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La statistica pubblica è, per definizione, un bene collettivo che deve essere accessibile a tutti e che dovrebbe servire da base per elaborare politiche settoriali. Dico dovrebbe perché in realtà sempre più spesso succede il contrario:  la politica, invece di basarsi sulle cifre reali per adottare decisioni sensate chiede alla statistica di confermare le sue scelte con i numeri. Lo ha spiegato molto bene Walter Radermacher, ex direttore di Eurostat, che in un recentissimo articolo scrive: “i dati e le medie non sembrano più accettabili, a meno che i risultati non provengano dai loro stessi calcoli e corrispondano alle ‘verità’ che i demagòghi forniscono su ciò che succede nella società”. 

Il rischio quindi di una pressione politica sulla statistica pubblica è ben reale  e lo è ancor di più in Ticino dove la politica è in perpetua campagna elettorale. L’ex direttore dell’Ustat, Elio Venturelli, ha pubblicamente raccontato che ai tempi in cui il DFE era diretto da Marina Masoni gli era stato chiesto di NON commentare e spiegare alcuni dati. In pratica era stato chiesto all’Ustat di NON assolvere il suo ruolo. 

Da allora sono cambiate le strategie, ma la statistica pubblica non gode certo di maggior considerazione da parte dei politici o di certe cerchie. Oggi non si chiede più direttamente all’Ustat di stare zitto, lo si relega semplicemente in un angolino. Quando è stata l’ultima conferenza stampa di presentazione di un’analisi dell’Ustat o di risultati statistici rilevanti per il Ticino? Non se lo ricorda nessuno. E anche questo è un modo per non permettere all’Ustat di svolgere il proprio ruolo. 

Molto diverse le conferenze stampa in pompa magna con cui vengono presentati alcuni studi economici, a cui il DFE offre tutti i crismi dell’ufficialità. Certo questi studi non sono statistica pubblica, non hanno l’obbligo di essere trasparenti e imparziali, posso utilizzare “à la carte” i dati che più convengono tralasciandone altri, possono lanciarsi in interpretazioni e conclusioni anche parecchio fantasiose, ma fanno comodo per alimentare la narrazione del “ticino terra di successo”. 

Molto meglio non pubblicizzare troppo I dati nudi e crudi che mostrano il Ticino come l’unica regione dove i salari mediani calano per la prima volta da quando esiste la rilevazione e per la prima volta in Svizzera. E infatti il DFE non ci ha speso nemmeno una parola. 

In questi ultimi anni abbiamo perfino assistito a vere e proprie campagne di disinformazione a cui hanno partecipato politici, rappresentanti delle associazioni economiche e alcuni media che hanno gettato discredito sulle statistiche pubbliche perché il numero di disoccupati mal si combinava con la favola del “miracolo economico”.  Alle prime polemiche e i primi dati che mettevano in dubbio il fantastico mondo della MODA in Ticino, di colpo le cifre delle aziende e dei posti di lavoro sono più che raddoppiate grazie a un provvidenziale calcolo dell’IRE in cui venivano inclusi cardatori di lana o l’assemblaggio di orologi. Che ci siano rappresentanti politici e associazioni di categoria che usano questi dati ad hoc è già molto grave, che li citi un consigliere di stato in un’intervista è pure peggio. E quando è stato chiesto attraverso atti parlamentari di rettificare le dichiarazioni false, la risposta è sempre stata la stessa: non è necessario.

C’è da chiedersi perché tanta ostinazione a voler mantenere l’ufficio di statistica sotto un dipartimento che preferisce rivolgersi altrove per avere dati che aderiscano meglio alle sue “percezioni”.  È evidente che l’USTAT può svolgere pienamente il suo ruolo in queste condizioni. Le rassicurazioni sul fatto che la statistica potrà mantenere la sua indipendenza sono piuttosto vaghe se pensiamo che in nome degli interessi economici una commissione del Nazione è arrivata a chiedere di mettere il bavaglio a una task force scientifica. 

Non siamo ingenui, sappiamo che spostare l’Ustat sotto la cancelleria, non fermerà le campagne di disinformazione. Quindi voi continuate a contarci e cantarci le verità che volete, per far apparire la realtà come meglio credete, per non far cadere tutti i vostri castelli di carte, ma lasciate almeno liberi quelli che vogliono informarsi e sapere cosa succede ai cittadini e alle cittadine, cosa sta passando la VERA ECONOMIA e cioè NOI, le famiglie, i lavoratori e le lavoratrici che non si riconoscono più in questa realtà pittoresca, dipinta, falsificata. Ciò che voi continuate a dipingere, con grande tenacia, non è specchio di questa società ma semplice propaganda. 

La statistica è un bene pubblico, e tale deve restare!

E proprio perché  bene comune deve essere garantito e deve essere accessibile a tutti, non solo ai politici o all’amministrazione. Sono contenta che sia stato redatto un rapporto di minoranza che ribadisce bene: un ufficio indipendente potrebbe anche dotarsi finalmente di un proprio organo di comunicazione che risponderebbe alla missione di divulgazione più chiara e indipendente. Interessante anche la proposta di incorporare tutte le altre banche dati degli altri dipartimenti, sotto lo stesso tetto.

Per questo, con la mozione in discussione oggi, chiediamo di scorporare dal vostro dipartimento ciò che di più prezioso possa esserci, ossia uno strumento al servizio della società e non solo dell’amministrazione pubblica….chiediamo un’informazione chiara, un’analisi corretta che faccia in modo che ci si possa, realmente, riconoscere in questa società. 

La mozione: https://www4.ti.ch/user_librerie/php/GC/allegato.php?allid=131360

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