaria della ZAHW (Alta scuola zurighese per le scienze applicate) – che con precisione Guillaume trasforma in “Alta scuola sanitaria del canton Zurigo” – e dall’ufficio studi Infras; uno studio pubblicato online dall’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) a metà agosto. Il rapporto in questione parla, per la verità, di un” potenziale di efficienza” stimato tra il 16% e il 19% (pag. 15). Il giornalista Guillaume, anche con il sostegno di uno sponsor così qualificato, non sembra aver compreso la “piccola” differenza tra “potenziale di efficienza” e “atti superflui”. A meno che non si sia limitato a leggere le tre paginette del “management summary” in francese del rapporto. Ma è così che questi signori fanno informazione…

Alain Berset è servito…

Non è utile commentare oltre l’articolo di Guillaume. Invece, è il caso di soffermarsi sul rapporto dal quale ha preso pretesto (1). La sua origine può essere così riassunta. Il consigliere federale Alain Berset ha fatto proprio integralmente l’obiettivo di contenere le spese sanitarie. Attraverso l’UFSP, ha dato mandato a un professore (Simon Wieser, del ZAHW) e a un ufficio di studi (Infras), ambedue grandi destinatari di mandati di studio attribuiti dall’amministrazione pubblica, per stimare l’ampiezza dei possibili risparmi nel settore sanitario. I beneficiari del mandato hanno reso il loro studio con grande soddisfazione di Berset: i risparmi potenziali sono altrettanto importanti di quelli annunciati dal consigliere federale. Ma come sono giunti a questa meravigliosa sorpresa? Proviamo a fare un piccolo esplorazione dietro le quinte della “scienza economica” messa al servizio della finanza e della politica.

La sanità, unica protagonista del mondo dell’inefficienza?

A sentire il consigliere federale Berset e gli economisti che gli forniscono le argomentazioni, il settore sanitario sarebbe il regno dell’inefficienza. Come ricordano Wieser & Co, con il loro gergo economico, esiste un potenziale di efficienza (accresciuta) “quando un risultato dato avrebbe potuto essere ottenuto a un costo inferiore” (pag. 18). Proseguono spiegando che questo potenziale può essere il risultato di un’eccessiva quantità di prestazioni e/o di costi troppo elevati. Elementare! Viene subito alla mente una prima domanda: perché questa focalizzazione sulla sanità? Si tratta forse dell’unico settore economico con questo tipo di “potenziali d’efficienza”? Proviamo a sondare questa ipotesi.

Quale potrebbe essere, per esempio, il risultato di uno studio che valutasse il potenziale di efficienza in materia di spese militari (sei miliardi di franchi all’anno) nella produzione di sicurezza a favore delle persone che abitano in Svizzera? 100%? Altro esempio: nel 2019 si contavano in Svizzera 4,6 milioni di automobili. 313’000 nuove auto sono state messe in circolazione nel 2019. Se riprendiamo il metodo di stima di Wieser, a 30’000 franchi a veicolo, arriviamo a 9,5 miliardi di franchi. A che risultato, in termini di potenziale di efficienza, arriveremmo se paragonassimo questo parco veicoli, pieno di SUV e altre auto di grossa cilindrata, ad altri veicoli sufficienti ad assicurare, al miglior prezzo, gli spostamenti della popolazione? E questo senza nemmeno prendere in considerazione la possibile sostituzione di questi veicoli con altri mezzi di trasporto; e senza nemmeno affrontare la questione climatica! Non arriveremmo a un risultato sconvolgente per la lobby dell’automobile? Potremmo continuare in questo discorso…

Allora, ci chiediamo, perché tanto accanimento nel cercare “l’inefficienza” in ogni aspetto del sistema sanitario e non altrove? Perché i premi della cassa malati “costano troppo” alle famiglie? E perché questo non è il caso per i 4×4 furgonati senza ritegno in leasing? Perché alcuni attori particolari “approfitterebbero” di queste inefficienze (e guardo in direzione dei medici)? È vero che i costruttori di automobili e i rivenditori come AMAG e Emil Frey sono opere di carità…

E allora? Ebbene, il settore sanitario è un settore di attività di prima necessità per la popolazione, ma ha il “difetto” che solo una parte permette di realizzare affari redditizi alle aziende private (farmaceutica, gruppi di cliniche private o di case di riposo medicalizzate, etc.); una parte importante di questo settore invece continua ancora a rimanere nell’ambito del servizio pubblico. Sta tutta qui la differenza, ad esempio, con un settore come quello dell’auto! Inoltre, le cure sono in parte finanziate dalle casse pubbliche (finanziamento ospedaliero da parte dei cantoni, sovvenzioni federali ai premi di cassa malati). Per il mondo degli affari, è necessario diminuire queste spese, di cui possono approfittare in maniera insufficiente e che pesano sulla spesa pubblica, ostacolando così le diminuzioni di imposte in favore delle imprese e dei ricchi. I politici, Berset in prima linea, sono lì per rispondere coscienziosamente a queste esigenze. E gli accademici forniscono loro gli argomenti, a pagamento naturalmente (che lo facciano a un prezzo “efficiente” … è un altro discorso).

Alcuni presupposti molto utili…

Il sistema sanitario svizzero si caratterizza per un buon accesso a un catalogo di prestazioni completo. Eventuali inefficienze, che potrebbero ad esempio risultare da diagnosi tardive, non si trovano quindi in primo piano, dal nostro punto di vista.” (pag. 21): uno dei presupposti delle sagge considerazioni di Wieser & Co è che in Svizzera non vi sia un problema relativo a bisogni sanitari non coperti. Questa è una vera fortuna quando si viene pagati per “provare” che è possibile operare dei risparmi senza nessun problema di coscienza. Ma questo corrisponde a quello che effettivamente vive la popolazione? Tre esempi ci mostrano che le cose non stanno proprio così.

  • È appurato che una parte della popolazione rinuncia alle cure per ragioni finanziarie. L’ampiezza della parte di popolazione toccata da questa rinuncia varia a secondo gli studi; dall’1% circa per delle consultazioni mediche (secondo l’inchiesta SILC) a più del 20% secondo i risultati dell’International Health Policy Survey 2016 (Obsan, dossier 56). Questi risultati sono confermati dalle inchieste sul terreno, ad esempio a Ginevra, nell’ambito del Bus santé, o presso alcuni studi medici del canton Vaud. Caritas ha attirato l’attenzione su questa realtà, nel quadro delle sue campagne di denuncia della povertà in Svizzera. Una povertà che ha acquisito, da questa primavera con la crisi del coronavirus, una nuova dimensione.
  • Una constatazione ricorrente, da parte dei pazienti così come del personale di cura, riguarda l’insufficienza, e a volte la deficienza, nella comunicazione tra medici e persone prese a carico. Ebbene, la possibilità per le persone in cura di comprendere la propria situazione, le cure loro somministrate, l’evoluzione probabile, nonché di avere la possibilità di esprimere quesiti e inquietudini non è un lusso; ma un bisogno fondamentale dei pazienti e rappresenta un elemento di efficacia delle cure. Le carenze in questo ambito non dipendono solo dai profili selezionati dal sistema attuale di formazione dei medici o dalla mancanza di attenzione accordata a questi bisogni nella loro formazione. Mettono soprattutto in evidenza una mancanza di tempo, dunque di risorse e di personale, per permettere una tale comunicazione.
  • La popolazione che più ricorre alle cure è la popolazione anziana. Quando i problemi di salute si accumulano, i bisogni non si limitano solo alle cure mediche, ma si estendono agli aiuti necessari per conservare una certa autonomia o si estendono alla necessità di una presa a carico residenziale in un istituto medico sociale (Case per anziani). Questi bisogni crescono ulteriormente in ragione dell’evoluzione della pratica medica, in particolare la sostituzione delle ospedalizzazioni con trattamenti ambulatoriali e la riduzione dei soggiorni ospedalieri. Ebbene, la risposta da parte delle istituzioni sociali e sanitarie è molto inferiore a quanto sarebbe necessario. I servizi di aiuto e cure a domicilio, pressati dalle regole di rimborso dell’assicurazione malattia e dalle condizioni finanziarie dettate dai cantoni, non hanno sovente i mezzi per rispondere pienamente alle attese. Il ricorso da parte di chi ne ha i mezzi a servizi di cure a domicilio privati ne è una diretta conseguenza. I parenti, le donne in primo luogo, sono anche chiamati a contribuire in maniera importante. Quanto alle Case anziani, non è raro che non siano all’altezza di ciò che sarebbe necessario per garantire cure e condizioni di vita corrette, fatto che rinforza l’avversione delle persone anziane verso un eventuale soggiorno in queste istituzioni.

La scatola nera che produce inefficienza…

Ecco uno degli angoli ciechi del rapporto. E che dire dello strumentario di argomenti messi in campo per produrre dati “scientifici”:

  • Al livello più superficiale, gli autori giocano tutte le loro carte attorno ad una presentazione “scientifica” per dare ai loro risultati l’aura necessaria per creare legittimazione: referenze abbondanti alla “letteratura”, un’esposizione “trasparente” delle ipotesi, una moltiplicazione di precauzioni retoriche nella discussione sui “limiti” dei risultati, la presentazione di calcoli apparentemente sofisticati.
  • Questa logorrea argomentativa serve a incartare il loro prodotto: la generalizzazione, grazie a una successione impressionante di “se”, di risultati parziali e contestabili, per poter ricavare dei dati, venduti come solide, per l’insieme del settore sanitario. Un esempio: Wieser & Co stimano che un aumento della franchigia minima da 300 a 500 franchi permetterebbe di risparmiare 1,9 miliardi di franchi. La stima si basa su un solo studio. Studio pubblicato nel 2012, tra l’altro dal capo dell’Istituto per l’economia empirica della sanità della cassa malati CSS, Konstantin Beck e dall’economista della sanità Peter Zweifel, capo fila in Svizzera dei partigiani del primato del mercato in ambito sanitario. Si basa sui dati 2003-2006 e valuta solo un modello di assicurazione, l’assicurazione di base. Wieser & Co generalizzano i risultati a tutti i modelli di assicurazione e ai valori del 2016, fatto già di per sé pretenzioso. Ma il meglio arriva con la conclusione: “Infine, bisogna menzionare il fatto che noi siamo partiti implicitamente dall’idea che un aumento della franchigia minima da 300 a 500 franchi non ha come conseguenza che consultazioni mediche necessarie vengano abbandonate o rinviate per ragioni finanziarie. Poiché, se così fosse, ne deriverebbero delle inefficienze supplementari, che avrebbero come conseguenza che il potenziale di efficienza sarebbe sovrastimato.” (pp. 46-47). Ammiriamo la manovra: 1) si generalizza senza pudore; 2) si pone come ipotesi ciò che si dovrebbe dimostrare affinché l’argomentazione possa reggere; 3) si riconosce questo limite – e questo impedisce il dibattito- e, come se nulla fosse, si cala magistralmente la cifra di 1,9 miliardi di franchi, corrispondente a un quarto (!) del “potenziale di efficienza” totale messo in avanti. Non si può che applaudire davanti a un simile esercizio. Veramente bravi!
  • Questi “ragionamenti” tirati per i capelli nascondono un altro fatto: questo rapporto, come tutti quelli dello stesso genere, fanno semplicemente astrazione dalla realtà, vale a dire dal lavoro di cura (del personale di cura, dei loro bisogni, dei loro diritti) e dei pazienti (delle loro condizioni di vita, dei loro bisogni e anche dei loro diritti). La realtà dell’esperienza di cura, vissuta insieme dalla persona curata e da quella curante, viene rimpiazzata da ipotesi astratte sull’“offerta che induce la domanda” (traduzione: il medico farebbe una radiografia inutile per finanziare il suo week-end sui campi di sci), sulla “casualità morale” (traduzione: l’anziano che andrebbe dal medico solo perché ha pagato i premi di cassa malati) o sul “benchmarking” (traduzione: gli ospedali devono solo arrangiarsi ad abbassare il loro costi al livello di quelli più “performanti”). Questo modo di fare è quella della cosiddetta “scienza economica”, arma di guerra al servizio del management moderno. Essa serve a legittimare scelte brutali – “è purtroppo necessario” tagliare del 20% i “costi” per essere altrettanto efficienti della concorrenza (e accessoriamente far salire le quotazioni delle azioni) – e a mascherare, dietro queste astrazioni, le conseguenze per i salariati, per i subappaltanti, per la qualità dei prodotti o delle prestazioni fornite.
  • Infine, questo genere di rapporto postula quella che viene considerata un’“evidenza”: più si è “efficienti”, meglio sarebbe. Ebbene, questo non è per nulla evidente. Il “costo minore” ha un suo prezzo: immediato per il personale, per esempio, messo sotto pressione. All’ospedale friburghese (HFR), la multinazionale Vebego sviluppa attualmente un’attività di “formazione” nel settore alberghiero (2). Risultato: ai piani, il personale delle pulizie è stato ridotto di metà; si spinge a pulire solo lo sporco visibile; si fa capire che il loro “costo al metro quadrato” è troppo alto. Insomma, Vebego pratica il “potenziale di efficienza” predicato da Wieser & Co. Cosa c’è di buono in questo, e per chi? Forse un mercato supplementare, domani, per questa transnazionale? Ma sicuramente nulla di buono per il personale e nemmeno per i pazienti… Quanto al medio termine, la crisi del Covid-19 ha dimostrato, se fosse ancora necessario, che imporre il funzionamento al “minor costo” ai sistemi sanitari, come è il caso da anni in Francia, Italia o Spagna, ha un prezzo sanitario, umano, sociale ed economico senza paragone con i pretesi “guadagni di efficienza” ottenuti. L’efficienza, come viene definita dalla cosiddetta “scienza economica”, non è né neutra e nemmeno pertinente per definire l’allocazione delle risorse di una società che risponda nel miglior modo possibile ai bisogni dell’ampia maggioranza della popolazione.

Al diavolo gli scrupoli superflui

Ritorniamo a quello che potrebbero assomigliare maggiormente a degli “atti superflui” del partner sponsorizzato da Santé Suisse, il signor Guillaume. Il rapporto Wieser & Co inizia il suo studio dettagliato delle “inefficienze risultanti da un volume troppo elevato” con l’esame di “prestazioni inefficaci” (pp. 39-43). Queste sono reperite sulla base delle raccomandazioni di associazioni mediche quali, in Svizzera, l’associazione “Smarter medicine”. Sulla base principalmente di studi internazionali, sono state calcolate le economie che risulterebbero dalla rinuncia a tali prestazioni. Una stima alta, sulla base delle raccomandazioni internazionali, arriva a un potenziale di 537 milioni di franchi. Una stima bassa, sulla base delle raccomandazioni elvetiche, arriva a 197 milioni di franchi. Senza nemmeno discutere la qualità di queste stime, ancora una volta tirate per i capelli, si nota, in primo luogo, che questi importo sono molto lontani dai 7-8 miliardi del potenziale di efficienza annunciato. E sono uno dei rari esempi di cifre del rapporto basate su misure concrete.

Ma la questione più importante è un’altra: questo approccio è completamente in contraddizione con i principi che si dà la stessa associazione “Smarter medicine”, alla quale fanno riferimento Wieser & Co per stilare la lista delle prestazioni inefficaci. Sul suo sito (3) è in effetti molto chiaro (anche se la traduzione in francese dal tedesco non è delle migliori). L’associazione spiega perché formula unicamente delle raccomandazioni e non delle direttive: “è il solo modo per rispondere alla situazione individuale dei differenti pazienti. I pazienti non devono mai essere trattati unicamente secondo delle direttive (nostra sottolineatura), ma sempre in funzione dei loro bisogni individuali.Smarter medicine prosegue: “Le organizzazioni che partecipano all’associazione di categoria smarter medicine – Choosing Wisely Switzerland – garantiscono senza il minimo dubbio che la campagna non concerne minimamente l’economia sanitaria, ma mira esclusivamente al bene dei pazienti (nostra sottolineatura). Si tratta innanzitutto di trovare il miglior trattamento possibile, conformemente alla massima “la medicina ottima e non massimale”. Il medico e il paziente devono domandarsi insieme se il trattamento ha veramente un’utilità concreta o se non rischia addirittura di essere dannoso. Se i costi possono essere abbassati con questo procedimento, tanto meglio. Ma non è sempre il caso. Smettere di posare un catetere permanente, per esempio in caso di incontinenza, può certamente permettere di realizzare delle economie, ma rischia di generare un bisogno supplementare di personale di cura(nostra sottolineatura)”. Riassumendo, Smarter medicine considera fondamentale che il trattamento medico sia adattato a ogni situazione concreta e mette in guardia contro ogni tipo di generalizzazione. Si oppone esplicitamente al fatto che le sue raccomandazioni siano strumentalizzate per giustificare delle politiche di risparmio nella sanità o il razionamento delle cure. Attira l’attenzione sul fatto che rinunciare a una prestazione può, per esempio, implicare la necessità di personale supplementare e non si traduce dunque necessariamente in un risparmio finanziario. Ma, Wieser & Co se ne fregano di queste preoccupazioni professionali: il riferimento a Smarter medicine serve loro solo come cauzione e… avanti con la musica, maestro!

La prova attraverso la frontiera

Se le “prestazioni inefficaci” rendono così poco, dove trovare allora i miliardi di economie? È qui che il savoir-faire di Wieser & Co dà il meglio di sé. Un primo asse si basa sull’idea che i medici siano sottoposti a un modello di managed care, con una responsabilità finanziaria da parte loro. E ancora una volta, un solo (!) studio del 2012 serve come base per tutto l’edificio che permette di articolare la cifra di 2,1 miliardi di risparmi (pag. 47). Qual è il meccanismo della responsabilità finanziaria? I medici devono definire un preventivo per ogni paziente (che dovrebbe essere ponderato secondo i rischi) e devono gestire le cure, nella loro globalità, in modo da non superare questo preventivo. Se spendono di più, subiscono sanzioni finanziarie, in una forma o in un’altra. Negli Stati uniti, la generalizzazione del managed care è andata di pari passo con un razionamento delle cure per le persone che non avevano i mezzi per pagarsi un’assicurazione più completa. Nel 2007, il 72% della popolazione ha rifiutato in votazione l’introduzione in Svizzera del managed care, in seguito al referendum lanciato dai medici che ne denunciavano i pericoli. Ma questo a Wieser & Co non interessa poiché rappresenta per loro un filone d’oro.

L’altro grande blocco di “potenziale di efficienza” si basa su fondazioni anche più solide: risulta semplicemente da un’analisi statistica della “combinazione fittizia ottimale dei costi e dell’output” (pag. 57) del sistema sanitario, la sua “frontiera di efficienza”. Il risultato, uscito dal pacco sorpresa delle equazioni econometriche, quasi come i numeri del lotto, è di 1,6 miliardi di franchi di “potenziale di efficienza”. Quanto ci sia dietro questo trucco da prestigiatore come realtà concreta in termini di effettivi del personale, condizioni di lavoro, salari, qualità delle cure, sono tutti aspetti che non hanno diritto di cittadinanza presso Wieser & Co. E questo a Alain Berset va benissimo; egli non vuole evidentemente avere l’ingombro della realtà per meglio imporre le sue strette finanziarie.

*articolo apparso sul sito www.alencontre.org. La traduzione in italiano è stata curata dal segretariato MPS

  1. Effizienzpotential bei den KVG-plichtigen Leistungen, Schlussbericht, 2 settembre 2019. Questo rapporto è stato preceduto da una “analisi della letteratura”: Effizienzpotenzial in der OKP Bericht zur Literaturtanalyse, 17 settembre 2018. I due rapporti sono stati redatti, per l’essenziale, dagli stessi autori. Sono stati messi online a questo link: https://www.bag.admin.ch/bag/fr/home/versicherungen/krankenversicherung/krankenversicherung-revisionsprojekte/kvg-aenderung-massnahmen-zur-kostendaempfung-paket-2.html
  2. Services publics, Journal du Syndicat des services publics, 18.09.2020
  3. https://www.smartermedicine.ch/fr/page-daccueil.html