La settimana scorsa il Movimento per il socialismo ha promosso un sondaggio tra i dipendenti dell’Amministrazione cantonale per capire in che modo sono tutelati i dipendenti e applicate le direttive COVID decretate dal Consiglio di Stato e dal medico cantonale per gli uffici pubblici.
L’idea è nata a seguito di alcune segnalazioni da parte di dipendenti cantonali che lamentavano norme di igiene non applicate e telelavoro insufficiente o addirittura assente, con la conseguente esposizione ad un rischio di contagio elevato.
Il sondaggio non ha la pretesa di essere esaustivo, ma rappresenta sicuramente un’interessante fonte di informazione per capire qual è la situazione negli uffici pubblici e quali sono alcune possibili soluzioni volte a garantire una maggiore tutela a collaboratori e collaboratrici.
Il questionario, composto da una decina di domande, ha voluto indagare le misure di igiene sui luoghi di lavoro (mascherina, disinfettante, pulizia locale e distanziamento) e l’applicazione della direttiva sul telelavoro.
Prima di entrare nel merito dei risultati è importante sottolineare che il quadro che emerge è molto eterogeneo: ci sono situazioni nelle quali i dipendenti si dicono soddisfatti e ben protetti e situazioni nelle quali invece emergono pericolose mancanze e malcontento.
Sembra quindi che manchi una politica di insieme che coinvolga tutta l’amministrazione, mancano dei controlli regolari.
L’applicazione di quanto emanato è lasciata alla capacità o volontà di singoli funzionari dirigenti e direzioni, che non sempre sembrano sensibili e capaci nel recepire la difficile situazione COVID-19.
UN SUCCESSO INASPETTATO
Un elemento che emerge è sicuramente l’alta partecipazione al sondaggio.
La mattina del 3 novembre il questionario è stato inviato a 4000 indirizzi, 1000 persone hanno aperto la mail e ben 500 hanno partecipato.
Dopo una settimana, nonostante l’accesso al sito sia stato bloccato dall’amministrazione, e malgrado moltissimi fossero in vacanza, sono state raggiunte le 724 risposte, pari al 18% dei dipendenti cantonali contattati.
Un segnale questo di come ci sia necessità di dire la propria, di essere ascoltati e di segnalare le criticità rispetto a quanto succede sul posto di lavoro durante questo periodo difficile.
Vediamo ora più nel dettaglio alcuni risultati.
PRIMA PARTE: MISURE DI PROTEZIONE
Mascherine e plexiglas
L’80% dei dipendenti ha ricevuto le mascherine dal suo datore di lavoro, nel 18% dei casi invece questo è avvento solo su esplicita richiesta da parte dei collaboratori e delle collaboratrici e il 2% dichiara di non aver ricevuto nessuna mascherina.
In alcuni casi si segnala che le mascherine consegnate non sono sufficienti per far fronte al reale fabbisogno. Un collaboratore ad esempio osserva
“per quanto concerne l’uso delle mascherine, una al giorno va bene per chi opera in ufficio, ma per chi lavora esternamente e contatto con la gente dovrebbero usare la regola che si dice alle utenze esterne, quindi il cambio ogni al massimo di 4 ore e non di 8.24…”.
Alcuni esprimono anche qualche dubbio sulla qualità delle mascherine stesse:
“le mascherine fornite dall’amministrazione a mio parere non sono idonee, in quanto al contrario da disposizioni del medico del personale, non coprono (aderiscono) il viso e sono made in China, non come detto provenienti da UE o addirittura dal Ticino!”
Per quanto riguarda i divisori di plexiglas essi sono assenti nel 13% dei casi.
Infine i cestini chiusi sono presenti solo nel 2% degli uffici mentre la segnaletica per il distanziamento e per le misure di igiene è carente (non presente nel 49% delle situazioni).
Pulizia dei locali
I locali vengono puliti una volta al giorno nel 43% dei casi mentre addirittura nel 20% dei casi questi vengono puliti meno di una volta al giorno. Solo nel 13% delle situazioni vengono puliti più di una volta al giorno come previsto dalle direttive. Nel 20% dei casi gli ambienti vengono puliti meno di una volta al giorno. (il 20% dei dipendenti risponde non so).
Nei locali più sensibili, dove possono accedere utenti esterni, e per cui è fondamentale maggiore pulizia e igiene le pulizie vengono effettuate più volte al giorno solo nel 15% dei casi.
Rispetto alla pulizia dei locali alcuni collaboratori segnalano delle manchevolezze:
“Effettuare la pulizia degli uffici TUTTI I GIORNI. Ci sono giorni che non svuotano nemmeno il cestino.”
Inoltre alcuni sottolineano come siano i dipendenti a dover procedere alla pulizia dei locali e degli spazi:
“Mancano i cestini chiusi. L’igiene degli spazi viene svolta dal dipendente e non da personale dedicato”
e manca un’attenzione ad alcuni elementi particolari:
“maniglie da toccare per aprire le porte e nessuno le disinfetta. Wc forse disinfettati una volta al giorno.”
Emerge che il personale addetto alle pulizie non è stato rafforzato e ha poco tempo a disposizione per effettuare il lavoro garantire l’igiene necessaria. Un collaboratore osserva a questo proposito che il lavoro di pulizia ricade appunto sui dipendenti
“risulta disfunzionale che a turni (ogni mezza giornata) un funzionario incaricato debba occuparsi di passare a pulire le maniglie di tutti gli uffici dello stabile sarebbe opportuno che l’AC rinforzi il personale addetto alle pulizie e non obblighi i suoi impiegati a interrompere il proprio lavoro per farne altri non di sua competenza.”
Infine, i dipendenti segnalano che nel 65% dei casi non avviene una areazione frequente dei locali. Anche in questo caso si segnalano situazioni particolarmente a rischio:
“A mio avviso il funzionario dirigente fa quello che può anche in base alla disposizione dell’ufficio. Nel locale frequentato dall’utenza non ci sono finestre e nemmeno nei due bagni che si trovano di fianco. Per arieggiare dobbiamo aprire la porta d’entrata che dà sul corridoio/atrio dello stabile. Poi vengono aperte le finestre dietro gli sportelli, dove c’è il nostro spazio comune con quattro scrivanie, quindi quel che rimane nel locale frequentato dall’utenza passa dal nostro ufficio prima di uscire dalla finestra…”
In conclusione si è chiesto al personale di esprimere un giudizio sulle misure adottate in materia di igiene.
Il quadro che emerge dimostra alcune manchevolezze: il 20% dà un voto insufficiente (da 1 a 3) il 21% sufficiente (4) e il 59% buono (5 o 6).

Possibili miglioramenti:
- rafforzare il personale di pulizia e garantire pulizia degli uffici e degli spazi comuni più volte al giorno
- introdurre cestini chiusi in tutti gli uffici e spazi comuni
- migliorare la segnaletica per le distanze e verificare la situazione nei locali in cui c’è accesso all’utenza
- potenziare i servizi online o su appuntamento per l’utenza
SECONDA PARTE: TELELAVORO
La direttiva è applicata?
La seconda parte del questionario era incentrata sulla questione del telelavoro e dell’applicazione della direttiva che prevede 3 giorni di telelavoro per i dipendenti al 100% e 3/5 del tempo di lavoro per le persone con un impiego inferiore al 100%.
La direttiva viene applicata completamente solo nel 42% dei casi, per il 28% c’è la possibilità di svolgere telelavoro ma in misura minore rispetto a quanto indicato dal governo e nel 22% dei casi il telelavoro non è proprio applicato.

Riassumendo per ben il 50% dei casi i dipendenti non dispongono del telelavoro come previsto dalla direttiva.
Questo avviene sia a causa dei ritardi con cui la direttiva è stata emanata, sia dal “superpotere” del funzionario dirigente nel deciderne l’applicazione.
I funzionari dirigenti non sempre si attivano né rispettano quanto previsto.
“Dall’inizio della pandemia, è stato richiesto ripetutamente il telelavoro senza alcun esito positivo, malgrado le nostre attività lavorative lo permetterebbero. Io e i miei 10 colleghi ci ritroviamo a condividere un unico spazio lavorativo e a volte diventa difficile mantenere le distanze”.
“I funzionari dirigenti sono sempre in attesa che qualcuno decida per loro perché non osano esporsi a decisioni e anche quando il consiglio federale o il consiglio di stato adottano direttive nuove stentano ad introdurle e tergiversano. In merito al terzo giorno di lavoro da casa (noi ne facciamo 2) quando abbiamo chiesto se lo avremmo adottato anche noi ci hanno risposto che non hanno ricevuto domanda da parte nostra come se questa fosse una decisione su richiesta del collaboratore e non una precauzione da introdurre come misura antipandemica”.
Manca una politica attiva di promozione e organizzazione del telelavoro
“il telelavoro non viene incentivato anzi a volte si tenta di ostacolarlo e si danno poche informazioni in merito”
e anche quando questo viene richiesto si accumulano ritardi:
“ho dovuto richiedere io il telelavoro e ad oggi non ho avuto ancora conferma”.
Dirigenti reticenti ad attivare il telelavoro
Emerge una reticenza da parte di molti funzionari dirigenti ancorati a una visione “retrograda” dell’organizzazione del lavoro che considera la presenza sui luoghi di lavoro come indispensabile al fine di controllare i collaboratori e le collaboratrici.
“Fino all’ultimo il funzionario dirigente (che ha un bell’ufficio chiuso) era contrario al telelavoro, ma dall’alto è arrivata un’imposizione (vista l’evoluzione negativa della pandemia) che ha dovuto accettare a denti stretti, ponendo quindi condizioni che facilmente portano il dipendente alla sua rinuncia spontanea (come in effetti avvenuto, molti vi hanno rinunciato), oltre a creare un clima di sfiducia nei confronti del personale.”
“Il funzionario dirigente è molto restio nel concedere il telelavoro, secondo il mio parere perché non ha fiducia dei suoi collaboratori nel regolare svolgimento del lavoro da casa”
Dirigenti che sottovalutano i rischi, sfiducia nei collaboratori
Alcuni sottolineano un atteggiamento irresponsabile da parte dei funzionari dirigenti che sembrano sottovalutare il rischio di contagio.
“Il funzionario dirigente ha sottovalutato pesantemente il rischio di contagio, organizzando riunioni in presenza di una ventina di collaboratori dell’ufficio in spazi che non solo non venivano disinfettati ma neppure puliti. Risultato: 5 positivi al Covid su 21 collaboratori! Un sesto collaboratore in malattia con tutti i sintomi Covid senza fare il tampone”
“Era dal 7.8 che non ho più potuto fare telelavoro fino al 19.10. In questo lungo tempo ho dovuto recarmi con i mezzi pubblici affollati e mi sono anche ammalato di COVID. Non mai capito questa attesa per poter fare telelavoro in un momento così delicato. Una cosa è certa: chi deve decidere non usa mezzi pubblici quindi poco sensibile al problema del contagio.”
Questa situazione genera nei collaboratori sentimenti di sfiducia, di mancato riconoscimento e tutela.
“Gli FD dovrebbero comprendere che il telelavoro non è un regalo che fanno ai dipendenti (anche perché si lavora a casa, e se vogliono controllare possono farlo), ma un mezzo per prevenire ulteriori contagi nonché un importantissimo mezzo di conciliabilità lavoro-famiglia. Nonostante il mio lavoro lo permetta e io sia in una situazione di monoparentalità, il telelavoro ordinario non mi è e non mi sarà concesso, e non perché la mia funzione non lo permetta, questo è chiaro, ma perché l’FD “non è favorevole” al telelavoro, preferisce che siamo “tutti qui”.”
Telelavoro impossibile?
Vengono segnalate situazioni nelle quali la direttiva è applicata senza problemi e permette a tutti e tutte di lavorare in sicurezza.
Questo dimostra che il telelavoro è una soluzione applicabile e non pesa sulla qualità del lavoro, neppure in una situazione come questa.
La grande discrezionalità data ai funzionari dirigenti e l’assenza di controlli generano un sentimento di rabbia e frustrazione tra coloro che non possono beneficiare del rispetto della direttiva
“Ciò crea una disparità di trattamento enorme tra me e altri dipendenti cantonali!
È scandaloso che a dipendenza della mentalità dell’FD il telelavoro venga concesso o negato a piacimento, senza alcun controllo dall’alto o dalle risorse umane.
Il regolamento non viene rispettato dagli FD che inventano scuse improbabili pur di non concedere il telelavoro. Per quanto riguarda la pandemia, il telelavoro è concesso da quando il Governo ha emanato direttive chiare, prima assolutamente non concesso, nonostante i contagi fossero molto alti.
Il governo dovrebbe far sì che anche l’operato degli FD venga controllato. E nel Regolamento sul telelavoro, o si mettono condizioni chiare per la concessione o meno, oppure si lascia perdere. Ha creato solo disparità di trattamento, conosco colleghi che fanno da mesi 2 giorni di telelavoro, e continueranno, e io che devo gestire dei figli da sola NULLA (e la mia funzione, ripeto, lo permette benissimo!! non faccio né la segretaria né lavoro allo sportello…)”
La rotazione del personale
Oltre il 60% dei dipendenti sostiene che l’organizzazione del lavoro impedisce (o lo fa solo parzialmente) di non incrociarsi negli uffici. Solo nel 31% dei casi l’organizzazione del lavoro permette ai dipendenti e alle dipendenti di non incrociarsi e questo anche quando è previsto il telelavoro (che ricordiamo è comunque solo parziale).

Questa realtà viene sottolineata anche in alcuni commenti nei quali si descrivono
situazioni paradossali:
“Il problema riguarda il telelavoro: il Consiglio di Stato ha giustamente concesso 3 giorni a settimana per poter procedere ad una rotazione negli uffici e a inutili rischi. Il nostro capoufficio si ostina a voler concedere solo 2 giorni, che in un ufficio da due persone vuol dire incontrarsi almeno un giorno a settimana per 8 ore (c’è il plexi, ma di grandezza limitata e non so sinceramente quanto serva). Io credo che, in una situazione del genere, bisogna almeno concedere 2.5 giorni a settimana proprio per evitare rischi inutili e di incontrarsi con meno persone e colleghi possibili. Il nostro lavoro peraltro è totalmente informatizzato, con nuovi sistemi possiamo deviare il telefono dell’ufficio a casa (durante i giorni di telelavoro) ed essendo in 45 in ufficio, anche con 3 giorni difficilmente si rimarrebbe.”
“Il capoufficio ha deciso di concederci il lavoro da casa 2 giorni al posto che 3. Il mercoledì lavoriamo in tre persone in un ufficio da 2, a cosa servono tutte queste misure allora?”
“Non particolarmente. Avendo unicamente un giorno di telelavoro, il contatto con gli altri colleghi è inevitabile (sebbene con mascherina e distanza sociale) ma, vista la pandemia, sarebbe meglio ridurre i contatti lavorando da casa, considerato che il lavoro può essere svolto senza problemi anche da remoto”.
Alcuni dipendenti sottolineano come venga negato il telelavoro al lunedì e al venerdì, giorni nei quali tutti sono presenti in ufficio senza poter rispettare le norme di distanziamento.
Conclusioni
Questa situazione si traduce in una visione negativa per quel che riguarda il rispetto delle direttive e l’applicazione del telelavoro.

Nel complesso i dipendenti e le dipendenti non si sento sufficientemente tutelati/e.

Possibili miglioramenti
- applicare ovunque la direttiva sul telelavoro
- ampliare la possibilità di telelavoro fino al 100% quando possibile
- controllare che questa venga rispettata e applicata dai funzionari dirigenti
- fare in modo che la presenza dei collaboratori sui luoghi di lavoro sia organizzata in maniera che non si incontrino
- nei posti in cui non è possibile il telelavoro prevedere una maggiore flessibilità degli orari in entrata e in uscita e l’organizzazione di squadre stabili (sempre gli stessi collaboratori che lavorano insieme)
TERZA PARTE: ALTRE CONSIDERAZIONI
Tracciamento, informazione e quarantene
Un ulteriore elemento che preoccupa i dipendenti è l’assenza di una comunicazione ufficiale, tempestiva e trasparente quando ci sono casi positivi sul luogo di lavoro.
I collaboratori sembrano scoprirlo per caso, da voci di corridoio, non sono ufficialmente informati dal datore di lavoro su quanto succede ai colleghi, e le quarantene ed eventuali isolamenti sembrano gestite senza un protocollo preciso.
Una mala gestione che aumenta l’insicurezza dei dipendenti e delle dipendenti.
“In particolare i colleghi in attesa dell’esito del tampone di familiari vengono spostati in uffici temporaneamente liberi in attesa dei risultati. Non è possibile però un isolamento totale in quanto il materiale necessario si trovano in uffici condivisi (incarti, stampanti …). Le persone dovrebbero andare subito al domicilio in attesa dei risultati per evitare disagi”.
“Nello stabile ci sono diverse persone attualmente in quarantena risultate positive al Covid ma non comprendo perché non siano in quarantena i diretti collaboratori di queste persone”
“Se dovessimo avere un collaboratore positivo, vorremmo la quarantena immediata e non attendere il contact tracing, così intanto ci infestiamo tutti!”
“Vorrei che all’interno dell’ufficio venga comunicato se qualche collega contrae il virus (al momento non è dato saperlo e che ci sia più chiarezza sulle procedure da eseguire nel caso di dubbio di contagio (al momento le istruzioni sono confuse)”.
Casi a rischio
Non abbiamo posto domande specifiche sui casi a rischio, tuttavia emerge da alcuni commenti che alcuni soggetti considerati particolarmente a rischio si sentono poco tutelati e considerati nella loro specificità:
“Ho dovuto insistere parecchio nonostante io sia una persona particolarmente a rischio.”