L’aggregazione avvenuta 4 anni fa tra i 13 comuni del bellinzonese ha portato cambiamenti organizzativi, amministrativi e urbani. AlpTransit ha messo anche la sua parte prospettando la Grande Bellinzona come un luogo ideale in cui vivere per coloro che faranno i pendolari verso le città sull’asse Zurigo- Milano.
In questo sviluppo urbano quindi abbiamo visto nascere palazzi pronti ad accogliere famiglie di orizzonti diversi. Vediamo i quartieri di Giubiasco, Camorino, Bellinzona cambiare velocemente fisionomia. Girando tra i vari quartieri, ci rendiamo conto come i palazzi siano cresciuti ovunque. Si tratta spesso di una crescita che non corrisponde ad un reale bisogno di alloggi come anche statistici ci mostrano. Bellinzona è una delle città della Svizzera con il più alto tasso di sfitto e per il momento l’aumento della popolazione non giustifica la politica di cementificazione del territorio. Inoltre, molto spesso queste nuove costruzioni non si preoccupano di promuovere un tipo di insediamento sostenibile e che risponda ai bisogni di cittadini e cittadine.
Da queste prime considerazioni nascono spontanee alcune domande: come faranno le famiglie (anche profondamente diverse per provenienza, lingua e cultura), a convivere e a capirsi? Come faranno i ragazzi a trovare spazi dedicati a loro o come faranno gli anziani ad avere vicini i servizi e tessere contatti per non sentirsi esclusi e soli?
Sono tutte domande che da tempo trovano risposte ampiamente insufficienti a Bellinzona. Oggi più che mai, proprio tenendo conto di questa evoluzione della fisionomia del territorio, diventa fondamentale creare luoghi aggregativi per ogni nuovo quartiere, affinché si creino spazi di incontro e di conoscenza. Iniziative mirate ad un coinvolgimento degli abitanti stessi, come per esempio l’accoglienza delle nuove famiglie provenienti da culture diverse, o in sostegno all’accudimento dei bambini o di iniziative per l’accoglienza extrascolastica o, ancora, di un maggiore coinvolgimento dei giovani adolescenti e degli adulti…
La pandemia ha reso ancora più evidente l’importanza del legame tra persone e organizzazione urbana. Diventa sempre più necessario portare avanti una politica che tenda a costruire una società orientata alla cura dell’ambiente e alla coesione sociale per diminuire i disagi sociali ed economici che tanto fanno dibattere.
Bellinzona non è immune ai problemi che toccano tutte le altre città svizzere: mancanza di spazi per i giovani, di servizi per la prima infanzia, di centri extrascolastici, di centri per la lotta alla violenza intrafamiliare, al razzismo e alla solitudine delle generazioni più anziane.
Tutti questi argomenti diventano un’opportunità, per il futuro Municipio, di promuovere una città a misura d’uomo in favore degli interessi dei cittadini e delle cittadine.
Con le elezioni di aprile 2021 si impone la necessità di un cambiamento di paradigma nella gestione dei vari dicasteri, dove la priorità deve essere una visione comune nell’interesse dei cittadini e delle cittadine e non più una gestione che difende gli interessi di lobby a fini economici privati.
Far emergere i bisogni dei cittadini diventa essenziale quindi per costruire una città in cui sia bello vivere, sentirsi sicuri e che garantisca gli elementi necessari a una buona qualità di vita.
Questi bisogni possono essere raccolti grazie al progetto urbano di quartieri sostenibili che sono già stati sperimentati con successo in alcuni quartieri di città Svizzere (Yverdon, Montreux, Pratteln,..) grazie a un programma dell’ARE a cavallo tra il 2011 e il 2017, “Projets urbains”. Lo stesso Ufficio federale dello sviluppo territoriale (ARE) sostiene la diffusione dei quartieri sostenibili (nella sua accezione più ampia) in quanto importante contributo per l’attuazione dell’obiettivo di sostenibilità previsto dalla Costituzione federale (art. 73). L’approccio urbano comunale però deve declinarsi su un modello integrato che tenga in considerazione i vari livelli d’intervento, dall’alloggio alla pianificazione urbana, dai trasporti alla sicurezza, dalla politica sociale a quella d’integrazione.
L’organizzazione di Case di quartiere sono un primo passo per la realizzazione di quartieri sostenibili ossia luoghi di prossimità polivalenti a seconda del bisogno emerso dai quartieri stessi: per esempio, in quartieri con bisogni legati alle persone anziane, potrebbero nascere iniziative organizzate in collaborazioni con organizzazione come Pro Senectute; quartieri con problemi di disagio giovanile potranno trovare supporto nella presenza regolare di operatori sociali e di progetti mirati all’educativa di strada, oppure ancora in quartieri con problematiche multiculturali potranno intervenire mediatori culturali e associazioni che operano contro il razzismo,…
L’esperienza ticinese del “laboratorio Morenal” ci ha mostrato che un partenariato tra comune e associazioni impegnate su temi specifici può essere fruttuoso e portare beneficio ai cittadini. Un primo passo da prendere come esempio e trasformarlo in rete tra i vari quartieri della Grande Bellinzona.
Le case di quartiere sarebbero una reale risorsa per la grande Bellinzona, antenne che promuovono la messa in rete dei servizi affinché la città non diventi solo un dormitorio, con tutto ciò che implica come conseguenza a livello di disagio sociale e gap intergenerazionale.
L’esperienza di alcuni cantoni delle maison du quartier ha portato ad un consolidamento delle relazioni tra gli abitanti, creando forme spontanee di aggregazione e di controllo senza passare da azioni repressive della polizia o di stigma di alcune fasce di età. Alcuni quartieri hanno guadagnato in visibilità e sicurezza.
Pensare con lungimiranza all’interno della pianificazione comunale è un dovere etico di chi viene eletto per rappresentare i bisogni dei cittadini e delle cittadine.
Pensare a risorse locali per dar voce a bisogni e azioni concrete va a vantaggio di tutti. Porterebbe ad una diminuzione della precarietà e della povertà, della devianza giovanile e della violenza famigliare di cui purtroppo spesso leggiamo sui giornali. Il sentimento di sicurezza cresce quando la società si incontra e si conosce. Lo dicono studi sociali ormai da anni. Le differenze devono diventare un dibattito costruttivo e non solo considerato “una rottura di scatole”. Poter dibattere e far valere delle differenze identitarie come un valore importante nella costruzione politica (e non di stigmatizzazione) sembra non essere più un valore della sinistra.
*candidata sulla lista comune Verdi-FA-MPS-POP-Indipendenti alle prossime elezioni comunali di Bellinzona