Le elezioni municipali del 2020 sono state atipiche. Innanzitutto, hanno avuto luogo durante una pandemia che ha ucciso più di 173 000 Brasiliani e che ha provocato una grave crisi economica e sociale. In seguito, perché si sono svolte sotto il governo di estrema destra di Jair Bolsonaro che, alcuni mesi fa, minacciava il colpo di Stato.
In questo contesto le elettrici e gli elettori si sono resi alle urne durante delle elezioni condizionate da particolarismi locali, come l’approvazione o la censura dei sindaci uscenti. L’aumento considerevole del tasso di astensione si può spiegare in diversi modi, come il manco di interesse per la politica, ma la principale ragione era sicuramente la paura del contagio da virus.
Per facilitare un bilancio generale, abbiamo valutato i risultati di cinque grandi blocchi politici nazionali: 1° quello della destra tradizionale che non costituisce la base di appoggio al governo, diretto dal PSDB (Partito della socialdemocrazia brasiliana), i DEM (Democratici) e il MDB (Movimento democratico brasiliano); 2° quello dell’estrema destra, di cui il bolsonarismo è l’ala principale; 3° quello della destra che sostiene il governo: PP (Partito progressista), Repubblicani, PTB (Partito laburista brasiliano), tra gli altri; 4° quello della sinistra: PSOL (Partito socialismo e libertà), PT (Partito dei lavoratori) e PcdoB (Partito comunista del Brasile); 5° quello di centro sinistra: PDT (Partito democratico laburista) e PSB (Partito socialista brasiliano). Alla fine, presenteremo brevemente delle note sui compiti della sinistra per il prossimo periodo.
La destra tradizionale (non bolsonarista) ha vinto
Il campo della destra che non sostiene il governo -sotto la direzione di PSDB, DEM e MDB- ha vinto in 15 capitali, vincendo nella maggioranza delle principali: São Paulo (PSDB), Rio de Janeiro (DEM), Belo Horizonte (PSD), Salvador (DEM), Curitiba (DEM) e Porto Alegre (MDB).
È importante sottolineare il risultato dei DEM che hanno conquistato quattro capitali e che sono ancora in corsa a Macapá (capitale dello stato di Amapá, dove le elezioni sono state rinviate a causa di un black out).
Inoltre, il partito di Rodrigo Maia (presidente della Camera dei deputati dal 2016) ha considerevolmente aumentato la parte dell’elettorato che governa (da 7.9 milioni a 17.7 milioni) e i bilanci gestiti nei municipi (che forniscono le “risorse” alle formazioni politiche) che controlla (da 32.5 a 91 miliardi di reais) e i DEM hanno conquistato dieci dei cento municipi più popolosi.
Il PSDB, dal canto suo, ha visto diminuire i municipi che controlla (da 785 a 520). L’ampiezza dell’elettorato che “governa” è passata da 34.6 milioni a 24.8 milioni. Per quel che concerne i bilanci amministrati, ora sono di 155.1 miliardi di reais (prima 183.2 miliardi). Malgrado ciò detiene ancora il primato nazionale in queste due “posizioni”. Inoltre, il partito di João Dória (governatore dello Stato di São Paulo da gennaio 2019) ha ottenuto un risultato positivo nello Stato di São Paulo, vincendo nella capitale in quasi 200 municipi. Ha vinto in 16 dei più grandi municipi del paese.
Il MDB, invece, ha conquistato cinque capitali, Porto Alegre è la più importante, e ha vinto in 18 delle 100 città più popolose. Invece, è diminuito il numero di sindaci che controlla (da 1035 a 784) e l’elettorato che “governa” che è passato da 21 a 18.9 milioni.
In un contesto di grande dispersione dei voti tra i numerosi partiti, possiamo dire che la destra tradizionalista (non bolsonarista) si rinforza in vista delle elezioni nazionali del 2022, recuperando una parte considerevole della sua base sociale (soprattutto nella classe media) persa a favore del bolsonarismo nel 2018.
Bolsonaro ha perso
Sui 63 candidati che Bolsonaro ha dichiarato pubblicamente di sostenere (18 sindaci e 44 consiglieri municipali), solo 5 sindaci e 11 consiglieri municipali sono stati eletti. Inoltre, tra i bolsonaristi “DOC” uno solo ha vinto in una capitale: Lorenzo Pazolini, a Vitória (Espírito Santo).
In quasi tutto il paese è evidente il riflusso dell’estrema destra. Aveva ottenuto un’enorme vittoria, due anni fa, in occasione delle elezioni presidenziali, per i posti di governatore, per i deputati nei legislativi degli Stati e alla Camera dei deputati e al Senato. Il fatto che Bolsonaro non sia riuscito a formare un proprio partito, ha avuto come conseguenza che le candidature di estrema destra fossero distribuite su numerose liste e questo ha sicuramente contribuito alla sua sconfitta.
Si deve anche notare che Marcello Crivella, sostenuto da Bolsonaro, ha subito una cocente sconfitta a Rio de Janeiro, racimolando solo il 35% dei voti al secondo turno. Un altro candidato sostenuto dal presidente, Celso Russomano, ha ottenuto solo il 10% dei voti nella città di São Paulo. Gli altri candidati bolsonaristi di Porto Alegre, Curitiba, Florianopolis e Belo Horizonte non hanno ottenuto risultati degni di nota.
Altro fatto importante: il PSL (Partito social liberale) -un partito che Bolsonaro ha utilizzato nel 2018 e che aveva accolto numerosi candidati di estrema destra, e aveva controllato la seconda fetta più importante dei finanziamenti garantiti dal Fondo elettorale- non ha vinto in alcuna delle 100 città più popolose. I Repubblicani, altra formazione dai tratti bolsonaristi e controllata dalla Chiesa universale, ha perso una parte importante di elettorato: passando da 7.1 milioni a 5.3 milioni e ha vinto in solo 3 delle 100 città più grandi.
La sconfitta politica ed elettorale di Bolsonaro è stata attenuata dal risultato dei partiti di destra che sono alla base del sostegno al governo federale (il cosiddetto “centro” – centrão – del governo). Questo blocco di potere ha vinto sei capitali: Cuiabá [Mato Grosso], Campo Grande [Mato Grosso do Sul], Manaus [Amazonas], Rio Branco [Acre], João Pessoa [Paraíba] e São Luis [Maranhão].
Inoltre, alcuni candidati bolsonaristi, benché sconfitti, hanno ottenuto risultati significativi, come Delegado Eguchi a Belém [48,24%] e Capitão Wagner a Fortaleza [48,31%]. Da notare anche che i candidati di estrema destra hanno anche vinto in qualche grande città come São Gonçalo (Rio de Janeiro) e Anápolis (Goiás).
Un altro aspetto da sottolineare è l’aumento del rigetto di Bolsonaro nel paese lo scorso mese, che inverte la tendenza al rialzo della sua popolarità osservata da luglio. Questo aumento del rigetto si è prodotto con più grande intensità nelle capitali, con un importante livello di erosione a Salvador, São Paulo, Porto Alegre e Recife.
Come principale conclusione politica su questo punto, possiamo affermare che, malgrado l’avanzata del «centrão» governativo, il governo Bolsonaro e il bolsonarismo, in quanto forza politico-ideologica neofascista, si sono indeboliti politicamente.
Un bilancio positivo per il «centrão» governativo
I partiti di destra che forniscono la base d’appoggio per il governo Bolsonaro hanno aumentato il numero di municipi controllati (soprattutto nei piccoli municipi) e la parte di elettorato “governata” e di bilanci municipali controllati. Malgrado ciò, questo “centro” rimane sempre dietro alla destra tradizionale (non bolsonarista) secondo i tre criteri di valutazione.
Il blocco ha vinto in sei capitali, benché non siano le principali capitali di ogni regione, mettendo l’accento sulla crescita del PP, Ciro Nogueira [senatore del Piauí], e del PSD, Gilberto Kassab [ex ministro sotto Michel Temer e dirigente del PSD che ha creato nel 2011]. Dal canto loro, i Repubblicani e i Podemos (fino al 2016 Partito laburista nazionale) hanno perso terreno in termini di elettorato “governato” e controllo di bilanci. Con l’avanzata nei municipi, il potere di negoziazione del “centro” aumenta in seno al governo e al Congresso.
Una ripresa relativa per la sinistra. Il PSOL in evidenza
Innanzitutto, è importante rilevare il risultato contraddittorio del PT (Partito dei lavoratori), il più grande partito della sinistra brasiliana. Per la prima volta nella sua storia, il partito di Lula non ha un sindaco in una capitale. Il PT ha vinto in quattro grandi città, contro due nel 2016, ma ha ridotto il numero di municipalità conquistate, passando da 254 a 183 (il numero più basso da 16 anni). In termini di numero totale di abitanti amministrati dal PT nelle citta, c’è un leggero aumento: nel 2016 erano 6.033 milioni, ora sono 6.045.
Possiamo concludere che il PT ha ottenuto un risultato elettorale generale leggermente migliore al 2016, malgrado il numero minore di municipi conquistati. Il partito controlla l’emorragia del 2016, ma la sua sconfitta a São Paulo e nelle altre capitali pesa qualitativamente. In altri termini, il partito di Lula ha subito una sconfitta politica durante queste elezioni, anche se ha migliorato di poco le sue performance elettorali nelle città medie e grandi. Il PT esce dunque relativamente indebolito nel blocco di sinistra. Malgrado ciò, resta sempre il più grande partito della sinistra, ma ha molto meno forza di prima.
Il PSOL ha ottenuto il miglior risultato della sinistra: ha vinto a Belém (1.5 milioni di abitanti e 1 milione di elettori), con Edmilson Rodrigues (51.76% dei voti). Ha ottenuto più di 2 milioni di voti (40%) a São Paulo, la più grande città del paese, proiettando una nuova personalità su scala nazionale, Guilherme Boulos.
Inoltre, il PSOL ha rafforzato la sua presenza nei municipi delle grandi capitali come São Paulo, Rio de Janeiro, Porto Alegre, Belo Horizonte, tra gli altri, e ha aumentato del 50% il totale del numero di consiglieri municipali eletti nel paese. Inoltre, è importante sottolineare il fatto che il partito ha eletto numerosi dirigenti neri, donne, LGBT e giovani, manifestando così di essere in sintonia con le avanguardie delle lotte più dinamiche.
Così il PSOL è salito di livello nei ranghi della sinistra e sull’arena politica nazionale, assumendo nuove responsabilità e raccogliendo nuove sfide. È necessario ricordare che il risultato del partito sarebbe stato migliore se Marcelo Freixo (deputato federale) fosse stato candidato a Rio de Janeiro.
Il PCdoB, invece, ha perso voti, municipi e consiglieri municipali. Ha comunque parzialmente compensato le perdite arrivando al 2° turno a Porto Alegre, con Manuela d’Ávila [che ha ottenuto 45,37% dei voti]. Considerando tutti questi aspetti, possiamo constatare l’indebolimento del partito, il cui statuto è fortemente minacciato dalla soglia elettorale da superare nel 2022. È degna di nota anche la sconfitta politica del gruppo di Flávio Dino (PCdoB) a São Luis (Maranhão).
Possiamo dunque dire che il blocco di sinistra, preso nel suo insieme, malgrado le sconfitte elettorali al secondo turno in tredici città, ha conosciuto un rafforzamento politico issandosi al secondo turno in cinque capitali e proiettando Guilherme Boulos, Manuela d’Ávila e Marilia Arraes [PT, Recife con 43,73% dei voti] sulla scena nazionale. Inoltre, ha ottenuto una vittoria a Belém e in quattro grandi città [PT] – Contagem, Diadema, Juiz de Fora et Mauá. Nel 2016, la sinistra era passata al 2° turno solo in tre capitali. Aveva vinto in una capitale (Rio Branco) e non aveva conquistato che due delle cento città più popolose.
Avanzata del centro sinistra (PDT e PSB) nelle capitali del Nord-Est
Il blocco formato dal PDT (Partito democratico laburista) e il PSB (Partito socialista brasiliano) ha vinto in quattro capitali, mantenendo i municipi di Recife e Fortaleza e conquistando Aracajú [Sergipe] e Maceió [Alagoas]. Però non ha ottenuto dei buoni risultati nelle regioni del sud-est, sud e nord. A Rio de Janeiro, Marta Rocha (PDT) non ha partecipato al secondo turno, come Marcio França (PSB), a São Paulo.
Il blocco di Ciro Gomes (PDT) ha collezionato otto vittorie nei 100 più grandi municipi, contro le dodici del 2016. Ill PSB ha perso dei municipi e le persone che “governa” sono passate da 11.7 a 6.9 milioni. Il PDT ha mantenuto il numero di municipalità vinte, ma è passato da 8.4 a 7.8 milioni di persone “governate”. Possiamo concludere che il centro-sinistra non è progredito come lo sperava Ciro Gomes, ma ha conquistato delle posizioni importanti nel Nord-Est.
Le sfide della sinistra nel prossimo periodo
Il paese resta in una situazione politica reazionaria segnata dall’offensiva borghese contro i diritti sociali e democratici. Ma ci sono dei segnali di un cambiamento positivo nei rapporti di forza politici e sociali, con l’indebolimento del governo Bolsonaro e del bolsonarismo in quanto forza politico-ideologica.
Attualmente, la destra tradizionale (PSDB, DEM et MDB) è la principale beneficiaria dell’usura di Bolsonaro, in particolare grazie a un rilancio del sostegno della classe media nei grandi centri urbani. La sinistra, dal canto suo, inizia a riprendersi dalla sequenza di sconfitte degli ultimi anni. Il fenomeno Boulos nella città di São Paulo (che ha avuto delle forti ripercussioni a livello nazionale), l’elezione di Edmilson Rodrigues a Belém, e la presenza di Manuela d’Ávila e Marília Arraes al secondo turno a Porto Alegre e a Recife ne sono la prova.
L’indebolimento del bolsonarismo e l’usura recente del governo federale sono dei segnali incoraggianti per la lotta politica e sociale. Malgrado ciò è opportuno restare prudenti: Bolsonaro dispone ancora di una base di sostegno considerevole. Indebolita, ma non sconfitta. È un compito politico che rimane.
2021: lotta per i diritti e per la cacciata di Bolsonaro
Passate le elezioni municipali, prima di parlare delle lontane elezioni presidenziali del 2022, dobbiamo pensare alla lotta di classe nel 2021. La pandemia non è ancora sconfitta, la disoccupazione ha raggiunto livelli record, l’inflazione dei prezzi degli alimentari non si ferma e l’aiuto d’urgenza finisce a dicembre 2020.
In quest’ottica, il primo compito consiste nell’organizzare la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici e degli oppressi per le loro rivendicazioni più sentite: impieghi, salari, educazione, salute, alloggio e diritti, dando peso alla lotta contro il razzismo, il machismo, la LGBTfobia e la difesa dell’ambiente e dei popoli indigeni.
Dobbiamo batterci per l’estensione e il prolungo dell’aiuto d’urgenza. Per fare ciò, è fondamentale eliminare il limite alle spese pubbliche e migliorare i servizi pubblici, la situazione dei funzionari, dicendo no alla riforma amministrativa.
Per quanto riguarda la pandemia, è necessario garantire un piano di vaccinazioni per l’insieme della popolazione al più presto possibile, partendo dai professionisti della salute e le persone a rischio, come pure l’estensione dei test e delle misure sanitarie sui luoghi di lavoro e sui trasporti pubblici. Con l’aumento dei contagi e delle ospedalizzazioni in tutto il paese, sarebbe un crimine il ritorno in classe nelle scuole e università.
Per rinforzare la lotta sociale è essenziale costruire un Fronte unico delle organizzazioni politiche, sindacali e della sinistra brasiliana per far fronte agli attacchi e alle riforme di Bolsonaro e della destra neoliberale. In questo senso è essenziale l’unità in un Fronte popolare senza paura e del Brasile popolare, del movimento femminista, nero, LGBT, sindacale, indigeno, di sinistra ed ambientalista, tra gli altri.
L’obiettivo strategico per il prossimo anno deve essere di battere Bolsonaro nelle strade, prima del 2022. È importante ricordare che Trump non ha perso le elezioni in novembre che grazie a un potente movimento antirazzista che aveva mobilitato decine di milioni di persone nelle strade. La classe lavoratrice, i neri, il movimento femminista e LGBT, i giovani, tra gli altri settori sociali, potrebbero, se si mettono in moto, sconfiggere il neofascista al potere. Grazie alla forza della strada, la sinistra può prendere la testa dell’opposizione a Bolsonaro.
Infine, è utile sottolineare l’importanza del rafforzamento del PSOL in quanto nuova alternativa di sinistra. La campagna di Guilherme Boulos ha dimostrato che è possibile toccare il cuore e la coscienza di milioni di persone, mobilitando milioni di attivisti, con una politica e un programma che risponde agli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici e degli oppressi, un programma legato alle lotte sociali, senza alleanze con la destra.
*articolo del 2 dicembre 2020; traduzione in italiano a cura della redazione di Solidarietà. Il sito Esquerda Online è animato dalla corrente Resistencia del PSOL.