La legislatura appena trascorsa è iniziata, dal punto di vista dell’Officina, con le famose dichiarazioni del sindaco Branda sul fatto che trasferirla dall’attuale sito non fosse più un “tabù”. Tutti ricordano quelle interviste date un paio di mesi prima delle elezioni del 2017: erano il colpo d’avvio di un progetto di liquidazione dell’Officina, di fatto già in avanzata fase di discussione visto che sarebbero passati pochi mesi per la presentazione della famosa dichiarazione di intenti del dicembre 2017.
Diciamo che l’agire del Municipio (e dei partiti che lo compongono, tutti, dalla UDC-Lega al PS) si può caratterizzare per tre aspetti assai chiari.
L’assoluta mancanza di trasparenza
Tutti i progetti, a cominciare dalla famosa dichiarazione di intenti del dicembre 2017, sono stati condotti all’insegna della più totale mancanza di trasparenza. Il che significa che scelte fondamentali per i lavoratori, per la città, per il suo futuro sono state condotte da un numero limitato di attori (direzione delle FFS, rappresentanti del Municipio, rappresentanti del CdS) senza che tali opzioni fossero discusse, nei suoi aspetti fondamentali, prima di essere approvate da tutti i soggetti coinvolti.
Si è invece preferito mettere sotto gli occhi di tutti una soluzione, in realtà solo apparentemente tale, e poi fare il forcing per farla approvare; il tutto, naturalmente, senza dare la possibilità a tutte le persone interessate (dai lavoratori dell’Officina alla popolazione di Bellinzona) di misurarsi con altre possibili opzioni.
L’assoluta mancanza di dibattito
Malgrado la nostra presenza in Consiglio Comunale, malgrado abbiamo a più riprese chiesto una discussione sulla questione, possiamo dire che mai, di fatto, vi è stato un vero dibattito sulle opzioni di fondo, in particolare sullo smantellamento dell’Officina e la costruzione del nuovo stabilimento a Castione; né tantomeno sulle opzioni relative ai contenuti di questo nuovo progetto industriale.
Il Consiglio Comunale è stato chiamato a ratificare gli accordi quando ormai il tutto era stato deciso, insistendo sul fatto che non vi fossero altre possibilità, altre opzioni possibili.
Una logica di disinformazione e menzogne
Sistematicamente, fin dall’inizio, il Municipio e i suoi partiti hanno agito all’insegna della disinformazione. In particolare, ad esempio, dando per acquisito che non vi fossero alternative alla proposta contenuta nell’accordo. Significativo quanto sta succedendo ora con i carri merci. Per lungo tempo infatti questa lavorazione è stata presentata come assolutamente priva di qualsiasi prospettiva e tale quindi da giustificarne il sacrificio. Ma questo orientamento è stato accompagnato con le menzogne di coloro che si sono sempre presentati come dei sostenitori critici del progetto: come, ad esempio, il PS che vendeva il progetto come un punto di partenza migliorabile e sviluppabile. Le decisioni delle ultime settimane sui carri mostra quanto tutto ciò non fosse altre che menzogna: è evidente a tutti che le attuali mosse erano chiare (e conosciute a Branda e compagnia) fin dall’inizio.
La lezione di democrazia dello sciopero del 2008
Un modo di agire in contrasto con il modo di agire e di muoversi che ha caratterizzato l’azione del comitato di sciopero e dei lavoratori in generale. Lo sciopero del 2008 e tutta la mobilitazione per la difesa delle Officine è stata costruita attorno a tre elementi essenziali: la legittimità di dire no ai progetti presentati della direzione e a pensare delle alternative, la ferma volontà di coinvolgere sempre i lavoratori delle Officine in tutte le decisioni da prendere e la capacità di coinvolgere un intero paese nella mobilitazione e nella discussione sul futuro del sito industriale. Una discussione condotta mettendo sul tavolo tutte le carte e tutte le possibili alternative di fronte a scelte scellerate e insostenibili.
Lo sciopero delle Officine è stato importante non solo perché ha permesso di salvaguardare per 13 anni centinaia di posti di lavoro, ma anche perché ha rimesso al centro del dibattito politico l’importanza della democrazia reale, della volontà di coinvolgere tutti e tutte nelle decisioni da prendere e nel dire no a chi presenta dei progetti come fossero gli unici possibili. Tutte lezioni che il Municipio non sembra aver imparato.
E ora?
Anche oggi, di fronte alla conferma definitiva della liquidazione a breve termine di tutta l’attività legata ai carri merci, il Municipio rimane silente; per questo abbiamo inoltrato una risoluzione che chiederemo di discutere nel corso della prossima seduta del Consiglio comunale. Una risoluzione attraverso la quale il Consiglio comunale di Bellinzona
– chiede alle FFS di rinunciare alla dismissione del settore carri e di tutto quanto concerne questo settore, ricordando che carri e nuove lavorazioni non sono in concorrenza né per esigenze di spazio, né di conoscenze professionali;
– sollecita le FFS affinché presentino, in tempi brevi, il piano industriale dettagliato del nuovo stabilimento industriale di Castione;
– invita il Municipio a sostenere, come ha fatto il Consiglio di Stato, le rivendicazioni del personale e delle organizzazioni sindacali
Vedremo quale sarà la risposta del CC e del Municipio che oggi sembra però più interessato a discutere i contenuti del fantomatico Quartiere che dovrebbe svilupparsi al posto delle Officine invece che discutere seriamente sul futuro dell’Officina e sulla difesa dei posti di lavoro.
Possiamo dire che la vicenda delle officine è sicuramente una delle principali sconfitte di questa legislatura e dei partiti che sostegno questo Municipio che è riuscito a svendere un patrimonio industriale importantissimo che creava posti di lavoro di qualità e competenza senza ottenere nulla in cambio né dal punto di vista dell’occupazione, né dal punto di vista della riqualifica della città.