Il 7 marzo 2021 si voterà sull’iniziativa popolare «Sì al divieto di dissimulare il proprio viso» presentata dal Comitato di Egerkingen. In caso di accettazione da parte di popolo e cantoni nella Costituzione federale verrebbe inserito il nuovo articolo 10°, dal tenore seguente:
1. Nessuno può dissimulare il proprio viso negli spazi pubblici né nei luoghi accessibili al pubblico o nei quali sono fornite prestazioni in linea di massima accessibili a ognuno; il divieto non si applica ai luoghi di culto.
2. Nessuno può obbligare una persona a dissimulare il viso a causa del suo sesso.
3. La legge prevede eccezioni. Queste possono essere giustificate esclusivamente da motivi inerenti alla salute, alla sicurezza, alle condizioni climatiche e alle usanze locali
Il testo in votazione è copia dell’articolo della Costituzione ticinese approvato nel 2013, anche se cambia leggermente la famosa “lista di eccezioni” del capoverso 3. Mentre in Ticino era “aperta”, nel testo in votazione a livello federale è “chiusa”: ovvero il legislatore non potrà permettere altre eccezioni al divieto generale di dissimulazione del volto oltre a quelle iscritte nella Costituzione federale. Omettendo il dettaglio (comunque non irrilevante) che l’articolo sarebbe inserito nel capitolo sui “diritti fondamentali” della Costituzione, violando il principio che la costituzione deve essere un corpo normativo molto astratto, vorrei attirare l’attenzione su alcune particolarità giuridiche dell’iniziativa.
Nel 2016 ho inoltrato (assieme a Filippo Contarini) un ricorso contro la legge cantonale di applicazione al divieto ticinese sulla dissimulazione del volto promulgata nel 2015, perché ritenevamo che violasse anzitutto le nostre libertà (p.e. politiche) di cittadini svizzeri laici e non violenti. Il ricorso è stato accolto dal Tribunale federale con decisione del 20 settembre 2018. I giudici federali hanno stabilito che una persona non è pericolosa per il semplice fatto di avere il volto mascherato. La dissimulazione del volto tramite una maschera – in astratto – rappresenta un mezzo e un modo di esercizio della libertà di opinione e riunione. È evidentemente sproporzionato condannare a una multa (che arriva fino a 10’000 franchi!) una persona per il solo fatto che gira per strada con una maschera: troppo facile dire che quello con la maschera – in astratto! – è pericoloso, mentre chi gira senza maschera (ma p.e. con un mantello…) non è pericoloso. L’iniziativa, infatti, non parla di “indumenti”, di “copricapi” e neppure di “veli”. Il testo si concentra sulla faccia. Ma da nessuna parte c’è scritto burqa, niqab o quant’altro.
La maschera può essere importante per esprimere la propria opinione
Pensiamo per esempio alle persone che decidono di indossare “delle maschere antigas nell’ambito di una manifestazione volta a sensibilizzare la popolazione sulla problematica dell’inquinamento atmosferico o sui rischi legati all’esercizio di una centrale nucleare” ma anche a quelle “dimostrazioni le cui finalità, il motivo e lo scopo possono essere raggiunti unicamente attraverso la dissimulazione del volto”. Questi due esempi sono stati citati dallo stesso Tribunale federale! È evidente a tutti che il divieto astratto di indossare maschere vìola i nostri diritti fondamentali. Pensate alla mascotte travestita da sole sorridente dell’UDC: è pericolosa? Evidentemente no: anche loro hanno bisogno di mascherarsi per rappresentare un messaggio.
La maschera può anche proteggere la personalità, e talvolta anche la vita, di una persona. Essa può per esempio tutelare l’identità di un malato di HIV o quella di un curdo che manifesta contro il regime di Erdogan: se esiste il diritto di esprimere la propria opinione, allora deve esistere anche il diritto a farlo usando una maschera, così da non dover temere ritorsioni, stigmatizzazioni sociali o peggio. La dissimulazione può quindi assumere anche una valenza difensiva nei confronti del potere. La possibilità di prevedere eccezioni per manifestazioni politiche (ma anche per motivi economici, si pensi alle mascotte pubblicitarie) era prevista nella lista “aperta” di eccezioni nella costituzione ticinese, ma non era più prevista nella legge ticinese di applicazione. Per questo il Tribunale federale ci ha dato ragione. Ora l’iniziativa federale vuole imporre la lista “chiusa”, ovvero vietare di usare la maschera in qualsiasi manifestazione politica. Giustificano questa volontà con la solita filastrocca che chiunque fa politica con la maschera è una persona violenta. Ma si tratta di una motivazione evidentemente arbitraria e anticostituzionale.
Ordine, sicurezza e dignità
Secondo il libretto informativo, l’iniziativa “intende proibire in modo esplicito anche la dissimulazione del viso per motivi criminali e distruttivi. Un tale divieto su scala nazionale crea certezza del diritto […]”. Proibire la dissimulazione del volto, in altre parole, permetterebbe di avere una società più sicura. Evidentemente, i sostenitori dell’iniziativa non hanno letto la sentenza del Tribunale federale che ci dà ragione, e non si sono accorti che da ormai un anno è in corso una pandemia a livello mondiale. Dal 1° luglio 2020, tutte le persone in Svizzera sono obbligate a portare la mascherina igienica. Quest’obbligo di fatto ha imposto la dissimulazione del volto a tutta la popolazione e ha palesato l’inconsistenza delle argomentazioni degli iniziativisti: non è infatti diventato più pericoloso di prima vivere in Svizzera perché abbiamo il volto coperto. Né tra la popolazione si percepisce un sentimento di insicurezza accresciuto (che invece si percepisce a causa del clima d’odio fomentato dalle politiche dell’UDC e dalle politiche liberiste che hanno governato l’azione del Consiglio fedarle). Infine, ma non meno importante, è che oggi ci copriamo il volto con la mascherina proprio per preservare la nostra società e le fasce più deboli della popolazione, garantendo dignità e protezione alla collettività. Non c’è una parola di quelle dette dall’UDC che sia vera per quanto riguarda i rischi che corriamo nella nostra società coprendo la faccia. Vogliamo parlare di simboli religiosi sulla pubblica via? Facciamolo, ma allora diventa un terreno spinoso, croci, kippah e materiale vario potrebbero facilmente finire nel calderone.
L’importanza dell’interazione visiva
Sempre leggendo il libretto informativo “Negli Stati che hanno conosciuto l’Illuminismo come la Svizzera le persone libere, donne e uomini, si guardano in faccia quando si parlano. La dissimulazione del viso nello spazio pubblico non è compatibile con la coesistenza in libertà”. Nella nostra società vivono tantissime persone con una moltitudine di problematiche legate alla vista. Forse la più conosciuta, ma certamente la più invadente, è la cecità totale. Non è chiaro quante persone ne soffrano effettivamente in Svizzera, ma di certo una di queste siede da anni nel Governo cantonale. Affermare dunque che in una società libera ci si guarda in faccia, contrapponendo questo principio alla dissimulazione del volto, equivale ad affermare che le persone affette da cecità siano escluse, o addirittura si escludono, dalla società; che non sono interessate all’interazione sociale. Questo è uno dei tanti esempi molto irritanti su cui si sta giocando la discussione della dissimulazione del volto. Non abbiamo mai assistito a così tanti pregiudizi espressi tutti insieme.
Concludo questo articolo chiedendovi di votare no all’iniziativa, permettendomi di far notare che manca qualcosa. Manca una discussione sulla protezione delle donne. E bisogna stare alla larga dal tipico schema dei “maschi bianchi che difendono le donne”. Come scrive l’antropologa palestinese-americana Lila Abu-Lughod che ha condotto numerosi studi sul mondo arabo, in tutto questo discorso non solo non sappiamo se veramente ci sia qualcuno che sta chiedendo di essere salvato, ma soprattutto nessuno glielo ha chiesto. Dovremmo concentrarci tutti a capire cosa sia quello che l’iniziativa vuole veramente imporre con questa nuova regola costituzionale. Io e Contarini abbiamo cercato di scoperchiarlo, indicando che al netto del discorso sul burqa quello che ne va veramente di mezzo è la nostra libertà. Dobbiamo fare attenzione a questo tipo di regole, che spargono odio, limitano la democrazia e comunque non migliorano in niente l’integrazione in Svizzera.
*giurista e candidato MPS al Consiglio Comunale a Bellinzona