Tempo di lettura: 3 minuti

3000 donne e uomini solidali sono scesi in piazza a Zurigo nella prima manifestazione nazionale contro i femminicidi lo scorso 11 dicembre. Un corteo molto determinato, colorato e coraggioso ha sfidato il freddo invernale per ribadire la necessità di agire rapidamente per arginare una piaga sociale che provoca annualmente numerose vittime. In Svizzera ogni 10 giorni un uomo uccide una donna e ogni settimana una donna sopravvive a un tentato femminicidio. Nella maggior parte dei casi la donna uccisa è la partner, la ex-partner o un membro femminile della famiglia. Questi femminicidi sono registrati da organizzazioni e collettivi femministi (vedi ad es. il progetto stopfemizid.ch) sulla base dei comunicati della polizia o dei mass-media, perché non esistono statistiche ufficiali. Secondo una stima della Nazioni Unite vengono commessi ogni giorno nel mondo almeno 137 femminicidi, più di 50’000 ogni anno. Questi dati sono solo delle stime e resteranno tali fintanto che la società non inizierà a prendere sul serio il compito di prevenire ed impedire l’uccisione delle donne. I femminicidi poi non sono che la punta dell’iceberg di un fenomeno ben più vasto fatto di sopraffazione, violenza fisica, psicologica e economica che rimane nascosta. Si tratta evidentemente di fenomeno strutturale al nostro sistema sociale e economico che fonda il suo funzionamento sulla sottomissione delle donne al potere patriarcale, chi prova a uscire da questi modelli di sottomissione, a cercare una vita autonoma e indipendente deve essere punita e addirittura uccisa.
Un sistema che si basa anche sull’assenza di ascolto e di protezione delle vittime, le donne vengono credute solo da morte, prima i loro appelli le loro richieste di aiuto vengono ignorati o sminuiti. Addirittura chi denuncia si sente spesso dire di avere la colpa di quanto successo, di aver provocato il suo aggressore o di aver esagerato. Da vittima quindi la donna diventa colpevole.
Di fronte a questa situazione il governo cantonale ha recentemente presentato il suo Piano d’azione cantonale contro la violenza domestica. Tre uomini rappresentanti del governo hanno sottolineato che la violenza di genere è un fenomeno preoccupante e da eliminare senza però fare nessuna proposta concreta per migliorare la situazione. Il piano d’azione si limita a fotografare quanto già esiste sul territorio, riproducendo una fotografia molto edulcorata della realtà. Dal rapporto infatti sembra emergere che tutto va bene, i servizi ci sono e sono tutto sommato adeguati. Una lettura che fa a pungi con quanto vivono quotidianamente le vittime che non sanno a chi rivolgersi per chiedere aiuto, che spesso si scontrano con istituzioni e servizi che tendono a sminuire quanto stanno vivendo e che oggettivamente fanno fatica a staccarsi dalle situazioni di violenza.
Qualche esempio basta per descrivere questa realtà, secondo la Convenzione di Istanbul il Ticino dovrebbe avere 35 posti letto in strutture protette ad oggi questi posti sono 9, ogni paese dovrebbe dotarsi di una linea di aiuto attiva 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ad oggi questo numero in Ticino esiste ma è attivo poche ore al giorno, non esistono poi possibilità di chiedere aiuto online o tramite i social media, non esistono strutture attive capillarmente sul territorio per chieder aiuto e essere ascoltate, non esiste un codice rosa nei pronto soccorsi che permetta alle vittime di violenza di avere un trattamento particolare. Chi poi vuole fuggire da una situazione problematica non può contare su nessun sostegno economico immediato e straordinario.
In fine dei conti siamo di fronte alle solite dichiarazioni di principio senza che a queste segua una concreta azione politica e senza soprattutto che vengano messe a disposizione risorse finanziarie per poter avere una seria politica di protezione delle vittime. Su questo il governo è stato chiaro: le risorse a disposizione sono quelle che già messe in campo e non è possibile aumentarle. Addirittura le poche risorse a disposizione verranno utilizzate per convincere gli uomini violenti a seguire dei corsi di sostegno per evitare che possano ripetere questi comportamenti o per introdurre i braccialetti elettronici che non hanno nessuno scopo preventivo ma solo “dissuasivo” ….
A beneficiare quindi dell’intervento saranno ancora una volta gli uomini e non le vittime per le quali non si prevede appunto di investire nulla. Ancora una volta sull’altare della riduzione della spesa devono essere sacrificate le donne e le vittime, dimostrazione che per il nostro governo la vita delle donne non vale poco più di nulla. Di fronte a questa situazione è necessario che il movimento femminista continui a mobilitarsi e a far sentire la sua voce nelle strade, nelle piazze e in ogni luogo affinché venga portata avanti una vera politica di protezione delle donne e di prevenzione della violenza di genere.

Print Friendly, PDF & Email