Tempo di lettura: 3 minuti

Negli scorsi giorni abbiamo appreso le sconcertanti notizie, secondo le quali il nostro aeroporto sarebbe stato la scena di un rapimento internazionale di un minore. Oltre ai media, se ne occupano evidentemente anche i tribunali, e sotto la loro lente finirà probabilmente anche il controllo di polizia nel corso del quale gli autori di questo deprecabile atto sono passati “inosservati”, compresi anche i controlli in aeroporto.

Un certo lassismo nei controlli ad Agno non è nuovo, soprattutto da quando a farla da padroni, finiti ingloriosamente i voli di linea, sono i detentori di jet privati o coloro che, grazie a importanti mezzi finanziari, possono fare capo a questo tipo di trasporto. Lo abbiamo anche visto durante la pandemia, con un andirivieni di questi privilegiati trasporti privati che hanno attirato anche la stampa di oltre frontiera che ha raccontato di voli su e da Agno per poter poi raggiungere comodamente le regioni dell’alta Italia, in barba a tutti gli ordinamenti restrittivi.

Sempre degli scorsi è la notizia che il governo cantonale abbia respinto i ricorsi del concorso per la gestione dell’aeroporto. E, quasi per magia, i fautori di una privatizzazione dell’aeroporto tirano il freno dicendo che, dopo tutto, le cose potrebbero andare bene così come stanno, visto che in questi mesi la situazione finanziaria dello scalo, come noto ora reintegrata nei bilanci e nelle attività amministrative della città, sarebbe notevolmente migliorata. Con buona pace (oramai siamo abituati a questi dietro-front ispirati alla più grande confusione dell’esecutivo luganese) di tutti i discorsi sulla necessità di privatizzare, sulla necessità di tenere viva la speranza della ripresa dei voli di linea (all’attesa dei miracoli non si può certo mettere limiti…), all’importanza del progetto privatizzazione per il futuro della città. Etc, etc, ….

Ma che cosa è successo al nostro aeroporto? Era a settembre del 2019 quando è decollato l’ultimo volo di linea da Agno; già prima erano pochi i comuni mortali che poteva usufruire di questo scalo per evidenti ragioni finanziarie; ma da quel momento anche questa possibilità, seppur remota, è definitivamente tramontata. L’aeroporto ha smesso di essere, anche formalmente, un vettore di trasporto pubblico. Ed è dal giugno 2020 che è passato sotto il controllo della città, dopo un fallimento «ordinato», resosi “necessario” nell’imminenza di due referendum che contestavano il surreale progetto di “rilancio”. Erano state raccolte le firme per evitare l’iniezione di milioni di contributi pubblici (comunali e cantonali) per mantenere in vita l’aeroporto. Arrivato il lockdown e la crisi del settore dell’aviazione correlata alla pandemia, a grande sorpresa ci si fa oggi sapere, come detto, che l’aeroporto può contare su un numero di decolli simili a quelli di prima della pandemia. Pare proprio che la clientela dell’aeroporto, tutta una serie di privilegiati di vario genere che volano per gestire i propri affari, abbiano continuato a volare come prima e forse anche di più. Evidentemente, così dicendo si racconta solo una parte della verità. Perché è evidente che la presunta “buona salute” dello scalo è costata, come sempre, un enorme sacrificio alle lavoratrici e ai lavoratori che hanno quasi totalmente perso il posto di lavoro. Basti qui ricordare che il personale è passato da una settantina di dipendenti a poco più di una decina.

Abbandonato, così sembra, l’assurdo progetto di privatizzazione (dopo quello ancora più sciagurato di rilancio) ci pare che l’unica alternativa sia quella di una dismissione intelligente. L’area occupata dall’aeroporto è inserita in un territorio con un forte carico ambientale, aumentato negli ultimi anni: oltre al traffico sempre più intenso, nella zona vi è stata una proliferazione di insediamenti industriali e commerciali anche di grandi dimensioni. Le attuali emissioni causate dal traffico aeroportuale (di ogni genere) non fanno e faranno altro che peggiorare il carico ambientale di questa zona.

Si prospetta quindi la possibilità di ripensare, in una prospettiva di dismissione, una nuova vita per la porzione di territorio occupata oggi dall’aeroporto, ad esempio diventando in gran parte una zona di svago, rinaturata, accessibile a tutta la comunità e portando una boccata d’ossigeno (in tutti i sensi) a questa zona.

È ora di riflettere, seriamente, a questa prospettiva.