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Il 24 febbraio 2022, l’esercito russo ha invaso l’Ucraina. Le relazioni internazionali non saranno più le stesse. Mentre l’esercito russo prende di mira l’intero territorio dell’Ucraina, il suo obiettivo politico rimane poco chiaro.

Qual è l’obiettivo politico dell’invasione russa dell’Ucraina? I lunghi preparativi militari e la portata delle operazioni rendono chiaro che gli obiettivi della Russia non sono limitati alle due “repubbliche secessioniste” di Donetsk e Lugansk. Per capire cosa la Russia intenda ottenere con questa invasione, bisogna tornare al discorso di Putin del 21 febbraio, nel quale ha di fatto negato il diritto dell’Ucraina alla sovranità in quanto Stato indipendente [1]. L’obiettivo dell’operazione russa è quindi quello di innescare un cambiamento di regime attraverso un’invasione militare e condurre l’Ucraina sotto il dominio russo.

Le relazioni internazionali non saranno più le stesse anche perché le operazioni militari russe non sono paragonabili a quelle del 2014, quando la Russia ha annesso la Crimea e creato uno stato di guerra permanente nel Donbass. Né possiamo paragonare l’attuale invasione alla guerra russo-georgiana del 2008, quando l’esercito russo avrebbe potuto avanzare a Tbilisi e rovesciare Mikhail Saakashvili, ma si è astenuto dal farlo. Oggi, l’invasione russa dell’Ucraina mira al dominio totale. È paragonabile all’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003, con risultati catastrofici.

Per analizzare la crisi attuale, è necessario distinguere tra due livelli di conflitto: le relazioni russo-statunitensi e quelle russo-ucraine. L’attuale conflitto in Ucraina è il risultato di due “peccati originali“. Il primo è la decisione degli Stati Uniti, sotto la presidenza del democratico Bill Clinton nel 1993, non solo di preservare la NATO – un’alleanza militare formata per contrastare l’Unione Sovietica (URSS) – ma anche di espanderla verso Est. Altre alternative, come lo smantellamento della NATO, la ricerca di un’architettura di sicurezza comune in Europa, compresa la Russia, sono state ignorate. Ad un certo punto, questa infinita espansione militare ad Est era destinata a scontrarsi con la resistenza russa. Perché ora? Perché la Russia si sente sicura dopo le sue massicce riforme militari dal 2008, le sue campagne militari “di successo” in Cecenia, Georgia, Siria, Libia e altrove; ma anche perché la Russia, con il suo esercito di milioni di effettivi, ha una potenza militare dominante nel teatro europeo.

A un certo livello, questo conflitto riguarda una grande potenza che si rivolge a un’altra grande potenza: quando Putin ha formulato le proprie richieste, il 17 dicembre 2021, per ricondurre la NATO alle sue posizioni del 1997, non si rivolgeva a Kiev o a Bruxelles, ma a Washington. Putin parlava a Biden con lo stesso linguaggio del potere egemonico: ricacciare indietro i confini geopolitici dell’Europa orientale, semplicemente perché la Russia ha ora i mezzi per farlo, un comportamento assai simile a quello degli Stati Uniti negli anni ’90.

Ma c’è un altro livello di analisi, quello delle relazioni russo-ucraine; e qui il secondo “peccato originale” è stato commesso dalla Russia nel 2014 nel contesto della rivoluzione “Euromaidan“. L’Ucraina è uno stato grande ma fragile. La sua composizione interna – una grande popolazione russofona nell’est e nel sud e una popolazione filo-occidentale in Galizia – ma anche la sua situazione geopolitica tra la Russia da un lato e la NATO e l’Unione europea dall’altro, hanno costretto l’Ucraina a un atto di equilibrio. Abbiamo già visto questo atto di bilanciamento nel 2004, quando dopo la “rivoluzione arancione” il candidato filorusso, Victor Yanukovych, è tornato al potere. Anche dopo Euromaidan, la possibilità di ricreare l’equilibrio tra la Russia e l’Occidente era reale. Questa possibilità è stata distrutta dall’annessione russa della Crimea e dalla guerra nel Donbass. Dopo il 2014, nessun leader ucraino avrebbe potuto scendere a compromessi con la Russia, tanto meno esprimere posizioni filorusse. Le azioni russe hanno spinto l’Ucraina verso ovest e la sua politica interna verso un nazionalismo definito anti-russo.

L’invasione alla quale stiamo assistendo oggi consoliderà l’identità ucraina in termini nazionalistici, segnando la rottura definitiva tra l’identità ucraina e quella russa. Si tratta di un processo doloroso, iniziato nel 2014 e che comporterà rotture nel tessuto sociale non solo dell’Ucraina, ma anche della Russia.

Insicurezza europea

Resta da vedere se Putin riuscirà a ottenere ciò che vuole dall’Ucraina attraverso l’invasione militare. In ogni caso, dal punto di vista delle relazioni con gli Stati Uniti, la NATO e l’Europa, sarà un disastro. La crisi ucraina degli ultimi mesi ha rivelato un “Occidente” molto diviso: da un lato, gli USA preoccupati soprattutto di quanto succede altrove – nella regione del Pacifico e alle prese con problemi di politica interna – e per questo del tutto impreparato ad affrontare la Russia in Ucraina. Il presidente americano Biden, che più di una volta ha annunciato come imminente l’invasione russa, ha comunque pure chiarito che gli Stati Uniti non avrebbero inviato le loro truppe a difendere l’Ucraina. In Europa, alcuni dei vicini della Russia, come la Polonia e gli stati baltici, temendo il riemergere della Russia, hanno tradizionalmente adottato una linea dura verso Mosca. Ma i principali stati dell’UE, come Germania, Francia e Italia, hanno sempre puntato a relazioni normali e a risolvere i problemi di sicurezza della Russia attraverso la via diplomatica. Questa terza via è ormai sconfitta.

L’invasione militare russa del 24 febbraio segna la fine degli sforzi di Emmanuel Macron e Olaf Scholz. La Russia, dopo aver consolidato il nazionalismo ucraino, contribuirà consolidare la NATO ai suoi confini. Dopo aver raggiunto il minimo storico di 70’000 soldati, gli Stati Uniti potrebbero ridispiegare nuove forze militari in Europa. I paesi dell’UE, timorosi della Russia, aumenteranno le loro spese militari. Mentre l’attuale conflitto potrebbe far salire i prezzi del petrolio e del gas, i paesi dell’UE cercheranno alternative all’energia russa. L’Occidente imporrà anche dure sanzioni economiche e finanziarie alla Russia. Se Mosca, con i suoi oltre 600 miliardi di riserve, può resistere alla pressione finanziaria, non facciamoci illusioni sull’impatto catastrofico della guerra e delle sanzioni sull’economia mondiale, gravemente handicappata dopo due anni di pandemia.

Ma saranno soprattutto l’Ucraina e il popolo ucraino a soffrire di più. L’Ucraina è uno dei paesi che vive una delle condizioni più tragiche in Europa, soffrendo immensamente nel corso della sua storia. Nacque come stato indipendente dagli orrori della prima guerra mondiale, alla quale fece seguito la guerra civile russa che causò milioni di morti. Durante la collettivizzazione forzata delle terre imposta da Stalin nel 1932-33, l’Ucraina subì una carestia di massa, nota con il nome di Holodomor, che portò alla morte per fame tra i “7 e i 10 milioni” di persone. Durante la seconda guerra mondiale, le forze di occupazione naziste utilizzarono milioni di ucraini come schiavi, sterminarono gli ebrei ucraini e altre minoranze, mentre alcune delle più feroci battaglie tra le forze di occupazione tedesche e le truppe sovietiche ebbero luogo in Ucraina. Le perdite ucraine durante la seconda guerra mondiale sono state stimate tra i 5 e i 7 milioni. Il crollo dell’Unione Sovietica è stato molto doloroso per l’Ucraina; un indicatore riassume la sua immensa sofferenza: la popolazione ucraina è scesa da 52 milioni al momento del crollo dell’URSS nel 1991 agli attuali 43 milioni. Oggi, l’Ucraina è ancora una volta una vittima.

La Russia può avere legittime preoccupazioni di sicurezza rispetto alla NATO. Ma esiste una legge al mondo che neghi all’Ucraina e agli ucraini il loro legittimo diritto alla sicurezza, alla dignità e all’indipendenza?

* *Vicken Cheterian è un giornalista e scrittore nato in Libano, che insegna relazioni internazionali alla Webster University di Ginevra. Questo articolo è apparso sul sito alencontre.org. il 24 febbraio 2022. La traduzione in italiano è stata curata dal segretariato MPS.

[1] Il grande sciovinismo russo di Putin è evidente nella sua “ricostruzione storica”. Sabine Dullin, professore di storia contemporanea a Sciences Po (France Culture, 22 febbraio), ha giustamente fatto notare la vicinanza del suo approccio a quello di Alexander Solzhenitsyn. Nel 1990, Alexander Solzhenitsyn aveva pubblicato il libro Come riorganizzare la Russia. “In questo libro, la Russia corrisponde all’Ucraina, alla parte occidentale del Kazakistan che è piuttosto russofona, alla Bielorussia e alla Russia. Tutto il resto non appartiene di fatto al cuore della nazione russa”, ha spiegato la studiosa. Putin è assai vicino, questo punto di vista, a Solzhenitsyn (nota a cura della redazione di alencontre).