“Fate presto!”, titolava a caratteri cubitali il Sole 24 ore dell’11 novembre 2011 per chiedere misure economiche d’urgenza di fronte alla crisi finanziaria e alla passività del governo Berlusconi.
“Fate presto, anzi subito perché siete già troppo in ritardo” è quanto chiedono da giorni con appelli e interventi accorati gli scienziati e gli esperti al governo Conte di fronte al riesplodere della pandemia in tutto il paese. Richieste a cui il governo da giorni non da risposta o risponde con misure inutili, parziali e contradditorie.
Il tempo perso e le cose non fatte
Eppure, tutto era stato scritto; era certo e comprovato che la pandemia avrebbe avuto una seconda ondata e i segnali dell’estate avevano già indicato chiaramente che questa volta tutte le regioni del paese ne sarebbero state violentemente investite.
Così come era anche abbastanza chiaro quello da fare in termini di investimenti e risorse sul sistema sanitario, sulle condizioni di riapertura delle scuole in sicurezza e sul delicato ma fondamentale sistema dei trasporti.
Infine, non potevano essere in alcun modo sottovalutati i fragili equilibri sociali ed economici e le pesanti condizioni materiali di settori ampi della società, in particolare al Sud, che potevano rapidamente trasformarsi in contraddizioni esplosive, come le vicende di Napoli mostrano.
La terribile tragedia di marzo aprile coi suoi 35 mila morti dovrebbe pesare come un macigno sulla coscienza e la vita del paese e tutto andrebbe fatto perché non si ripeta un simile disastro. Soprattutto non andavano rifatti e non vanno rifatti gli errori commessi a febbraio: i colpevoli ritardi nel dichiarare le zone rosse sotto la pressione dei padroni, le produzioni industriali che hanno continuano ad operare fino a che gli operai non hanno scioperato; le troppe attività non indispensabili, a partire dall’industria militare, che hanno sempre continuato a funzionare.
In quei giorni era però maturata nella opinione pubblica una consapevolezza diffusa che i tagli alla sanità e le privatizzazioni realizzati congiuntamente dai governi di destra e di centro sinistra, erano stati un crimine irresponsabile e che occorreva un forte e pieno rilancio della sanità pubblica.
Nei mesi estivi il governo avrebbe avuto il tempo per fare quello che era giusto fare. Il lungo lock down di primavera, i grandi sacrifici che l’intera popolazione, per altro molto disciplinatamente e consapevolmente aveva fatto, avevano determinato dalla fine di maggio una forte contrazione della pandemia. Inoltre 100 miliardi di euro erano stati stanziati per affrontare la crisi e garantire i redditi, anche se, occorre sottolinearlo, quasi due terzi erano andati alle imprese.
4-5 lunghi mesi in cui il governo avrebbe dovuto operare in profondità e coerenza con quanto era stato affermato da tanti: che la pandemia doveva costituire una svolta nelle scelte di politica economica e nel rilancio dell’intervento dello stato attraverso una nuova spesa sociale e forti investimenti pubblici. Un intervento complessivo, a tutto campo, che intervenisse sull’insieme delle contraddizioni prodotte dal congiungersi della crisi economica e sanitaria e da 20 anni di politiche di austerità.
Invece è avvenuto tutto il contrario, si è lasciato diffondere nel paese una specie di messaggio del “liberi tutti”, che se poteva essere comprensibile come reazione istintiva a livello di massa dopo le privazioni e le tragedie dei mesi precedenti, doveva invece essere contrastato dal punto politico e mediatico, ma soprattutto attraverso la messa in opera delle misure socioeconomiche concrete e necessarie.
Tanto più perché durante l’estate molti soggetti della classe borghese avevano dato il peggio di sé e della loro dissennata arroganza e le forze della destra in un misto di demagogia reazionaria, negazionismo, e ricerca del consenso, in particolare nei vasti ed articolati settori della piccola borghesia imprenditoriale e commerciale avevano alimentato una sottovalutazione della profondità e durata della crisi.
C’è stata una vera e propria campagna mediatica della borghesia per riportare l’opinione pubblica, che durante la crisi di primavera chiedeva un cambio di politiche economiche a partire dalla sanità, all’interno delle ideologie liberiste consolidate, con la Confindustria che, a gran voce, chiedeva e chiede ancor più oggi per sé sola il malloppo del Recovery Fund.
Il governo giallorosa, troppo collegato alla classe dominante per intraprendere altre strade e per intervenire a fondo, è rimasto largamente passivo, capace solo di misure molto parziali, tanto da buttare via questi mesi preziosi in cui pure si poteva giocare in anticipo rispetto alle dinamiche pandemiche.
Le risorse non investite in sanità, scuola, trasporti
Molti miliardi andavano subito restituiti alla sanità, con una massiccia assunzione di medici e di personale sanitario, con un potenziamento di tutte le strutture sanitarie, un efficace sistema di tracciamento e uno screening di massa, con un articolato sistema di controllo degli esercizi pubblici, dei luoghi di lavoro che restano, insieme ai trasporti ed oggi anche la scuola punti decisivi nella diffusione del virus.
Ma tutto questo voleva dire anche fare i conti con la dissennatezza delle politiche regionali sanitarie, con la rimessa in discussione delle privatizzazioni, cioè con il riconoscimento, della mostruosa catena di errori che hanno portato alla catastrofe di primavera e che oggi rischiano di riproporla.
In questo contesto si scatena oggi la richiesta tutta ideologica e falsa degli amministratori locali e del PD di chiedere i fondi del Mes. Abbiamo già scritto in altri articoli che questo prestito di 30 miliardi è in realtà legato a condizioni pesanti da vari punti di vista e che si tratta di un prestito non particolarmente agevolato da restituire in tempi molto brevi 5 anni. Noi pensiamo che la sanità vada finanziata a fondo perduto e con una imposizione straordinaria sulle grandi fortune, l’indispensabile patrimoniale aborrita da tutti i padroni. Ma in ogni caso, anche solo il ricorso a un’emissione di Btp sarebbe più conveniente del MES. L’ultima emissione del Tesoro di pochi giorni fa, Btp a 30 anni per un valore di 10 miliardi di euro ha avuto infatti una richiesta pari a 90 miliardi. Non sarebbe difficile dunque anche per questa via trovare altri soldi con un prestito a lunga scadenza.
Anche perché la catastrofe rischia di essere doppia: le strutture sanitarie non riescono già oggi a reggere il nuovo urto dell’epidemia, ma ancor meno riescono a garantire tutti gli altri interventi sanitari; sono cioè impossibilitate a intervenire su tutte le altre patologie presenti, che naturalmente non hanno cessato di esistere con ulteriori drammatiche conseguenze sulla salute delle persone.
L’intervento sulla scuola non era così impossibile da fare; solo il credo liberista e “meritocratico” dei grillini e accettato dal PD ha impedito l’immediata regolarizzazione di decine e decine di migliaia di insegnanti precari che da anni prestano servizio: altre centinaia di migliaia di potenziali insegnanti, gli oltre 700 mila che si sono iscritti nelle liste per le supplenze avrebbero reso agevole il compito di avere 10 alunni per classe. E i locali per realizzare un adeguato distanziamento degli alunni c’erano; si pensi ai tanti edifici pubblici vuoti e alle caserme dismesse presenti nelle città; e c’erano anche alcuni mesi di tempo per adattarli e ristrutturali alle necessità. Anche in questo caso bisognava restituire alla scuola pubblica quelle decine di miliardi di euro sottratti dai governi che si sono succeduti con la ministra Gelmini in testa alla classifica.
Infine, la questione dei trasporti con l’assurda discussione se i mezzi avrebbero potuto operare o meno in sicurezza con l’80% della loro capienza; il risultato è davanti agli occhi di tutti, le persone ammassate in metropolitana, sui bus, senza controlli, senza che ci siano alternative per gli utenti. La soluzione avrebbe potuto avvenire anche in questo caso solo con un massiccio investimento e un forte potenziamento dei mezzi di trasporto, Forse era l’intervento tecnico organizzativo più difficile da realizzare, ma proprio per questo occorreva una attenzione particolare programmata a tempo.
Se qualcuno potesse pensare che il governo stia cercando se pure in ritardo a sopperire a queste dimenticanze con la legge finanziaria si sbaglia; nella prossima legge finanziaria sono stanziati appena 4 miliardi per la sanità, una cifra irrisoria; tanto meno c’è una risposta al mondo del lavoro, ma solo dei passi indietro sulle pensioni, nessun stanziamento per i contratti di lavoro nel settore pubblico, mentre quelli privati vedono il muro della Confindustria a qualsiasi aumento salariale sui minimi, E su tutto il lungo braccio di ferro sul prolungamento o meno del blocco dei licenziamenti con il milione di posti di lavoro che rischiano di saltare. In compenso il Ministro delle attività produttive Patuanelli ha già annunziato trionfante che ben 30 miliardi del Recovery Fund andranno alle imprese. Non avevamo dubbi sullo spirito confindustriale che anima i ministri del M5S, di certo non inferiore a quelli del PD.
I decreti governativi e la disperazione sociale
Nel frattempo, la pandemia corre veloce, cresce esponenzialmente e ogni giorno, moltiplica i suoi effetti micidiali in termini di contagi, ricoveri e di decessi; il sistema sanitario è di nuovo vicino al collasso e si corre verso una nuova catastrofe. Il governo ha rimandato, dice che farà, prende solo mezze misure, esita, sotto la pressione delle diverse componenti economiche private; le regioni operano separatamente; nessuno sembra avere il coraggio di prendersi delle responsabilità, ma ogni giorno che passa, ogni decisione rinviata, rischia di dare un vantaggio incolmabile all’epidemia. I ministri sembrano preoccupati solo di sopravvivere piuttosto che di intervenire. Il rafforzamento di Conte prodotto dalle elezioni regionali sembra esser stato di breve durata davanti alla nuova crisi. Le forze della destra e dell’estrema destra soffiano sul fuoco del malcontento e della disperazione popolare, non facendo alcuna proposta concreta, ma solo aspettando che gli eventi producano uno scossone politico più forte e diano loro in mano il paese!
Il governo infatti non vuole procedere con un nuovo lockdown che avrebbe potuto essere evitato solo se le misure giuste fossero state prese a tempo, perché si teme la reazione di tante categorie che rischiano di tracollare; solo che il tracollo può arrivare dalla dimensione della crisi sanitaria stessa. La preoccupazione principale resta quella di non toccare gli interessi economici dei soggetti economici privati, di far funzionare l’economia capitalista e la macchina dei profitti: La storia del coprifuoco è una truffa indecente e pericolosa, si fa finta di prendere una misura straordinaria ed estrema, si “blocca tutto” quando la stragrande maggioranza delle persone è a casa a dormire, salvo poi, la mattina, costringere tutte le lavoratrici e lavoratori, le/gli insegnanti e gli studenti ad andare a lavorare in bus strapieni, in città, scuole e luoghi di lavoro troppo affollati.
In questo modo si varano misure che colpiscono gli stessi diritti sociali e il loro esercizio e si utilizza la crisi sanitaria per sviluppare un ulteriore processo autoritario.
Le nuove misure varate, un poco più restrittive non vanno al cuore del problema; nella giornata restano presenti ed operanti tutti i luoghi e meccanismi della trasmissione del virus.
È chiaro che un blocco generalizzato e/o completo, com’è imposto dallo sviluppo dell’epidemia, comporta un nuovo massiccio intervento economico dello Stato: deve essere garantito un reddito per tutte e tutti, cioè la vita e la sopravvivenza a ciascuna persona. I settori della popolazione che rischiano di non avere più alcuna entrata e risorsa, segnati da una condizione disperata e drammatica, in particolare al Sud, ma non solo, sono molto grandi e richiedono una risposta economica e sociale all’altezza della crisi.
Le risposte non possono che essere straordinarie e quello di decisivo che doveva essere fatto nei mesi scorsi deve essere fatto ora; non una normale finanziaria ancorché rafforzata, ma un vasto programma pubblico di emergenza a tutti i livelli, sanitario, economico, di garanzia dei redditi e di investimenti sociali. E la classe borghese che non ha mai pagato deve essere chiamata a pagare in primo luogo con una imposta straordinaria patrimoniale.
Si può partire in primo luogo da quel programma che le forze della sinistra unitariamente avevano proposto attraverso un appello pubblico molto chiaro. “Riconquistare il diritto alla salute, per una sanità pubblica, universale, laica e gratuita!
Un appello a cui rimandiamo e, in particolare, alle misure proposte.1
Ma per rispondere alla disperazione, alla rabbia che sta montando in vasti settori sociali, alle opzioni reazionarie, serve una alternativa e un soggetto sociale, serve l’iniziativa ricompositiva della classe lavoratrice e la sua capacità di azione. Per questo diciamo non solo o tanto Fate presto, ma a tutti i soggetti di classe Facciamo presto nel ricostruire il protagonismo del movimento delle lavoratrici e dei lavoratori per impedire che il paese precipiti nel dramma.
1 • un unico Servizio Sanitario Nazionale pubblico e laico, gestito dallo Stato, con relativo superamento dell’attuale sistema di autonomie regionali; • superamento delle forme di finanziamento diretto o indiretto della sanità privata, con relativo assorbimento del personale in essa impiegata; abolizione della sanità erogata dal terzo settore con fondi pubblici o con bandi finanziati con soldi pubblici; • definizione di un polo pubblico volto alla ricerca, alla produzione e alla distribuzione di farmaci e presidi medico sanitari; • l’abolizione di tutti i ticket, di ogni forma di partecipazione da parte dell’utenza; • un forte incremento del finanziamento del servizio sanitario nazionale, da realizzarsi anche attraverso il taglio delle spese militari, la reintroduzione di una tassazione fortemente progressiva sui redditi e una patrimoniale sulle grandi ricchezze; • la ridefinizione dell’assetto dei servizi di prevenzione, cura, riabilitazione, ospedalieri e territoriali, anche attraverso la riapertura, ove necessaria, degli ospedali soppressi e con processi di reinternalizzazione; • attività di sostegno ai diritti riproduttivi, sostegno e finanziamento dei Consultori familiari, gratuità di aborto e contraccezione per tutte le donne; • superamento delle liste d’attesa, rivedendo modelli organizzativi e gestionali in essere, superando l’attività intramoenia, investendo in mezzi e personale; obbligo di gestire le richieste all’interno di percorsi per tutte le attività sanitarie, senza lasciare le persone nei tentacoli del libero mercato; • superamento del numero chiuso per l’accesso alla formazione universitaria per medici e professionisti della sanità; • piano straordinario di stabilizzazione del personale precario e assunzione di personale medico, delle professioni, e dei lavoratori della sanità, con contratto a tempo indeterminato, anche per consentire la formazione di equipe stabili, con miglioramento delle cure; • una politica volta a riconoscere adeguatamente il lavoro del personale impiegato nella sanità; • il mantenimento del testo unico sulla sicurezza sul luogo di lavoro (81/ 2008), contro ogni ipotesi di scudo penale per i datori di lavoro.
*Sinistra Anticapitalista