Si auspica, si attende, ci si china. In realtà le mozioni presentate dall’MPS (“Affrontare con decisione la violenza contro le donne” e “realizzare finalmente una politica seria e coordinata per combattere e prevenire la violenza di genere”) sono state) “parzialmente accolte”.
Tutto questo avviene con l’obiettivo non solo di dimostrare la “sensibilità” (tutta a parole) di Governo e Parlamento sui temi “femminili”; ma soprattutto di “annegare” queste proposte nei tempi lunghi e nelle difficili “compatibilità amministrative” delle procedure dell’Amministrazione.
Con i soliti auspici, appunto, con un “dovuto approfondimento”; insomma, “sì ma non adesso” e non per tutte le richieste. Per questo abbiamo presentato un emendamento che su alcuni aspetti pratici, semplici ma fondamentali quali, ad esempio, l’istituzione di un numero unico di soccorso o la possibilità di chiedere soccorso, per le donne vittima di violenza, in farmacia, permettesse di accelerare la messa in pratica con date precise entro le quali verificare che questo avvenisse.
Inutile aggiungere che queste richieste sono state bocciate da quasi tutto il Parlamento (escluso il nostro gruppo e il gruppo di Più donne).
Questo perché, al di là delle dichiarazioni di facciata, tutta questa bella gente (dovunque essa si ponga sullo scacchiere politico) non crede evidentemente, che la lotta contro la violenza sulle donne sia un’urgenza sociale. Qui di seguito pubblichiamo l’intervento di Angelica Lepori a sostegno dell’emendamento al quale abbiamo accennato. (Red)
Sia il rapporto del Consiglio di stato sia quello della commissione ribadiscono a più riprese che la questione della violenza contro le donne è una questione importante e preoccupante di cui il cantone vuole farsi carico. Nel merito delle proposte fatte si sostiene che esse sono nella maggior parte dei casi pertinenti, ma allo stesso tempo si conclude dando mandato al cantone di elaborarle, studiarle, di ipotizzare una soluzione o, ancora, si auspica che vengano inserite all’interno del piano di azione cantonale del quale, ad un anno di distanza dall’istituzione della nuova figura di coordinamento, non vi è ancora nessuna traccia (la sua presentazione era prevista per la primavera del 2021, rimandata poi all’autunno e ora rinviata nuovamente all’inizio del 2022).
Nel frattempo, le donne, le bambine e i bambini continuano a essere vittime di violenza domestica, fisica, sessuale, economica e psicologica.
Per questo presentiamo degli emendamenti alla conclusione del rapporto che, come sempre, evita di dare indicazioni chiare e si limita a poche e vaghe indicazioni di principio e, non a caso, trova il consenso di tutte le forze politiche che in questi anni nulla hanno fatto per combattere il fenomeno della violenza o, addirittura, sostengono che non sono solo le donne a esserne vittima.
In realtà oggi non c’è più tempo da perdere e bisogna agire subito. L’obiettivo dei nostri emendamenti è soprattutto quello di aumentare le possibilità per le donne di accedere all’ascolto e al sostegno senza dover necessariamente passare dalla polizia. Sappiamo bene che per le donne è sempre più difficile chiedere aiuto e anche solo capire a chi rivolgersi. Come donne e femministe riceviamo spesso chiamate di donne che si trovano in difficoltà e ci chiedono aiuto; è evidente, che, data la scarsità di strutture, anche per noi è difficile dare una risposta chiara. In questo contesto il numero verde di emergenza cantonale è una necessità immediata, non è più procrastinabile. Il Ticino, come ha già fatto senza problemi Ginevra, deve introdurre subito, senza aspettare le decisioni a livello federale, un numero unico di emergenza per le donne attivo 24 ore su 24 a cui risponda personale formato. La rete dei consultori deve essere rafforzata, è necessario allargare la rete di protezione e di ascolto; anche le professioniste attive nelle case di accoglienza sostengono che il relativamente basso numero di donne accolte non significa che non ci sia violenza, ma che verosimilmente non c’è conoscenza di quello che il territorio offre, non c’è sufficiente ascolto e rete di sostegno; per le donne diventa difficile sapere a chi rivolersi e avere il coraggio per eventualmente denunciare. Si tratta di creare un passaggio intermedio e creare in tutte le città sportelli di ascolto e di aiuto alle donne.
Stesso ragionamento vale per le farmacie che possono e devono diventare un altro punto di ascolto e protezione come avviene già in altri paesi europei. Bisogna chiaramente dire che questa può essere una via da percorre, non dobbiamo aspettare di dare mandato al Consiglio di stato per avviare questo progetto…etc.
Infine, sul reddito contro la violenza ci riserviamo di tornare; riteniamo invece importante fin da subito sollevare le donne dal pagamento delle rette delle case di accoglienza. L’aiuto e la protezione non possono diventare un debito finanziario.
Sostanzialmente: agiamo subito senza tentennamenti, senza se e senza ma, contro la violenza alle donne che rappresenta oggi una vera e propria emergenza sociale da affrontare immediatamente con coraggio e determinazione.