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Il recente dibattito attorno alla costituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sui casi di molestie sessuali all’interno dell’amministrazione, ha messo in evidenza le oggettive difficoltà ad agire sia sul piano della prevenzione di questi atti che su quello della possibilità delle vittime di ottenere ascolto e giustizia.

Nel corso del dibattito sulla costituzione della CPI tutti gli interventi (sia dei contrari alla CPI che dei favorevoli) hanno sottolineato l’importanza di dotarsi di strumenti atti a prevenire e a intervenire in caso di molestie sessuali nell’amministrazione e, più in generale, sui luoghi di lavoro.

I casi di molestie sui luoghi di lavoro sono molteplici. Alcune donne che subiscono questi atti, che violano pesantemente la loro integrità e dignità, riescono a parlarne e a chiedere giustizia; molte altre invece, verosimilmente la grande maggioranza, subiscono in silenzio e hanno paura a rendere pubblica la loro esperienza, anche a causa delle difficoltà che poi incontrano nel farsi ascoltare e venir credute.

L’articolo 4 della legge federale sulla parità dei sessi (LPar) definisce le molestie sessuali come una discriminazione e un affronto alla dignità:

Art. 4 Molestie sessuali; discriminazione

“Per comportamento discriminatorio si intende qualsiasi comportamento indesiderato di natura sessuale o qualsiasi altro comportamento basato sul sesso che violi la dignità di una persona sul posto di lavoro, in particolare la formulazione di minacce, promesse di benefici o pressioni di qualsiasi tipo su una persona al fine di ottenere, da questa, favori di natura sessuale.”

Il divieto di molestie sessuali sul posto di lavoro conferisce gli stessi diritti soggettivi del divieto di discriminazione. La legge sottolinea inoltre che un lavoro di prevenzione mirato è il modo più efficace per combattere le molestie sessuali. Va ricordato che, nella legge sulla parità, il divieto di discriminazione e i suoi effetti giuridici sono rivolti esclusivamente al datore di lavoro. È quindi irrilevante se il datore di lavoro stesso sia o meno il molestatore. La responsabilità diretta del datore di lavoro per la protezione della personalità, dell’integrità fisica e psicologica e della salute dei suoi dipendenti è decisiva.

L’articolo 5 comma 3 della LPar stabilisce i limiti dell’obbligo di agire del datore di lavoro. Per evitare molestie sessuali, il datore di lavoro deve adottare misure adeguate alle circostanze e che possano essere richieste in modo equo. Il datore di lavoro ha la possibilità di assolvere sé stesso dimostrando di aver adottato tutte le misure preventive appropriate: ad esempio, affrontando la questione delle molestie sessuali nei corsi di formazione e sviluppo specifici dell’azienda, includendola nelle politiche e nei regolamenti aziendali, nominando persone di fiducia, etc. Il clima in azienda è di fondamentale importanza. Al fine di alleggerire l’onere della parte che cerca di realizzare il principio di uguaglianza, la legge

prevede all’articolo 6, un onere della prova più leggero.

Art. 6 Alleviamento dell’onere della prova

Si presume l’esistenza di una discriminazione per quanto la persona interessata la renda verosimile; questa norma si applica all’attribuzione dei compiti, all’assetto delle condizioni di lavoro, alla retribuzione, alla formazione e alla formazione continua, alla promozione e al licenziamento.

Questo significa che la persona che è vittima di discriminazione deve rendere probabile che la discriminazione si verifichi e, in questo caso, spetta al datore di lavoro dimostrare che tale discriminazione non si è verificata.

Per rendere plausibile un fatto, non basta una semplice accusa, ma non è nemmeno necessaria una prova rigorosa. Ciò che è necessario è un alto grado di probabilità. Questa disposizione non si applica però in caso di molestie sessuali.

In tali casi, è l’attore che deve provare i fatti sui quali si basa (art. 8 del Codice Civile). In caso di insuccesso di tale prova, le richieste di risarcimento basate sull’Articolo 5, paragrafo 1 LPar, vale a dire l’azione di prevenzione, la cessazione o l’istituzione di molestie, saranno respinte. La durezza e le difficoltà che ne derivano per la vittima sono in qualche modo mitigate dall’articolo 5 comma 3 LPar, che prevede uno spostamento dell’oggetto della prova se la vittima esercita il suo diritto al risarcimento. In un rapporto di ricerca pubblicato nel giugno 2017, intitolato “Analisi della giurisprudenza cantonale relativa alla legge sull’uguaglianza tra i sessi (2004-2015)“, le autrici Karin Lempen, Prof. Dr. jur. e Aner Voloder, lic. jur. fanno la seguente osservazione: “Di tutte le sentenze analizzate, il 62,5 per cento è per lo più o del tutto sfavorevole al lavoratore dipendente che sostiene di essere stato discriminato. In particolare, quasi tutti (91,6 per cento) i reclami per il congedo per ritorsione (articolo 10 LPar) sono stati respinti. Anche il tasso di decisioni sfavorevoli al dipendente è molto elevato (82,8 per cento).

Quando la discriminazione invocata è la molestia sessuale (articolo 4 LPar). Le richieste di pagamento del risarcimento per le molestie sessuali (articolo 5, comma 3, della legge) sono respinte nella stragrande maggioranza dei casi (76,6 per cento). La questione se le necessarie misure preventive siano state adottate dal datore di lavoro viene raramente esaminata dai tribunali“.

Ai sensi dell’articolo 160 capoverso 1 della Costituzione federale, i Cantoni possono presentare un’iniziativa all’Assemblea federale. Tale iniziativa non si limita alla Costituzione, ma può riguardare qualsiasi argomento di competenza dell’Assemblea federale. Il Cantone può presentare all’Assemblea federale un progetto di legge o proporre l’elaborazione di un progetto di legge.

Alla luce delle considerazioni fin qui sviluppate, e riprendendo un’analoga proposta approvata di recente dal Gran Consiglio del Canton Vaud, si propone al Gran Consiglio di adottare la seguente iniziativa cantonale all’attenzione del Parlamento federale:

L’articolo 6 della Legge federale sull’uguaglianza tra donne e uomini (LPar) viene modificato per includere le molestie sessuali nell’elenco delle discriminazioni per le quali è previsto l’alleviamento dell’onere della prova.

Per il gruppo MPS

Simona Arigoni, Angelica Lepori, Matteo Pronzini