Alla fine il massimo rappresentante istituzionale della borghesia italiana, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha scelto di affidare le sorti del paese nelle mani dell’uomo che viene considerato il migliore gestore (manager) del capitalismo italiano, visto il suo curriculum nelle sfere internazionali dell’alta finanza, nella Banca d’Italia e poi in quella europea, dove ha svolto una ruolo fondamentale nella gestione della crisi europea, tenuta sotto controllo anche con misure finanziarie parzialmente eterodosse rispetto alle vulgate liberiste tradizionali.
La scelta di Mattarella, giustificata con l’argomento della crisi pandemica e sociale, è molto pesante sul piano politico ed istituzionale; è del tutto discutibile ed apre scenari futuri non ancora completamente decifrabili, ma quanto mai inquietanti sulla tenuta democratica del paese.
La scelta di Draghi e stata invocata, sperata e prospettata da tempo dai più diversi ambienti politici, sociali e mediatici della classe dominante italiana di fronte a un quadro della sua rappresentanza politica, mediocre, frammentata, del tutto impreparata ad affrontare, in forma coerente e conforme ai suoi interessi, questa fase delicatissima in cui crisi sanitaria e crisi sociale ed economica continuano ad intrecciarsi pericolosamente e senza controllo.
Nel giorno dell’apertura della crisi di governo avevamo sottolineato l’insoddisfazione della classe padronale davanti alle divisioni e alle incertezze dell’esecutivo guidato da Conte; in particolare avevano richiamato la preoccupazione della Confindustria sull’utilizzo dei 200 miliardi del Recovery Fund che, per Bonomi e soci, devono garantire il rilancio dei profitti.
Il teatrino qualunquista e vano – non meno vano di quello delle trattative dei partiti per la ricostruzione di un Conte ter – dei salotti televisivi dopo il discorso di Mattarella ha visto la gara tra chi meglio denunciava il fallimento della “politica” e brindava all’arrivo salvifico dell’uomo del destino.
Quasi che le caratteristiche negative delle diverse forze padronali (nel parlamento non esiste più la presenza di alcuna forza che faccia riferimento alla classe lavoratrice) non siano espressione quasi diretta delle scelte politiche istituzionali e dei modelli elettorali imposti negli ultimi decenni dalla classe dominante stessa.
La democrazia borghese appare sempre più logora, si accentuano le tendenze autoritarie e di fronte all’attuale crisi non si trova di meglio che ricorrere a un personaggio che sia in grado di assumere un ruolo bonapartistico (forse).
Vedremo se Draghi sarà capace di rispondere alle attese: per fare un governo deve pur sempre ottenere un consenso parlamentare ed essere poi capace di mantenerlo e gestirlo davanti ai diversi interessi politici ed economici presenti. Vedremo anche quale sarà il perimetro dei partiti disposti a sostenerlo. La difficoltà non sono poche anche se le pressioni saranno enormi.
Non c’è dubbio che un eventuale governo Draghi scompagina i piani e le prospettive dei diversi partiti presenti, a partire dal PD che sperava di poter costruire in prospettiva una nuova coalizione stabile con una parte almeno del M5S; può mettere ancor più in crisi il M5S, ma complica anche i piani delle forze della destra che avevano nelle elezioni la quasi certezza della loro vittoria e che infatti hanno dapprima espresso il loro dissenso per la rinuncia alle urne, ma poi ammorbidito i toni e cominciato ad esprimere disponibilità.
Una cosa però è certa: tutti i governi di “unità nazionale” che si sono realizzati nel nostro paese sono stati di grave danno per le classi lavoratrici, per le loro condizioni di vita e per la confusione politica e di coscienza che hanno determinato, quello degli anni ’70 di Andreotti, quello di Ciampi nel 1993 e quello di Monti, assai più recente, tutti operanti sotto la cifra dell’austerità.
Dietro la crisi governativa non ci sono solo le divisioni e lo scontro di potere tra i partiti, ma c’è il nodo irrisolto delle scelte economiche; per questo, non c’è dubbio che diversi soggetti abbiano lavorato per indirizzare la crisi politica verso la soluzione Draghi, non solo quindi un personaggio impresentabile come Renzi, che la rivendicava da tempo, anche perché da sempre si offre come il miglior rappresentante degli interessi del padronato italiano ed ora anche come giullare retribuito del monarca saudita.
In uno dei tanti miserevoli dibattitti televisivi, Landini, il segretario della CGIL, del tutto sulla difensiva di fronte agli interlocutori, ha indicato Draghi come una scelta utile e autorevole, quando invece rappresenta un pericolo gravissimo per la classe lavoratrice; ha poi confermato vergognosamente il giorno successivo questo giudizio nella speranza forse di poter mantenere un simulacro di concertazione, non essendo evidentemente nei suoi progetti di attivare la lotta sociale delle lavoratrici e dei lavoratori, proprio quello che è invece indispensabile fare di fronte al nuovo governo della Confindustria.
La mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori è infatti lo strumento indispensabile per affrontare lo scenario molto difficile che si sta aprendo, la precipitazione della crisi sociale, la disoccupazione esistente e quella che si potrà produrre ancora più dirompente con le ristrutturazioni, la persistenza della pandemia. Non c’è altro modo per impedire che tutte le scelte governative vengano fatte in funzione degli interessi padronali, dei profitti, della sanità privata, dell’aumento dello sfruttamento, chiamato aumento della produttività.
E’ utile ricordare che è stato Draghi ad aver inventato la distinzione tra debito buono e debito cattivo, il primo sarebbe quello che favorisce gli investimenti o per meglio dire che favorisce gli equilibri e la sostenibilità finanziaria, cioè gli interessi delle banche e del padronato e quello cattivo che sarebbe la spesa improduttiva, magari quella sociale indirizzata alla classi disagiate, oppure il sostegno al reddito e tanto più la cassa integrazione, ecc.
Su Draghi e sulle sua gesta si rimanda all’articolo
La borghesia italiana chiama Draghi ad affrontare un problema fondamentale che tutti gli esponenti della borghesia europea hanno cominciato a discutere.
La catastrofe della crisi sanitaria ha obbligato la classe borghese a fare alcune scelte in totale contraddizione con i loro principi ideologici e le loro scelte economiche. Ma si trattava in primo luogo di salvare la barca capitalista. Si è dovuto accettare che le ore lavorate crollassero, ma non nella stessa misura l’occupazione che è stata contenuta parzialmente con la Cig e il blocco dei licenziamenti. Si è accettato che il debito pubblico salisse a dismisura, infrangendo tutti i dogmi liberisti. Ma adesso discutono di come, passo dopo passo, con più o meno cautela, possono ripristinare il vecchio ordine, cioè quali sono gli equilibri per cominciare il rimborso dei debiti e nello stesso tempo lasciare operare pienamente la scelta delle imprese di ristrutturare e licenziare, cioè di poter garantire il rilancio dei profitti.
Il tutto però continua ad essere condizionato dalla persistenza della pandemia e delle sue ricadute sulle attività produttive: di qui la continua ricerca di una impossibile “equilibrio” tra salute ed economia.
La gestione del Recovery Plan di Draghi sarà confrontata a questa dimensione strategica delle scelte padronali.
Il movimento dei lavoratori è chiamato a rispondere a questo progetto revanschista ed offensivo della classe padronale.
La battaglia per la riduzione dell’orario a parità di salario, la redistribuzione del lavoro esistente non è solo un obiettivo sindacale, è un obbiettivo sociale fondamentale che determina il futuro della classe lavoratrice.
Il debito buono, quello sostenibile nel tempo non è quello sostenibile dai profitti, bensì quello che sta dentro un progetto di crescita economica sostenibile sul piano ambientale e sociale, con investimenti pubblici per la riconversione dell’economia, per la garanzia del reddito per tutte e tutti, per un rilancio della scuola, per forti investimenti nella sanità pubblica che permetta in primo luogo un vasto piano di vaccinazione per tutte e tutti e l’attivazione di tutte le misure che permettano di contrastare con efficacia la pandemia.
E’ con questa impostazione che combattiamo il progetto di costituzione del governo Draghi e tanto più combatteremo le sue politiche se riusciranno a metterlo in piedi.
*Sinistra Anticapitalista