La realizzazione del Polo sportivo e degli Eventi (PSE) ha anche degli importanti risvolti ambientali, i quali sono elusi totalmente dal dibattito. I sostenitori di tutti i colori del PSE stanno focalizzando, dimostrando l’assoluta aridità dei loro argomenti, sulla realizzazione del famoso parco che dovrebbe certificare la rispettabilità ecologica di questa fantastica speculazione immobiliare. Ma non vanno oltre a questo isolotto circondato da qualche albero.
Il progetto architettonico prescelto dai sette regnanti di Lugano contiene infatti delle scelte tecniche che determinano due effetti importanti: l’elevato costo di costruzione dell’Arena Sportiva e del Palazzetto rispetto ad altre infrastrutture praticamente identiche realizzate dallo stesso gruppo HRS Real Estate AG, prescelto per la realizzazione del PSE.
Il progetto ha poi un impatto ambientale sproporzionato quanto inutile. Qual è la scelta tecnico-architettonica alla base di questi effetti oltremodo negativi? Semplice, sia l’Arena Sportiva che il Palazzetto dello Sport saranno semi-interrati, ossia queste infrastrutture si svilupperanno in profondità. Quanto? Lo stadio raggiungerà i -9,5 metri, mentre il Palazzetto scenderà fino ai -10,75 metri[1]. In entrambi i casi, più della metà della loro altezza sarà sottoterra. Ora, nell’edilizia, più si scava e più aumentano i costi di produzione. E in maniera importante. Ecco spiegati, molto semplicemente, i costi sproporzionati dei contenuti sportivi del PSE rispetto ad altri progetti molto simili, in particolare lo Stadio Torfeld Süd di Aarau (vera e propria fotocopia)[2] e la Halle Omnisports del sito sportivo Saint-Léonard a Friburgo[3].
Dal punto di vista dell’impatto ambientale, agire in profondità significa molto concretamente smuovere una massa importante di materiale di scavo. Secondo il Rapporto impatto ambientale, elaborato dalla società Dionea SA per conto della Città di Lugano, «alla fase attuale del progetto si prevede l’asportazione di circa 7’500 m3 di terra vegetale, di 350’000 m3 di materiale di scavo e di circa 11’500 m3 di calcestruzzo da demolizione.»[4]. Colpisce la cifra impressionante di 350’000 m3 di materiale di scavo generato da una scelta architettonica assolutamente fine a sé stessa, non imposta da un bisogno tecnico inaggirabile. La Tappa 1 smuoverà 192’100 m3 di materiale di scavo, 73’200 m3 sul conto del Palazzetto dello Sport, 118’900 m3 su quello dell’Arena Sportiva. La Tappa 2 comporterà l’esportazione di 83’800 m3 di materiale di scavo[5]. La Tappa 3 dovrebbe provocare l’asportazione di circa 74’100 m3 di materiale di scavo.
Lo studio citato prosegue dando un altro quadro della situazione: «270’000 m3 di materiale di scavo non potranno essere riutilizzati all’interno del cantiere. Di questi secondo le analisi effettuate dal geologo (…) il 70% del materiale dopo lavorazione, ossia indicativamente 180’000 m3, è adatto alla produzione di miscele non legate conformi alla SN 670 119-NA. Il restante materiale (90’000 m3) andrà in discarica tipo B o presso un destinatario autorizzato, in quanto non riutilizzabile.»[6]. Detto altrimenti, solo 80’000 m3 saranno riutilizzati all’interno del PSE (piazza degli eventi), al momento della Tappa 2 e 3. Ciò significa che si renderà necessario disporre di una zona di deposito temporaneo fuori cantiere. Con due implicazioni di rilievo. La prima, ambientale: per spostare questa massa di terra (andata e ritorno), con un camion 4 assi che può trasportare circa 21,3 m3 (32 tonnellate) a viaggio, saranno necessari 7’500 viaggi. La seconda, finanziaria: questi viaggi costano parecchio, come anche l’affitto del deposito temporaneo. E ancora bisogna trovare le superfici necessarie.
La citazione mette in rilievo altri elementi critici importanti. Ci sono 270’000 m3 che non potranno essere ricollocati all’interno del progetto del PSE. A parte i 12’676 viaggi dei camion necessari a sgomberare questo materiale di scavo, solo 180’000 m3 possono essere teoricamente riciclati. Teoricamente perché è ancora da dimostrare che questo volume di materiale di scavo possa integralmente essere trasformato in “miscele non legate”. È più che probabile che una buona parte vada a finire in discarica.
Sorte che toccherà sicuramente ai 90’000 m3 di materiale con una presenza di arsenico geogenico (non dovuto all’attività dell’uomo) superiore al limite di 20 mg/kg. I carotaggi hanno infatti rivelato una concentrazione media di arsenico di 29,8 mg/kg (quella massima è pari a 36 mg/kg). I 90’000 m3 di terra inquinata non potranno, almeno questa volta, essere esportati nella vicina Penisola. Infatti, il materiale di scavo è considerato in Italia come inquinato se la concentrazione di arsenico supera i 20 mg/kg, indipendentemente se la sua origine sia geogenica o antropica. Quindi, questa massa di terra dovrà essere portata nelle discariche ticinesi del Sottoceneri, già ampiamente sovraccariche. E neppure l’impatto finanziario è trascurabile. La media del prezzo delle due discariche tipo B presenti nel Sottoceneri è di 2,66 franchi al quintale. Nell’ipotesi dello stoccaggio dei 90’000 m3 contenenti arsenico, il costo ammonterebbe a 3,6 milioni di franchi. Qualora, invece, dovessero essere scaricati tutti i 270’000 m3, la spesa raggiungerebbe i 10,8 milioni di franchi. Spese alle quali vanno aggiunte anche quelle generate dal trasporto via autocarri di tutto questo materiale di scavo.
I sostenitori del PSE potranno argomentare che qualsiasi monumentale progetto immobiliare causa spostamenti elevati di materiale da scavo e che se il principale impatto sull’ambiente è questo, la situazione è certamente sopportabile. In primo luogo, non bisogna mai dimenticare, quando si parla di impatto ambientale, il fatto che la città di Lugano avrà diritto all’ennesima colata di cemento che andrà a divorare nuove fette di territorio che finora erano sfuggite a questo destino. La posizione accennata fa però astrazione da un altro elemento determinante di fondo: l’inutilità di una parte consistente di queste movimentazioni di terra, a sua volta generata dall’inutilità di due terzi del PSE, ossia i contenuti amministrativi e abitativi.
Eliminando questa parte totalmente speculativa, si ridurrebbe drasticamente l’effetto sull’ambiente e sul territorio. Aspetti, questi, secondari davanti ai profitti che gli investitori privati intendono realizzare. Ma anche per la parte utile, i contenuti sportivi, le scelte architettoniche avallate – andare in profondità invece che in altezza – confermano una volta di più l’inettitudine dai magnifici sette del Municipio Lugano, capaci unicamente di consumare risorse collettive, finanziarie e ambientali.
[1] Cfr. Polo Sportivo e degli Eventi, Lugano, Arena Sportiva_AS, Mappale 1780/2083/2864, Pianta quota -9,5 m (290.50 mslm) e Polo Sportivo e degli Eventi, Lugano, Palazzetto dello Sport_SP, Mappale 1780/2083/2864, Pianta quota -10,75 m (289.25 mslm).
[2] Anche in questo frangente si parla di uno stadio di 10’000 posti a sedere e coperti. E il costo dello stadio, con una partecipazione del Comune di Aarau di 17 milioni, ammonta a 60,5 milioni di franchi, ossia il 40% in meno rispetto al futuro stadio di Lugano.
[3] Questo palazzetto, dedicato soprattutto al basket (ha l’omologazione per le competizioni internazionali FIBA), è stato inaugurato nel 2010. Di dimensioni certamente più piccole rispetto al progetto luganese, comunque capace di contenere 2’700-3’000 posti contro i 3’000 previsti a Lugano (capienza riferita per gli eventi sportivi), la struttura è costata 16,7 milioni di franchi. A livello di spazi e servizi, il Palazzetto dello Sport dovrebbe offrire, in più rispetto a quello di Friburgo, una palestra multifunzionale (doppia palestra) e altre 2 palestre (sotto la doppia), 6 spogliatoi in più e una sala fitness con sauna. Queste differenze sono sufficiente a giustificare un costo 4 volte superiore?
[4] PSE_Domanda di costruzione, Variante Piano di Quartiere_PQ1, Rapporto impatto ambientale, 18 dicembre 2020, p. 59.
[5] 28’000 m3 per le 2 Torri, 20’250 m3 per il Blocco Servizi (e il suo autosilo), 4’650 m3 per l’Edificio Sud e, infine, 30’900 m3 per l’Autosilo Nord.
[6] PSE_Domanda di costruzione, Variante Piano di Quartiere_PQ1, Rapporto impatto ambientale, 18 dicembre 2020, pp. 175-176.