Pubblichiamo il commento andato in onda nella rubrica della rete Due della RSI “Plusvalore” il 20 aprile 2021. Christian Marazzi svolge interessanti riflessioni che condividiamo e che abbiamo in parte anche espresso nel nostro commento alla pubblicazione dei dati del Consuntivo 2020 del Cantone (Consuntivo 2020: e se non fosse colpa del Covid? * MPS – Movimento per il socialismo (mps-ti.ch) (Red.)
“È (molto) più facile ingannare la gente, piuttosto che convincerla di essere stata ingannata”. Questa perla di saggezza di Mark Twain si addice perfettamente all’idea, dura a morire, secondo cui gli sgravi fiscali a favore dei ricchi hanno effetti positivi per tutta la società. Lo sgocciolamento della ricchezza verso il basso (trickle down, in gergo), così suona il ritornello, favorisce il consumo e l’occupazione grazie ai maggiori investimenti delle imprese alleggerite dal carico fiscale. È un’idea che non poggia su alcuna base scientifica, eppure è data per oggettivamente vera (“le cose stanno così e basta”), neutra e imparziale, e guai a chi cerca di confutarla, sarà subito tacciato di essere ideologico e fazioso.
Secondo il Consuntivo del Cantone per il 2020, i conti si sono chiusi con un disavanzo di 165 milioni di franchi e, a detta del Consiglio di Stato (ma non solo) la colpa sarebbe da attribuire al Coronavirus e ai suoi effetti sugli utili delle imprese e il numero degli occupati.
Si tratta, sia detto per inciso, di un deficit pari allo 0,53% del Pil cantonale, un’inezia, roba da far rimpiangere i parametri di Maastricht. Nessuno nega l’impatto economico e finanziario della pandemia, ma nel nostro Cantone il calo dell’imposta sull’utile delle imprese è stato addirittura più marcato nel 2019, ossia prima dell’evento pandemico. Il che si spiega alla luce della riforma fiscale a favore delle imprese e, per quanto riguarda le persone fisiche, all’abbassamento del moltiplicatore cantonale d’imposta, avviato appunto nel 2019. Addirittura, nel corso del 2020, in piena crisi, si è pensato bene di ridurre ulteriormente (dal 98% al 97%) il coefficiente di imposta cantonale, un taglio lineare delle imposte che favorisce gli alti redditi senza avere effetti significativi sui redditi medio-bassi (ricordiamoci che in Ticino, un quarto dei contribuenti sono esentasse).
Benché insufficienti e lacunose, le misure di contrasto al Covid-19, sia sul fronte occupazionale (lavoro ridotto) che su quello dei redditi (come le Ipg per gli indipendenti) hanno perlomeno contenuto il calo delle entrate fiscali imputabile alle politiche fiscali ribassiste, un calo, come detto, che non ha niente a che fare col Coronavirus. In altre parole, è solo grazie all’attivazione dello Stato sociale che il disavanzo pubblico è stato minore di quanto si potesse prevedere.
Se ancora in piena crisi pandemica, si trascura di parlare del fattore fiscale per spiegare l’aumento del deficit pubblico, è certo che appena ci si avvierà verso tempi migliori non si esiterà a tagliare la spesa pubblica per ridurre i disavanzi. Si andrà a colpire la sanità, gli aiuti al lavoro dipendente e indipendente, mantenendo però intatta la politica fiscale a favore dei più ricchi, quella politica dello “sgocciolamento della ricchezza verso il basso” di cui nessuno, però, ha mai visto i risultati concreti. Sono trent’anni che li aspettiamo! Come è che non si sono visti neanche in questi mesi durante i quali la ricchezza dei più ricchi è aumentata in modo spropositato?
Non è facile confutare le narrazioni tossiche, le fake news, le bufale, proprio perché esse non si basano sulla razionalità, ma sull’illusione, l’incanto, il mito. L’idea, ad esempio, che gli sgravi fiscali arricchiscano tutti. È falso, ma funziona. Il problema è che ora il giocattolo si sta rompendo.