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Non smettono più di ripeterci (membri del governo, medico cantonale, responsabili medici dell’EOC, etc.) che hanno imparato, che la crisi della scorsa primavera ha insegnato loro a evitare errori, ad affrontare in modo diverso le cose, etc. etc.

Se questa fosse una dichiarazione di umiltà non ci sarebbero problemi. Ma, spesso in questi ultimi giorni, tale atteggiamento è apparso come frutto della sicumera di chi, con sufficienza e disprezzo, pensa che opinioni diverse – magari provenienti da non “addetti ai lavori” come loro – servano solo ad aumentare il cumulo delle stupidaggini.

Così, ad esempio, in questi primi giorni ricomincia il calvario delle case per anziani. Dopo le conferenze stampa, le dichiarazioni, il disprezzo per chi aveva segnalato (nella fase pandemica della scorsa primavera) l’ecatombe nelle case per anziani, ecco che ora ci ritroviamo daccapo. Se n’è accorto persino il moderatissimo Corriere del Ticino che oggi apriva la prima pagina, eufemisticamente, con il titolo “Case anziani sotto pressione”.

La ripresa dei morti è, di fatto, quasi tutta da addebitare ai morti nelle case per anziani. Con buona pace, per il momento, di chi, ancora poche settimane fa, sbandierava pubblicamente le statistiche sul tasso di letalità (più alto negli ospedali che nelle case per anziani) per dimostrare che il problema “morti nelle case per anziani” non sarebbe di fatto mai esistito.

La stessa cosa potremmo dire per la questione delle mascherine. Con una petizione datata 1° luglio 2020 (e presentata a inizio agosto), 519 medici ticinesi chiedevano al governo con “convinzione”, di imporre l’obbligo di indossare la mascherina su mezzi pubblici, nei grandi magazzini, nei bar, nei ristoranti e nei luoghi chiusi e uffici”. Sappiamo che ci sono voluti quasi tre mesi affinché il governo rispondesse positivamente a questa richiesta (e nemmeno per merito suo, visto che alcune decisioni le ha prese il governo federale).

Tutti costoro, per scelte politiche (governo), per omissione o condivisione delle scelte fatte contro il proprio parere (la classe medica nel suo complesso), stanno solo dimostrando la loro inettitudine o la loro mancanza di coraggio (tengono famiglia, come si dice a Napoli…). Persino un medico ammirevole per il suo impegno come Christian Garzoni, volto e “star” della lotta al Covid 19, non trovava di meglio che dichiarare (ancora il 9 settembre scorso, cioè pochi giorni prima che cominciasse la seconda ondata): “La politica ha deciso di non rendere obbligatorie le mascherine nei luoghi chiusi, ed ha avuto ragione di fare così… Eravamo preoccupati per un aumento che fortunatamente non c’è stato … Oggi le mascherine restano consigliate a tutti laddove non vi sono gli obblighi previsti dalla politica”. Di consiglio in consiglio il risultato è sotto gli occhi di tutti e simili dichiarazioni di resa non hanno fatto altro che incoraggiare un governo reticente a continuare nel suo immobilismo per diverse settimane.

È possibile che, ogni tanto, diciamo o proponiamo cose non troppo precise: non è il nostro mestiere osservare, studiare e prevedere le evoluzioni sanitarie e pandemiche; non siamo pagati per prendere decisioni che riguardano la vita dei cittadini e delle cittadine. Siamo solo persone interessate al “bene comune” che partecipano, criticano, propongono quanto pensano sia meglio per rispondere ai problemi.

Ma non è tollerabile che chi a questi problemi pensa (o dovrebbe pensare tutti i giorni) arrivi impreparato, sbagli nelle valutazioni, assuma decisioni con costante ritardo come sta avvenendo in queste settimane.

A meno di non pensare che ritardi, errori, omissioni e silenzi siano in definitiva dovuti ad un’impostazione di fondo secondo la quale la salute dei cittadini e delle cittadine viene prima compatibilmente con gli interessi di quella che viene chiamata l’”economia”.

Noi pensiamo che le cose stiano proprio così. Pensiamo che si stia conducendo una guerra di classe nella quale gli esseri umani sono pura e semplice carne da macello.