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Giro del mondo in lotta, da Hong Kong a Black lives matter, passando per America Latina e Medio Oriente

Il 2019 che si è concluso dodici mesi fa è stato un anno di grande ripresa delle mobilitazioni sociali, in Francia, con i gilet gialli, che hanno duramente e durevolmente contestato la politica economica ultraliberale del governo Macron, ad Hong Kong, dove gli studenti ed amplissimi strati della popolazione hanno messo in discussione la stretta antidemocratica pianificata dal governo cinese e da quello della ex colonia britannica, in Sudan, in Libano, in Algeria, dove centinaia di migliaia di giovani si sono rivoltati contro governi antipopolari. In tutto il mondo, come un incendio benefico, si è diffuso in poche settimane il movimento dei Fridays For Future, ispirato dall’azione della giovanissima Greta Thunberg per contestare l’irresponsabilità dei governi di tutto il mondo di fronte al cambiamento climatico.

Nell’America del Sud si è sviluppata quella che alcuni analisti hanno chiamato la “primavera latinoamericana”, a partire dalla lotta innescata dagli studenti del Cile contro l’aumento del biglietto delle metropolitane che si è poi propagata a tutto il popolo, costretto a scontrarsi con la criminale reazione del governo Sebastián Piñera, che ha causato la morte di decine di manifestanti. Ma il movimento è stato così forte da imporre al governo lo svolgimento di un referendum che ha poi perfino portato al superamento della costituzione reazionaria imposta al paese quasi 50 anni fa dal regime dittatoriale di Pinochet.

In tutto il mondo, è dilagata la lotta delle donne. A partire dalla grande mobilitazione in Argentina per il diritto di aborto (che ha imposto al 10

parlamento un disegno di legge in via di approvazione che lo legalizzerà entro la 14a settimana), in numerosissimi paesi l’8 marzo 2019 ha visto in piazza centinaia di migliaia di donne. Emblematica è la giornata della donna in Algeria, dove tutte le città si sono riempite di manifestanti per ribellarsi contro il ventennale regime di Abdelazis Bouteflika, indegno epigone del Fronte di liberazione nazionale che liberò quel paese nel 1962 dal giogo francese.

Poi, all’inizio del 2020, è scoppiata la pandemia e tutti questi movimenti sono stati confrontati al rischio di soffocamento a causa delle misure di prevenzione del contagio.

Emblematico è il caso della Francia, che ha visto svilupparsi a partire dal 2019 fino a febbraio 2020 un grande movimento di opposizione alla controriforma del sistema pensionistico adottata dal governo. Complici lo scoppio della pandemia e l’esplicita connivenza di alcune sigle sindacali che hanno impedito il prolungarsi della mobilitazione che aveva fino a quel momento paralizzato l’esecutivo, alla fine i punti principali del progetto governativo sono passati.

Ma, nonostante l’epidemia e nonostante le enormi difficoltà di movimento e gli spaventosi limiti imposti all’agibilità politica e sociale, anche durante quest’anno che si sta concludendo molte mobilitazioni hanno continuato a svilupparsi. Anche qui va ricordato l’esempio francese, dove il progetto di legge governativo sulla “sicurezza globale” ha fatto scendere in piazza in numerose città della Francia, nonostante il lockdown, centinaia di migliaia di manifestanti il 28 novembre scorso e molte migliaia anche nei giorni seguenti, imponendo a Macron di rinunciare ai principali punti liberticidi del suo progetto.

E’ continuata la lotta in numerosi paesi dell’America latina (Brasile, Guatemala, Messico, Bolivia, Cile…). Nelle ultime settimane del 2020 è esplosa in India la protesta dei contadini (che con i loro 650 milioni di persone 11

costituiscono la metà della popolazione del paese). La capitale New Delhi a fine novembre è stata solcata da una gigantesca manifestazione lunga decine di chilometri contro le leggi di liberalizzazione del commercio agricolo adottate dal governo del premier Narendra Modi che favoriscono l’agrobusiness a tutto danno dei piccoli agricoltori.

Ma il più sbalorditivo esempio di un movimento che non si è fermato nonostante la pandemia è quello che ha infiammato numerosissime città degli Stati uniti dopo la barbara uccisione di George Floyd ad opera di una pattuglia di sbirri. Il movimento Black Lives Matter, che già negli scorsi anni si era battuto per denunciare il razzismo intrinseco nelle varie polizie americane, è riesploso in tutto il paese, con centinaia di meeting, milioni di manifestanti, aspri scontri con le “forze dell’ordine”, coraggiose denunce di ogni crimine perpetrato dagli agenti, la radicale richiesta di tagli drastici ai finanziamenti municipali, statali e federali ai diversi corpi di repressione, la richiesta di punizioni esemplari per gli agenti assassini.

La mobilitazione nei paesi arabi non si è mai spenta ed è proseguita in modo endemico in tutta l’area, registrando in particolare la grande lotta del popolo del Libano contro l’irresponsabilità del governo di Hassan Diab, che, come tutti gli altri governi precedenti, non ha fatto niente per impedire la strage avvenuta ad agosto 2020 per l’immane esplosione prodottasi nel porto di Beirut, che ha ucciso almeno 160 persone, ne ha ferite oltre 6.000 e ha devastato tutti i quartieri a ridosso della costa. Negli scontri attorno ai palazzi del potere libanese la repressione poliziesca ha causato centinaia di feriti.

*testo tratto dall’Almanacco anticapitalista 2021 pubblicato dalle nostre compagne e dai nostri compagni di Sinistra Anticapitalista (l’Almanacco completo su Un vaccino contro il capitalismo. Ecco l’almanacco anticapitalista da scaricare – Sinistra Anticapitalista