Il recente annuncio della vendita delle case popolari del Rione Madonnetta a Lugano solleva diverse importanti problematiche. Una di queste rinvia alla politica sociale in materia di alloggi da parte della città di Lugano. Una delle critiche mosse contro il Polo Sportivo e delle Eventi (PSE) metteva in relazione l’ingente investimento che la città assumerà nei prossimi anni – l’intera operazione avrà un costo complessivo di 450 milioni di franchi – e l’urgenza sociale di avviare un’importante e reale politica sociale in materia di alloggi accessibili ai redditi medio bassi. Il timore è che la prima operazione (e le altre già annunciate) toglierà risorse fondamentali alla seconda, rendendo di fatto impossibile la sua realizzazione.
La vendita del Rione Madonnetta è un segnale in questo senso. Prima di tutto va detto che a Lugano, per quanto riguarda il patrimonio immobiliare pubblico, dal 1° gennaio 2021 non esistono più appartamenti sussidiati. Il secondo aspetto, ancora più decisivo, è che il Comune e la Cassa Pensione di Lugano (CPdL) stanno realizzando un vasto processo di svendita di immobili pubblici che dovrebbe costituire la dorsale di una politica sociale in materia di alloggi.
Nel caso della CPdL la situazione è chiara. Le entrate per pigioni dirette raggiungevano a fine 2016 la cifra di 12,604 milioni di franchi, scesa a 7,187 a fine 2020[1]. Questo perché la CPdL ha avviato un potente processo di vendita d’immobili, tutti edifici popolari. Nei fatti, la stragrande maggioranza di questi immobili sono serviti come “apporti in natura” per poter entrare in tre fondi d’investimento immobiliari privati. Ciò significa che la redditività non sarà più assicurata dalla proprietà diretta di questi immobili ma dai profitti che i diversi fondi realizzeranno sul mercato immobiliare privato. Queste operazioni sono state avviate in concomitanza con la progressiva fine dei sussidi federali e cantonali, ciò che ha permesso la transazione da affitti calmierati (accessibili) verso affitti da “libero mercato”, quindi più elevati. Ovvio, i difensori di questa scelta diranno che la CPdL non deve occuparsi di politica sociale (peccato che la maggior parte degli immobili venduti è stata costruita o acquistata dalla stessa cassa a partire dal 1941…), ma deve garantire la massima redditività ai propri assicurati. I fatti dicono, però, che sul il periodo 2012-2017, il reddito netto, malgrado investimenti di miglioria e di manutenzione straordinarie (!), è stato mediamente del 3,79%. Una redditività interessante, costante e sicura. È vero che oggi la redditività dei fondi d’investimento immobiliari nei quali si è invischiata la CPdL è più elevata. Ma chi ci assicura che in un futuro, anche vicino, il mercato immobiliare privato sarà ancora in grado di assicurare questo tipo di redditività? Paradossalmente, il settore degli immobili a pigione sociale costituisce un “mercato” sicuro, come ha confermato anche il Municipio di Lugano a proposito delle Case popolari Tami in Via Trevano: «in considerazione della tipologia particolare di questi immobili, ovvero a carattere sociale con pigioni molto basse, (…) vi è (…) da rilevare che non vi sono mai appartamenti sfitti poiché la richiesta di questo oggetti è molto alta»[2]. Invece d’investire su questa evidenza, la CPdL ha venduto nel 2017 gli stabili del “Quartiere Ronchetto”, la Casa Resega, nel 2018 gli stabili di Via Industria 10-26 a Pregassona e, qualche giorno fa, gli immobili del “Rione Madonnetta”, tutti alloggi popolari. In sostanza, dal 2017, sono stati alienati 381 dei circa 770 appartamenti di proprietà della CPdL! Una politica decisa e attuata dopo che lo “Studio sull’alloggio a Lugano”, presentato nel 2013 su commissione del Municipio, stabiliva che «ad oggi la situazione a Lugano non è allarmante, ma diversi indicatori mostrano che già a medio termine vi potrebbe essere una mancanza di alloggi a pigione sostenibile; (..) determinante per garantire un’offerta sufficiente di alloggi a pigione sostenibile è il mantenimento – con rinnovo – degli alloggi esistenti attualmente caratterizzati da prezzi accessibili»[3]. È evidente che ormai la situazione sia diventata allarmante…
Per quanto riguarda il Comune di Lugano, essa è proprietario di 17 immobili abitativi con 334 appartamenti su 10’392 edifici a uso abitativo registrati nel 2020 sul territorio cittadino (Ustat). Con un patrimonio immobiliare così rachitico appare assolutamente irrealista l’obiettivo prefissato nello studio citato in precedenza: «per avere un mercato dell’alloggio sano è necessario disporre di un’offerta di alloggi di utilità pubblica costante nel tempo. Si ritiene che questo debba corrispondere a circa un quarto dell’offerta complessiva di alloggi in affitto»[4]. E nonostante che già prima del 2013 il «livello delle pigioni [fosse] in crescita costante, contrariamente alle entrate delle economie domestiche»[5], alla scadenza progressiva negli anni dei vari sussidi, il comune di Lugano non ha esitato ad aumentare gli affitti. È così, oggi un appartamento di 2,5 locali (55m2) nello stabile di Via Fusoni 9, costa 1’360 franchi al mese e uno di 4,5 locali (106 m2) ben 1’970 franchi…
In conclusione, appare evidente che a Lugano non esista alcuna politica degli alloggi. Anzi, si sta operando alacremente nel senso contrario. La CPdL ha abbattuto brutalmente il suo patrimonio immobiliare fatto di appartamenti popolari, privilegiando le partecipazioni in fondi d’investimento che agiscono ad ampio raggio, ridimensionando fortemente un legame con il territorio che era anche il riflesso di una certa funzione sociale, che vedeva la cassa pensione investire i propri capitali in immobili con pigioni moderate. Si univa così l’obiettivo della redditività a quella di una certa utilità sociale. Il Comune ormai si sta dissanguando in operazioni immobiliari costose, tese a soddisfare prioritariamente gli interessi privati, che toglieranno qualsiasi base materiale per avviare anche solo un simulacro di politica sociale degli alloggi. Senza parlare dell’ancora più scarsa volontà politica di agire in questa direzione. In mezzo, gli abitanti dei palazzi del Rione Madonnetta che dovranno prepararsi a un’altra battaglia: evitare che il “libero mercato” delle pigioni dissangui ulteriormente i loro redditi. E con loro il 18,6% dei nuclei familiari luganesi che senza le prestazioni sociali non raggiungeva, nel 2016, il minimo vitale…
[1] E dal 2022 mancheranno altre centinaia di migliaia di franchi a causa della vendita degli immobili del “Rione Madonnetta”.
[2] Risposta del Municipio del 15 novembre 2018 all’interrogazione no. 994 “Case popolari Tami in Via Trevano e gestione immobiliare della Cassa Pensione”.
[3] Città di Lugano, Studio sull’alloggio a Lugano. Rapporto finale, novembre 2013, p. 55.
[4] Idem, p. 47.
[5] Idem, pp. 1-2.