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Il Movimento per il socialismo (MPS) esprime preoccupazione per le minacce che, sistematicamente in queste ultime settimane, suoi esponenti stanno ricevendo – in particolare attraverso i social forum – per l’annunciata decisione di lanciare il referendum contro il progetto di Polo Sportivo e degli Eventi (PSE).

Queste minacce coprono tutta una gamma di interventi: dagli insulti veri e propri alle minacce fisiche, fino alla promessa di impedire fisicamente l’eventuale organizzazione di bancarelle per la raccolta delle firme.

Naturalmente non ci lasciamo impressionare dalle minacce di simili personaggi che, tuttavia, danno anche una certa immagine (quelli che scrivono direttamente e quelli ai quali queste affermazioni “piacciono”) del clima di valori che si forma attorno agli eventi sportivi: già questo dovrebbe essere motivo di riflessione.

Ma siccome in discussione vi è una scelta politica di fondo che coinvolge i partiti politici e le istituzioni politiche, non possiamo non prendere atto di come questi partiti (tutti di fatto) non solo non siano finora intervenuti a difesa del diritto democratico di lanciare un referendum (malgrado queste minacce siano ormai note a tutti e oggetto anche di articoli sui giornali), ma di fatto – magari solo per omissione o indirettamente – sostengano tali atteggiamenti.

Siccome tali minacce (o il sostegno esplicito ad esse da parte di altri) sono di dominio pubblico ci si sarebbe potuti attendere interventi che stigmatizzassero tali atteggiamenti.

Ad esempio, da parte del primo responsabile dell’amministrazione comunale, il sindaco di Lugano Borradori. Egli, di fatto, soffia sul fuoco quando dichiara, come ha fatto alla RSI pochi giorni fa, che “ci opporremo con tutti i mezzi al referendum”. Che cosa possono significare simili dichiarazioni sulle menti di esagitati come gli autori di queste minacce? L’unico mezzo democratico per opporsi al lancio di un referendum è non firmarlo e invitare a non firmarlo (anche se quest’ultimo atteggiamento è segno di paura delle proprie convinzioni); una volta il referendum riuscito l’altro mezzo è alimentare una discussione democratica sui contenuti della proposta: non vi sono “altri mezzi” e farvi genericamente riferimento non è certo un buon segno.

Non contento,  Borradori dichiara che queste minacce sarebbero il frutto di una reazione a provocazioni ricevute, in particolare quando afferma (La Regione 3 marzo 2021) che “È importante che i tifosi sostengano il progetto, ma le minacce non vanno bene, né da una parte né dall’altra” (sottolineatura nostra).

Ora, siccome siamo noi l’”altra parte”, ci piacerebbe sapere quali sono le minacce che avremmo proferito nei confronti dei tifosi. A meno che si consideri una “minaccia” il sacrosanto diritto di far valere le proprie ragioni attraverso il referendum. Borradori, e i suoi amici leghisti, hanno evidentemente la memoria corta. Dimenticano che proprio la Lega (e l’UDC sia a livello cantonale che federale), ricorrendo allo strumento del referendum, è stata, se questi sono i termini del dibattito, una “minaccia” per anni…

Il sindaco democratico di una città democratica avrebbe fatto una dichiarazione di questo tipo: “È inammissibile che qualcuno minacci il diritto dell’MPS di esercitare concretamente il diritto di referendum; il Municipio metterà in atto tutti i mezzi per proteggere il diritto di referendum perché è nostro dovere; è dovere delle autorità proteggere i diritti democratici (e il diritto di referendum è uno di questi) indipendentemente dall’accordo che si possa avere con il contenuto del referendum stesso…”. Ma è come sognare!

Ma non meno responsabili sono gli altri. Non solo perché, come abbiamo ricordato, si sono guardati bene dal prendere posizione; ma perché proteggono alcuni di questi brutti ceffi. Uno di questi, ad esempio, che ha espresso più volte il “mi piace” nei confronti di messaggi di suoi compari contenenti minacce esplicite, è nientepopodimeno che candidato del PPD per il Consiglio Comunale alle prossime elezioni.

Lombardi e il PPD fanno finta di niente, dimostrando che il termine “uregiat” non è per nulla passato di moda. Da “sportivo” sicuramente strizzerà l’occhio a queste dichiarazioni “virili”, da veri “sportivi” per i quali la competizione è tutt’altro che scontro “leale” e “rispettoso dell’avversario”, ma espressione di forza e di sopraffazione.

Sono solo alcuni appunti di una campagna che si annuncia difficile, ma che affrontiamo con tutta la determinazione necessaria, sapendo che stiamo facendo valere i nostri diritti democratici.