Abbiamo già pubblicato una versione estesa delle ragioni che ci hanno spinto a respingere l’emendamento presentato dal governo (non da Manuele Bertoli) in merito alla sperimentazione sui livelli in terza media. Forse a molti sarà sfuggito che non vi era in discussione e in votazione l’abolizione dei livelli, ma una limitata e misera proposta di sperimentazione che avrebbe creato più problemi di quanti pretendeva di (eventualmente) risolverne. Qui di seguito ne riproponiamo una versione sintetica che permette a tutte e tutti di cogliere le ragioni della nostra opposizione.
Non ci siamo pronunciati, come qualcuno ama ripetere per spirito polemico, contro il superamento dei livelli, “condannando la scuola ticinese all’immobilismo” o altre amenità di questo genere; ci siamo pronunciati invece contro un progetto di sperimentazione fatto male, calato dall’alto, inviso alla stragrande maggioranza dei docenti, sottolineando alcune criticità del progetto che mettevano in dubbio la sua riuscita. Con conseguenze pesanti, quelle sì definitive e negative.
Non abbiamo quindi votato contro una proposta “progressista” (e nessuno ci ha spiegato in cosa consisterebbe), ma in una proposta del governo che vuole mantenere l’essenziale dell’attuale ordinamento della scuola media, concedendo solo qualche aggiustamento che non permetterà di superare né gli attuali problemi (e sono numerosi e vanno ben al di là dei livelli) della scuola media, né quelli che da questo cattivo funzionamento derivano a valle, sia nel settore della formazione professionale che in quello del settore medio superiore. (Red)
1. Il progetto messo in consultazione e la sua sperimentazione non affrontavano uno dei nodi centrali dei livelli, vale a dire quello del passaggio dalla scuola media alle scuole post obbligatorie. È qui infatti che il sistema dei livelli mostra i suoi limiti più grandi. Una vera riforma del sistema dei livelli non può quindi essere fatta senza ripensare anche il sistema di passaggio dalla scuola dell’obbligo a quella superiore.
2. Il progetto non affrontava nemmeno la questione dei livelli in quarta media che sarebbero rimasti; questo avrebbe generato delle difficoltà, per esempio nel passaggio dal livello B a quello A che avrebbe dovuto avvenire sulla base di una valutazione di soli pochi mesi.
3. Il progetto, inoltre, non prevedeva o non chiariva come sarebbero stati modificati i piani di studio e gli obiettivi didattici e pedagogici in terza e quarta media. Una modifica dell’organizzazione delle materie necessita evidentemente un aggiornamento dei piani di studio, la creazione di nuovi materiali e supporti didattici che non poteva avvenire in pochi mesi.
4. L’organizzazione dei laboratori avviata in prima e seconda è ancora in fase “sperimentale” e avrebbe bisogno di un periodo più lungo per essere valutata. Pone però già oggi (con i laboratori in prima e seconda) una serie di problemi strutturali legati soprattutto all’assenza di docenti formati nelle materie oggetto dei laboratori (matematica e tedesco). Alle scuole medie ci sono attualmente parecchie persone ad insegnare matematica e tedesco senza avere i titoli per farlo (i cosiddetti incarichi limitati). Questi/e docenti beneficiano di una supervisione da parte degli esperti di materia e alcuni momenti di formazione. È possibile quindi affidare un cambiamento di tale portata (introduzione dei laboratori anche in terza) a chi (per lo meno in buona parte) non ha ancora i titoli per insegnare?
5. Ci sono poi dei problemi legati alla sperimentazione in sé. Avremmo dovuto votare una sperimentazione senza sapere quali sedi sarebbero state coinvolte, ma, soprattutto, senza sapere quali sarebbero stati i criteri per poi valutare o meno la riuscita dell’operazione. Oltre al fatto di non sapere chi avrebbe proceduto a questa valutazione (il precedente della valutazione della Scuola che verrà – dove il DECS era di fatto sperimentatore e giudice della sperimentazione – non lasciava presagire nulla di buono…). A meno di non prendere alla lettera le opinioni del capo del DECS che, nel dibattito parlamentare, ha già anticipato la sua fiducia su un buon risultato della sperimentazione…
In questa fase sarebbe stato più opportuno avviare una riflessione più ampia e articolata per applicare un modello maggiormente condiviso. Le scuole in questi ultimi anni sono state confrontate con numerosi cambiamenti (introduzione del nuovo Piano di studio, introduzione dei laboratori in seconda media, nuovi mezzi digitali, …). Senza dimenticare che sono stati sottoposti a molte sollecitazioni dovute alla pandemia (insegnamento a distanza, gestione delle quarantene, gestione del disagio dei ragazzi ecc.): una situazione che ha portato ad un aumento del carico di lavoro per docenti e direzioni e delle aspettative nei loro confronti. Non ci sembrava il caso di proporre ulteriori richieste di cambiamento soprattutto se non condivise e non supportate da una reale discussione.
Questa vicenda mostra per l’ennesima volta la necessità di aprire una reale discussione sul futuro della scuola, a cominciare dalla scuola media; una discussione che deve coinvolgere in primis le componenti della scuola che devono poter mettere a confronto idee e proposte e non solo essere chiamate ad esprimersi su questo o quel progetto…a scatola chiusa.
Un dibattito del quale c’è sempre più urgenza e necessità e che non deve coinvolgere solo la questione dei livelli, ma deve toccare tutte le questioni legate alle condizioni di lavoro e di insegnamento (l’attrattività della professione, il carico di lavoro, la digitalizzazione, l’edilizia scolastica, ecc.…) Questioni che non possono essere risolte con facili scorciatoie come quelle proposte dal Dipartimento e nemmeno a suon di iniziative popolari.