Pubblichiamo il testo dell’interpellanza che i nostri parlamentari hanno inoltrato oggi al governo alla luce delle deludenti proposte emerse ieri dal Consiglio federale e di fronte alla continuo sviluppo della pandemia. (Red)
Il Corriere del Ticino, ormai sempre più sfrontatamente portavoce degli interessi padronali (non che non lo sia stato in passato…) ha riassunto molto bene il senso delle misure approvate mercoledì dal Consiglio federale titolando a tutta pagina: “Misure contro la chiusura”.
Si poteva intuire fin da marzo, ma ora lo è in modo chiaro ed evidente: le autorità politiche e i partiti che governano la Svizzera (a livello federale e cantonale) mettono saldamente e decisamente in primo piano la difesa dei profitti, di quella che loro chiamano “l’economia” e solo in secondo piano le esigenze di tutela della salute dei cittadini e delle cittadine. Come dice, giustamente, il CdT non si prendono misure contro la pandemia, ma contro “la chiusura”!
A preparare questo orientamento è il discorso, ormai diffuso fino alla nausea sulla cosiddetta “responsabilità individuale”. Da settimane, interventi pubblici, ripresi spesso anche dalla stampa, sia a livello federale che cantonale, sono sostanzialmente e ossessivamente centrati unicamente sul richiamo alla responsabilità individuale (limitare e scegliere le persone con le quali si hanno contatti): una linea nettamente al di sotto delle scelte necessarie per tentare di bloccare questa progressione della pandemia.
L’insistenza sulle misure individuali non è d’altronde nuova nel modo in cui il capitalismo liberale affronta le crisi, di qualsiasi natura esse siano, grandi o piccole, concernenti i destini di una realtà produttiva, di un servizio o dell’intero pianeta.
Nell’attualità di questi ultimi mesi, ancora prima dello scoppio del Covid, si ricorderanno i discorsi sul fatto che, per salvare il pianeta, l’elemento decisivo debba essere il nostro comportamento individuale. Certo, lo sappiamo bene tutti che le nostre scelte quotidiane possono avere, entro determinati limiti e aspetti, una dimensione più o meno ecologica; ma sappiamo benissimo che esse sono l’ultimo elemento di una catena e di una determinazione nello sviluppo dei fattori ambientali nel quale il ruolo fondamentale è giocato da coloro che contano, che determinano le nostre vite con le loro scelte: il padronato del mondo finanziario, industriale, del commercio. È dalle loro decisioni sovrane che si sviluppano le catene di inquinamento ambientale, con la produzione di CO2, etc. etc. Per questo il semplice, continuo e martellante richiamo alla responsabilità individuale non diventa altro che un alibi per non affrontare le responsabilità di chi svolge ruoli decisivi.
Per la pandemia è la stessa cosa. Sarebbe colpa nostra, delle nostre scelte individuali se il virus si è diffuso: una logica che vuole nascondere la mancanza di decisioni collettive e d’insieme che, non prese o prese con grave ritardo (come l’obbligo della mascherina) hanno in parte vanificato i comportamenti virtuosi individuali.
Le misure adottate mercoledì dal governo federale (che sostanzialmente ricalcano quelle che, furbescamente, il nostro governo aveva anticipato qualche giorno prima, tranne quella sui grandi eventi: nemmeno fino a lì si era avuto il coraggio di andare a livello cantonale…) si muovono in una chiara e semplice logica: quella di difendere l’apparato produttivo, di nuocere il meno possibile agli affari, anche se questo dovesse costare il sacrificio di vite umane.
Anche dal punto di vista economico le scelte federali (così come quelle cantonali) sviluppano una logica tesa a sacrificare i settori più deboli dal punto di vista economico e produttivo, quei settori non legati alla grande industria, alla grande distribuzione e commercio, alle grandi imprese finanziarie. Pensiamo, ad esempio, a quelle migliaia di piccoli imprenditori nel settore turistico e della ristorazione che si è, di fatto, deciso – malgrado i bei discorsi e buoni pranzo della scorsa estate – di abbandonare al loro destino. Si tratta sicuramente di quei settori ai quali accennava, in diverse interviste, il ministro dell’economia Christian Vitta, quando parlava della necessità, per interi settori di “ristrutturarsi” partendo dalla crisi pandemica.
Prova ne sia che, malgrado esistano ampi margini di azione finanziaria e malgrado questi settori diano ampi segni di cedimento, le misure varate dal Consiglio federale non contemplino un pacchetto di sostegno economico e sociale come era stato fatto a marzo. Una chiara conferma dell’orientamento di cui abbiamo detto.
Dimensione sociale completamente assente anche a livello cantonale: il recente messaggio del governo per misure di sostegno agli indipendenti è la classica goccia nel mare.
Il quadro chiaro che emerge dalle misure (federali e cantonali) è che, accanto alla restrizione dei diritti individuali, non emergano diritti sociali, collettivi, in grado di garantire condizioni di vita e di lavoro sicure e socialmente eque alle salariate e ai salariati di questo paese.
Alla luce di queste considerazioni, riteniamo urgente una discussione sulle misure intraprese e da intraprendere; per questo chiediamo al Consiglio di Stato:
1. Non ritiene opportuno introdurre misure di protezione sui luoghi di lavoro come, ad esempio, l’obbligo di portare la mascherina, di mantenere il distanziamento sociale, di integrare le pause nei piani di protezione, di verificare i criteri di aerazione negli spazi di lavoro chiusi, di verificare regolarmente (attraverso l’uso del tampone) la situazione epidemiologica sui luoghi di lavoro?
2. Non ritiene opportuno creare dei delegati alla sicurezza e alla prevenzione sui luoghi di lavoro che possano decidere sulle misure di prevenzione e sicurezza da adottare? Laddove esistono, tale ruolo non potrebbe essere demandato alle commissioni del personale?
3. Non ritiene opportuno intavolare con urgenza negoziati con le organizzazioni rappresentative dei lavoratori per fissare regole e diritti in materia di telelavoro?
4. Non ritiene opportuno, come datore di lavoro, ampliare ulteriormente il ricorso al telelavoro, al di là dei tre giorni massimi concessi con la modifica del regolamento approvata in questi giorni, e inserire nella regolamentazione un diritto soggettivo da parte del lavoratore/trice che lo richiede?
5. Non ritiene opportuno, visto l’uso ormai generalizzato e preso atto che si tratta ormai di uno strumento fondamentale di protezione, fornire gratuitamente alla popolazione le mascherine e il disinfettante?
6. Non ritiene necessario intensificare la vigilanza sulle condizioni di lavoro del personale sanitario, del settore sociale e socio-educativo che (come segnaliamo in una nostra separata interpellanza) viene spesso costretto a lavorare al di là delle prescrizioni di legge e, nel caso di coloro colpiti dal contagio, obbligati a riprendere il lavoro ancor prima dei termini fissati dallo stesso medico cantonale?
7. Non ritiene opportuno, vista la cronica penuria di personale nel settore sanitario, prendere tutti i provvedimenti affinché le strutture sanitarie private e il personale attivo in queste strutture, così come gli infermieri indipendenti, vengano messi a disposizione della lotta al Covid 19 (eventualmente anche attraverso il trasferimento dei pazienti non affetti da Covid ricoverati negli ospedali pubblici e in quelli privati impegnati sul fronte Covid) e nelle case per anziani?
8. Non ritiene necessario aumentare celermente il personale attivo nelle case anziani tramite un coordinamento del personale occupato presso gli aiuto domiciliari ed un utilizzo della protezione civile e dei militi sanitari così da garantire una vita dignitosa agli ospiti residenti e ciò in una prospettiva a medio termine (fino a giugno 2021)?
9. Non ritiene necessario ripristinare le modalità facilitate per il lavoro ridotto introdotte la scorsa primavera, ma garantendo il 100% del salario versato alle lavoratrici e ai lavoratori, la differenza assunta dal cantone tramite un’imposta di solidarietà sugli alti redditi e patrimoni?
10. Non ritiene necessario avviare una celere riflessione sulla possibilità di introdurre misure di sostegno per garantire un reddito minimo di pandemia netto di almeno 4’000 franchi mensili a tutti coloro che vivono nel nostro Cantone?
11. Non ritiene necessario costituire un fondo cantonale di 100 milioni di franchi che possa intervenire, in collegamento con altre misure previste a livello federale, a sostenere quelle attività (in particolare indipendenti) che a causa della recrudescenza della pandemia dovessero continuare ad essere in difficoltà o fossero oggetto di limitazioni di attività, oltre che una serie di proposte che formuliamo negli altri punti di questa stessa interpellanza?
12. Non ritiene necessario introdurre una moratoria – per tutta la durata dell’emergenza Covid-19 – su qualsiasi licenziamento economico, su qualsiasi sfratto dovuto a canoni di locazione non pagati, su qualsiasi sospensione delle prestazioni sanitarie dovute al mancato pagamento dei contributi e su qualsiasi procedimento giudiziario?
13. Non ritiene necessario, vista la situazione sociale e finanziaria, introdurre un’imposta di solidarietà contro la crisi aumentando le aliquote fiscali per i redditi superiori ai 100’000 franchi, per le sostanze superiori a 1 milione di franchi e sugli utili delle persone giuridiche?
14. Non ritiene opportuno, al fine di garantire il rispetto dei diritti democratici, introdurre una sospensione dei termini per il diritto di iniziativa e il diritto di referendum, come nella scorsa primavera?
15. Qualora le misure proposte in questa interpellanza fossero, del tutto o in parte, di competenza federale, non ritiene opportuno sottoporne l’adozione alle autorità federali?