Ha creato un certo imbarazzo tra i governi l’annuncio della multinazionale Pfizer che vi sarà un certo ritardo nella consegna dei vaccini. Un segnale evidente di come l’organizzazione della produzione e della distribuzione del vaccino segua regole e percorso assolutamente non adeguati alla gravità della situazione.
Il capitalismo reale mostra qui tutti i propri limiti. Un sistema abituato a produrre in quantità e velocemente non riesce a produrre velocemente e in grande quantità un prodotto che si dichiara essere la risposta alla grave crisi sociale e sanitaria nella quale si trova l’umanità.
Naturalmente queste attese, questi rallentamenti non sono del tutto innocenti. Esse fanno parte di una strategia di mercato tipica delle imprese capitalistiche (e le imprese farmaceutiche ne sanno qualcosa): è evidente che tutto questo non potrà non avere conseguenze sul prezzo dei futuri ordini, visto che i governi (almeno quelli che se lo sono potuto permettere) non hanno potuto ordinare quanto necessario per vaccinare tutta la popolazione.
E così appare evidente che, al di là degli aspetti logistici, sta proprio negli elementi fondamentali dell’ordine capitalista (la proprietà privata e la concorrenza) l’impedimento maggiore alla prosecuzione e alla riuscita delle campagne di vaccinazione, in Svizzera così come in tutti gli altri paesi del globo, in particolare a quelli dei paesi più poveri.
Pfizer e Moderna, gli unici ad avere un vaccino autorizzato in Europa, non hanno una capacità produttiva sufficiente. Sanofi, Merck e GSK e altri gruppi hanno la capacità produttiva, ma non hanno ancora il loro vaccino. Ecco l’illustrazione perfetta di quanto le regole del capitalismo ostacolano l’interesse (in questo caso la protezione della propria salute) della stragrande maggioranza della popolazione.
Un’economia fondata su altri criteri avrebbe voluto che tutte le forze produttive e di ricerca disponibili fossero orientate, unite e messe in azione per rispondere al problema che l’umanità si trova ad affrontare, salvando milioni di vite umane; invece la preoccupazione di tutti questi gruppi (che tra l’altro nella fase di ricerca hanno sostanzialmente approfittato di miliardarie sovvenzioni pubbliche che, di fatto, hanno finanziato la ricerca e la sperimentazione) è quella di difendere la propria posizione negoziale rispetto ai governi e alla concorrenza.
Ancora una volta (e questa vicenda dei vaccini è davvero esemplare) il finanziamento sarà stato pubblico mentre i profitti saranno interamente appannaggio delle multinazionali e dei loro azionisti.
Il rischio concreto che l’enorme sforzo fatto dalla comunità scientifica per sviluppare il vaccino venga in parte frustrato proprio dai calcoli delle grandi multinazionali del farmaco, la cui logica fondamentale è quella di rendere sempre più ricchi i propri azionisti.
Ancora una volta a uscire male da tutto questo sono i governi che mostrano la loro subalternità rispetto ai veri detentori del potere, il grande capitale e coloro che ne controllano le scelte.
Gli Stati hanno i loro piani di vaccinazione, ma le multinazionali farmaceutiche hanno l’ultima parola per stabilire i loro prezzi, le scadenze e i volumi. I governi chiederanno loro gentilmente di accelerare il ritmo, ma, da buoni difensori della proprietà privata, si piegheranno alle scelte dei laboratori.
Questa pandemia ha, ancora una volta, dimostrato la necessità impellente di andare oltre a un sistema che non solo mette in pericolo l’umanità; ma che appare in capace di rispondere in modo efficiente e solidale alla soluzione di questi gravi pericoli che ha generato.
Più che mai si pone l’esigenza di un altro mondo, di una società che la faccia finita con la disumanità, lo sfruttamento e la sofferenza del capitalismo reale. u
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