La Regione di oggi dedica un commento alla confusione che regnerebbe tra i deputati di fronte a proposte come quella che il mio partito, l’MPS, ha presentato ieri teso a superare il limite dei 40 anni per avere il diritto ai sussidi di studio e di riqualificazione professionale, portandolo a 62 anni. Questa proposta che, a sorpresa, il Parlamento ha accolto viene considerata, seppur condivisibile, esasperata e confusionaria.
Ora una simile affermazione contrasta con quanto, giornalmente, ci viene raccontato. E cioè che le persone si devono abituare a riqualificarsi durante tutta la loro carriera lavorative, che non esistono limiti di età per fare questo: corollario di questi ragionamenti, soprattutto da parte dei partiti borghesi, l’idea che la vita lavorativa debba essere allungata, aumentando l’età di pensionamento e incoraggiando gli anziani ad “essere attivi” più a lungo.
A rincuorarci nella giustezza della nostra proposta è stata proprio la stessa Regione di ieri che, a pagina 22, pubblica una lettera di una signora di 53 anni che si qualifica “di bella presenza,
educata, gentile, onesta, con grande senso del dovere”. La signora racconta l’umiliazione e le difficoltà legate alla sua età e alla mancanza di un certificato di formazione adeguato (pur avendone uno di assistente di farmacia ed aver lavorato per 35 anni in diversi ambiti, come impiegata di commercio (ottenendo delle ottime qualifiche).
Lo scorso anno si era pavesata la possibilità di un’occupazione per 4 mesi al 50% presso l’Amministrazione cantonale. Alla fine si è vista rifiutare la propria candidatura “perché non avevo il diploma d’impiegata di commercio!”. Così, a 53 anni dovrà continuare ad essere disoccupata.
La signora, amaramente, conclude di sentirsi “umiliata e presa in giro. Le autorità continuano a dire che aiutano le persone ultracinquantenni a trovare un impiego. Frottole!”
Non so se la nostra proposta non fosse ben formulata e non so se il Parlamento (e magari anche la Regione) l’ha ritenuta, pur approvandola, provocatoria.
So però, e questa testimonianza è solo una di quelle che ricevo ogni giorno, che vi è un problema grande come una casa di formazione e riqualificazione professionale al quale la classe politica, da anni, non risponde e che va a colpire soprattutto i lavoratori e le lavoratrici in età avanzata.
È al dolore di queste persone (e sono tantissime) che abbiamo pensato formulando il nostro emendamento. È alla necessità di permettere anche a una lavoratrice disoccupata di 50 o 55 anni di tentare la via della formazione professionale in ambito sanitario: rispondendo così a un bisogno individuale, ma anche contribuendo a rispondere a un bisogno di personale di cura che è, ormai da tempo, una necessità collettiva alla quale la classe politica non ha mai risposto e tenta di farlo ora, con ritardo e in modo insufficiente.
*articolo apparso sul quotidiano La Regione, venerdì 25 febbraio 2022