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L’accettazione dell’iniziativa per cure infermieristiche forti in Svizzera lo scorso 28 novembre con il 61% dei voti espressi è una buona notizia. Riflette un sostegno a cure di qualità e un chiaro riconoscimento che questa qualità richiede buone condizioni di lavoro e un numero sufficiente di personale ben formato.

L’attuazione di questa iniziativa sarà ora oggetto di una battaglia sociale e politica a lungo termine. Possiamo essere certi che il Consiglio federale e la maggioranza di destra del Parlamento tenteranno il più possibile di svuotarla del suo contenuto, in particolare per quel che riguarda la definizione delle condizioni di lavoro e dei requisiti del personale. Sarà difficile contrastare questo svuotamento senza porre il riconoscimento dell’attività infermieristica in una prospettiva più ampia, attaccando i meccanismi che esistono da due decenni e che soffocano gli ospedali pubblici (vedi l’articolo pubblicato sul nostro sito https://mps-ti.ch/2021/11/iniziativa-per-cure-infermieristiche-forti-alcune-questioni-non-sufficientemente-discusse/).

In questo contesto, il Manifesto per la salute 2022 di André Grimaldi [1] è una lettura più che gradita. Professore emerito di diabetologia all’ospedale universitario Pitié-Salpêtrière di Parigi, André Grimaldi è cofondatore del Collectif inter-hôpitaux, che si è formato nell’autunno 2019 nell’ambito delle mobilitazioni ospedaliere, in particolare nel pronto soccorso, in difesa dell’ospedale pubblico. Il suo manifesto in 10 punti propone un percorso per costruire un’alternativa alla disastrosa politica sanitaria seguita negli ultimi tre decenni: dall’assistenza gratuita alla riforma dell’educazione, passando per una definizione di “giusta cura” e la necessità di costruire un servizio sanitario integrato, essa propone una serie di misure confortate dalla conoscenza che viene dalla pratica e che permettono un cambiamento di rotta. È preceduto da due capitoli, che traggono insegnamenti dalla crisi causata dal Covid-19, e tracciano l’evoluzione della politica sanitaria in Francia dal 1945. Ognuna di queste tre parti contiene riflessioni che potrebbero anche ispirare un progetto per la difesa di un sistema sanitario pubblico in Svizzera. Ecco alcuni esempi, con l’invito ad andare a scoprire direttamente il tutto.

Una “sindemia” rivelatrice

L’evoluzione dei bisogni nel campo della salute è il punto di partenza della riflessione di André Grimaldi: “È […] necessario esaminare l’evoluzione dei bisogni di salute in relazione allo sviluppo di una vera epidemia di malattie croniche. […] [Questo] richiede sia una medicina centrata sulla persona che un sistema sanitario integrato. Tuttavia, per ragioni storiche, abbiamo costruito il nostro sistema sanitario intorno al trattamento delle malattie acute e di procedimenti tecniche (…). Questa distorsione tra bisogni e risposte e questa organizzazione in silos sono state aggravate dall’attuazione negli ultimi venti anni di una visione commerciale della salute […]. L’applicazione generalizzata della regola “niente stock, niente flussi”, ai farmaci, ai dispositivi medici, ai letti e al personale stesso, spiega perché ci siamo trovati demuniti quando è emersa la pandemia di Covid-19. Questa pandemia è in effetti una “sindemia” che cumula un’epidemia infettiva, un’epidemia di malattie croniche di obesità e diabete, e un’epidemia di povertà. Essa ha messo il dito nelle piaghe del nostro sistema sanitario. È tempo di guarirle […]” (pp. 12-14)

Alle origini del soffocamento dell’ospedale pubblico

André Grimaldi è poi tornato sul soffocamento in due fasi subito dall’ospedale pubblico. Il primo momento, negli anni 2000, si situa nel momento in cui si è imposta l’idea che la medicina stava diventando “industriale“, il medico un “ingegnere” e l’ospedale un’”azienda” (p. 115). È in questo contesto che è stato adottato l’activity-based pricing (T2A), l’equivalente del finanziamento DRG (Diagnosis related groups) adottato in Svizzera. André Grimaldi ricorda che “l’obiettivo dichiarato era di mettere i fornitori pubblici e privati in una situazione di “vera concorrenza”. I promotori del T2A pensavano che gli ospedali pubblici, costretti ad accettare le stesse regole del gioco del settore privato, sarebbero stati costretti a “ristrutturarsi” e “alla fine ad accettare un cambiamento di status” (p. 119). Il risultato è stato disastroso: “La burocrazia neoliberale ha sostituito la vecchia burocrazia. L’ospedale pubblico ha ora 103.000 dipendenti amministrativi per 99.000 medici. Cruscotti, indicatori, reporting, indici di performance, moltiplicazione dei processi, ottimizzazione della catena del valore, riduzione delle scorte, gestione dei flussi, messa in comune delle risorse tecniche e umane per ottenere aumenti di produttività“, ecc. (p. 126-127) André Grimaldi ci ricorda che con il T2A, è in effetti “la tariffa a guidare l’attività. Nessuna tariffa, nessuna attività”. (p. 131). Di conseguenza, questo sistema tariffario risulta totalmente inadatto “alla gestione delle patologie complesse, delle emergenze, delle unità di terapia intensiva, delle malattie rare e delle malattie croniche“.

D’altra parte, ed è questo il secondo momento – sviluppatosi negli anni 2010, “il governo ha usato il T2A per impostare un gioco a somma zero tra il volume di attività e l’importo delle tariffe. Quando l’attività aumenta, il governo abbassa i tassi pagati dalla previdenza sociale all’ospedale. […] Ogni anno, per mantenere il suo equilibrio finanziario, l’ospedale è obbligato ad aumentare la sua attività di almeno il 2% senza aumentare i costi del personale. E ogni anno, l’Assemblea Nazionale, adottando un ONDAM ospedaliero inferiore all’aumento previsto delle spese, mette in deficit circa la metà degli ospedali.” (p. 134-135) L’ONDAM (Obiettivo di spesa dell’assicurazione sanitaria nazionale), creato nel 1996, è infatti diventato sempre più restrittivo ed è stato combinato con la tariffazione T2A per sottoporre gli ospedali pubblici a una crescente austerità di bilancio, portando nel 2019 alle crisi dei servizi di emergenza e psichiatrici, denunciate dagli scioperi del personale. Oggi, dopo diciotto mesi di crisi al Covid-19, l’ospedale pubblico francese, spazzato via da questa politica, è sull’orlo dell’implosione e il personale è di nuovo mobilitato in piazza per chiedere che i mezzi indispensabili al suo salvataggio siano finalmente liberati.

Questo è anche il percorso seguito, con un po’ di ritardo, dalla politica ospedaliera svizzera. La tariffazione DRG è in vigore dal 2012 e sta gradualmente facendo sentire i suoi effetti deleteri. Si sta preparando anche il vincolo di bilancio globale. Il Centro (ex PDC-PPD) ha lanciato un’iniziativa per limitare la spesa sanitaria. Il Consiglio federale ha elaborato un controprogetto che riprende l’obiettivo e propone una regolamentazione estremamente severa (vedi l’articolo pubblicato su questo sito https://mps-ti.ch/2020/08/sistema-sanitario-berset-stringe-ulteriormente-il-corsetto-finanziario/). Infine, la revisione della legge sull’assicurazione malattia (LAMal), attualmente in discussione al Consiglio degli Stati, comprende un articolo 47c, che introduce misure di “gestione dei costi” con meccanismi vincolanti in caso di sforamenti. Non sarà possibile soddisfare le aspirazioni dell’iniziativa “cure infermieristiche forti” senza combattere questi piani e senza rimettere in discussione il finanziamento DRG degli ospedali.

“Né il mercato e nemmeno lo statalismo”

Di fronte a questi sviluppi distruttivi, André Grimaldi promuove una terza via, che non sia “né il mercato e nemmeno lo statalismo” (p. 207): “Questa rifondazione deve porre un freno alla deriva inesorabile verso la commercializzazione della sanità che è in corso da più di un quarto di secolo, senza portare a uno statalismo burocratico. Un altro percorso è possibile: quello di un servizio pubblico al servizio del pubblico attraverso la cogestione tra lo Stato, i professionisti del settore e gli utenti”. Secondo lui, questa è la condizione per superare le debolezze del sistema sanitario francese: “l’inadeguatezza della prevenzione, le disuguaglianze sociali e territoriali nella salute, e la mancanza di lavoro di squadra e di coordinamento tra i professionisti. Il corporativismo dei professionisti e il pagamento all’atto sono ostacoli al lavoro di squadra coordinato, mentre il burocratismo e la gestione per standard e numeri sono ostacoli alla creatività dei professionisti e alla loro adattabilità sul terreno”. (p. 154) Per André Grimaldi, queste carenze, mentre possono ancora essere compatibili con quelle che lui chiama la prima e la seconda medicina, cioè la medicina delle malattie acute benigne e gravi, sono “ostacoli di fondo alla terza medicina, quella delle malattie croniche, che è la medicina della persona, e alla quarta medicina, quella della ‘salute pubblica” (p. 155). “Il nostro sistema sanitario non è adattato alla gestione delle due grandi epidemie, l’epidemia di nuove malattie infettive e l’epidemia di malattie croniche […]. Ciò che queste epidemie hanno in comune è che richiedono un lavoro di squadra multi-professionale, il coordinamento delle cure, una politica di prevenzione individuale e collettiva, e la lotta contro le disuguaglianze sociali nella salute. Questa politica sanitaria (e non solo di cura) va oltre i limiti del solo Ministero della Sanità. Richiedendo il sostegno della popolazione, implica lo sviluppo di una democrazia sanitaria.” (p. 155)

L’industria farmaceutica: iniziare la lotta

Un altro punto del manifesto di André Grimaldi, particolarmente sensibile se letto dalla Svizzera, è intitolato “Imporre all’industria farmaceutica la priorità della salute pubblica” (p. 167). André Grimaldi fa notare che questa industria, con un fatturato annuo superiore ai 1’000 miliardi di dollari, è dominata da una ventina di colossi, tra cui, bisogna aggiungere, le due transnazionali svizzere Roche e Novartis.

Secondo lui, tre tendenze caratterizzano la recente evoluzione di questo settore: 1° un prezzo dei farmaci che pretende di basarsi sul “miglioramento del servizio medico reso, misurato dal guadagno nella qualità della vita”, senza relazione con i costi di produzione e di ricerca, e che si suppone giustifichi prezzi sempre più folli, come per i farmaci anticancro; 2° un grado di concentrazione senza precedenti, che permette a Big Pharma di imporre i propri prezzi in funzione della capacità di pagamento dei paesi e delle loro popolazioni; 3° un disinvestimento dalla ricerca, che in realtà avviene nei laboratori pubblici, poi nelle start-up spesso sostenute da questi laboratori, di cui solo i successi sono acquistati dai giganti farmaceutici (pp. 168-169).

André Grimaldi propone una serie di misure per contrastare queste tendenze (pp. 170-172), in particolare: 1° la trasparenza dei costi e dell’origine pubblica o privata dei finanziamenti che hanno contribuito allo sviluppo di nuovi farmaci; 2° l’imposizione di un “prezzo di vendita “ragionevole” in caso di accordi tra unità di ricerca pubblica e industria, in cambio di un impegno al sostegno finanziario pubblico per eventuali effetti collaterali non rilevati durante le fasi regolamentari dello sviluppo“; 3° l’esercizio del “diritto di ricorso nei confronti della licenza d’ufficio, cioè la soppressione della proprietà intellettuale del brevetto”, in caso di rifiuto di prezzi “ragionevoli“; 4° la costruzione di un “polo non profit per i medicinali che organizzi la produzione di medicinali di interesse pubblico e che, in quanto tali, non interessano più l’industria farmaceutica“.

Sono queste idee che potrebbero essere riprese in Svizzera. Il Consiglio federale, a partire dal suo ministro della sanità, il socialista Alain Berset, è un difensore incondizionato degli interessi dell’industria farmaceutica basilese. Questo è stato dimostrato ancora una volta negli ultimi giorni, con la sua inflessibile e scandalosa opposizione a qualsiasi revoca dei brevetti nonostante la crisi sanitaria globale causata dal Covid-19. Inoltre, il partito socialista ha reagito all’annuncio di Novartis dell’intenzione di voler vendere la sua divisione di farmaci generici, chiedendo la nazionalizzazione di Sandoz.

Un’ampia battaglia pubblica, come la campagna per le multinazionali responsabili, che combini 1° la richiesta della revoca dei brevetti, 2° la nazionalizzazione della Sandoz a un prezzo che tenga conto del sussidio de facto offerto alla Novartis per decenni attraverso la politica condotta per decenni a favore dell’industria farmaceutica da parte delle autorità, e 3° una politica dei prezzi dei farmaci basata sui costi reali di produzione e ricerca, avrebbe senso: sia dal punto di vista sociale che da quello della difesa della salute della popolazione, qui e nel resto del mondo.

*articolo apparso sul sito alencontre.org. il 6 dicembre 2021. Traduzione a cura del segretariato MPS

1.  Pr. André Grimaldi, Manifesto per la salute 2022, Odile Jacob, 2021.