Qualche giorno fa abbiamo pubblicato un breve articolo sulla politica pubblica a Lugano (città e cassa pensione della città) in materia di alloggi a pigione moderata. Una politica che, di fatto, tende al minimo, malgrado le richieste e i bisogni (La rinuncia di Lugano agli immobili abitativi popolari… * MPS – Movimento per il socialismo (mps-ti.ch). Pubblichiamo qui un documento più ampio che analizza nel dettaglio la situazione. (Red)
La vendita del parco immobiliare del Rione Madonnetta a Molino Nuovo, di proprietà della Cassa Pensione della Città di Lugano (CPdL) può essere un punto di partenza per diverse riflessioni.
Innanzitutto, questa scelta ci obbliga ad analizzare la nuova politica della cassa pensione cittadina in materia di gestione del portafoglio immobili. La progressiva riduzione del patrimonio immobiliare diretto costituito essenzialmente da edifici popolari ha ripercussioni sul mercato dell’alloggio cittadino, in particolare nel segmento sottorappresentato degli alloggi a pigione moderata o, comunque, affittati a un livello inferiore a quello del mercato. Con elevata probabilità, questi alloggi popolari subiranno un aumento dei prezzi dopo la loro scontata ristrutturazione, rarificando ulteriormente l’offerta di appartamenti accessibili alle fasce della popolazione a basso o medio reddito. Dietro la politica di dismissione di immobili di proprietà diretta operata dalla CPdL a partire dal 2017, si nasconde un ulteriore processo di “finanziarizzazione” del patrimonio previdenziale: si vendono gli immobili in cambio di partecipazioni azionarie in fondi d’investimento immobiliari che agiscono ad ampio raggio, ridimensionando fortemente un legame con il territorio che era anche il riflesso di una certa funzione sociale che vedeva la cassa pensione investire i propri capitali in immobili a pigione moderata. Si riusciva in questo modo a coniugare redditività e, in qualche misura, utilità sociale. E si trattava di un investimento sicuro, nella misura in cui il bisogno sociale di appartamenti a pigione moderata, in certi casi anche sussidiati, costituisce – e in futuro ancora di più – una quota di mercato che non subisce erosioni; anzi potrebbe essere allargata in maniera importante.
Il 15 novembre 2018, rispondendo all’interrogazione no. 994 “Case popolari Tami in Via Trevano e gestione immobiliare della Cassa Pensione”, il Municipio di Lugano osservava che «in considerazione della tipologia particolare di questi immobili, ovvero a carattere sociale con pigioni molto basse, si ritiene la manutenzione degli appartamenti sufficiente, infatti gli alloggi sono perfettamente idonei all’uso come previsto dal diritto di locazione. Evidentemente si tratta di edifici datati nei quali mancano certi confort. Vi è comunque da rilevare che non vi sono mai appartamenti sfitti poiché la richiesta di questi oggetti è molto alta»[1].
La politica della CPdL deve poi essere analizzata in collegamento con quella condotta direttamente dal Comune di Lugano. In questa prospettava, entrambe le istituzioni stanno dimostrando un totale disinteresse per quanto riguarda la risposta urgente e importante a un bisogno sociale crescente: una politica dell’alloggio che sostenga con forza i redditi medio e bassi.
La dicotomia fra i bisogni sociali urgenti e le risposte delle istituzioni cittadine andrà allargandosi a causa della politica d’investimenti assurda adottata in questi ultimi anni. Il sostegno attivo dato alla speculazione immobiliare – come anche quello indiretto rappresentato dall’accettazione di qualsiasi progetto edile privato – a cominciare ovviamente dal Polo Sportivo e degli Eventi – impedirà con tutta probabilità lo sviluppo materiale di una politica sociale degli alloggi a Lugano. Anzi, è probabile che nei prossimi anni assisteremo a un’altra ondata di svendite del patrimonio immobiliare collettivo da parte del Municipio di Lugano. Alcuni segnali sono emersi chiaramente durante la campagna di votazione sul PSE.
Il problema principale, però, è politico. La maggior parte dei partiti cittadini non sembra interessata ad intervenire (al di là di qualche rituale dichiarazione) su questa materia sociale fondamentale. Invece di promuovere un modello futuro di città al cui centro ci siano le famiglie di salariati (centrato sui loro bisogni e interessi) e, quindi, il Lavoro, sembrano impegnati a sostenere interessi privati il cui unico obiettivo è quello di accrescere la ricchezza di un pugno di possidenti. Sostanzialmente il loro sguardo miope è ancora rivolto alla Lugano del segreto bancario, dei soldi facili portati su scala industriale da evasori internazionali.
La Cassa Pensione delle città di Lugano (CPdL) e la sua nuova politica immobiliare
Fino a inizio 2017, la CPdL possedeva 16 immobili (15 a Lugano e 1 a Bellinzona) e 2 due terreni edificabili, per un valore (sottostimato) di 253,1 milioni di franchi. Fino a inizio 2017, la CPdL incassava 12,6 milioni di franchi all’anno sotto forma di pigioni dirette, derivanti dal suo parco immobili. Sempre fino al 2017, la CPdL possedeva e gestiva circa 770 appartamenti. La stragrande maggioranza era formata da alloggi popolari, alcuni sussidiati e altri a pigione moderata. E, naturalmente, si collocavano nei quartieri più popolosi della città, attorno al quartiere di Molino Nuovo. Durante il periodo 2012-2017, il reddito netto, compresi investimenti di miglioria e di manutenzione straordinarie, è stato mediamente del 3,79%. Una redditività interessante, costante e sicura.
A inizio 2017 diventa evidente il punto di rottura nella politica immobiliare della CPdL, la quale, dal 1941, aveva avviato un lento ma progressivo impegno, tramite acquisizioni e realizzazioni, nell’edilizia “popolare” a Lugano. Il punto di rottura si concretizza nella più classica inversione di rotta: la CPdL inizia a vendere alcuni dei suoi immobili popolari più importanti. Il 3 marzo 2017 appunto, è ceduto il “Quartiere Ronchetto”, 6 palazzi per complessivi 156 appartamenti, più alcuni spazi commerciali. Il Quartiere Ronchetto è stata la prima realizzazione diretta nell’edilizia popolare da parte della CPdL. Iniziato nel 1965, sarà concluso nel 1969, offrendo appartamenti sussidiati. Il 28 novembre 2017, è ceduta la Casa Resega di Via al Chiosso 9 a Porza, edificata nel 1980 e acquistata successivamente dalla CPdL, dotata di 20 appartamenti. A dicembre 2018, è il turno degli immobiliti di Via Industria 10-26 a Pregassona, operazione realizzata dalla CPdL e terminata nel 1993. Gli stabili offrono complessivamente 126 appartamenti popolari. Infine, notizia recente, la CPdL ha deciso di cedere il Rione Madonnetta di Molino Nuovo, in via Marco da Carona/Via Ferri. Costruiti nel 1948 dalla Cooperativa Rione Madonnetta e acquistati nel 1949 per 1,75 milioni di franchi, gli stabili di questo complesso offrono 79 appartamenti.
Tutto questo significa che in cinque anni la CPdL ha alienato 381 appartamenti popolari dei 770 posseduti, una riduzione del 49,48% del proprio portafoglio immobili!
È evidentemente sintomatico che come questa politica sia stata avviata anche in concomitanza con la progressiva fine dei sussidi per gli alloggi, finanziati dalla Confederazione e dal Cantone, permettendo dunque un “adeguamento” da prezzi calmierati (bassi) verso prezzi più elevati adeguati al “libero mercato”. A Lugano, per quanto riguarda il patrimonio immobiliare pubblico, dal 1° gennaio 2021 non esistono più appartamenti sussidiati. È così che un appartamento sussidiato di 4,5 locali degli stabili di Via Industria a Pregassona è passato, a metà 2018, da 1’378 a 1’703 franchi mensili, per progressivamente toccare i 1’903 franchi, 2’308 con le spese accessorie e l’autorimessa. Colpiti da questo aumento sono stati 60 inquilini su un totale di 124[2]. Anche nell’immobile in Via Beltramina, che conta 117 appartamenti, le pigioni sono aumentate da quando sono terminati i sussidi federali (30.09.2020), interessando 69 inquilini. L’aumento delle pigioni in questo caso si colloca tra i 350 e i 400 franchi mensili[3]. Il comune di Lugano non si comporta molto differentemente: un appartamento di 2,5 locali (55m2) nello stabile di Via Fusoni 9, costa 1’360 franchi al mese e uno di 4,5 locali (106 m2) ben 1’970 franchi.
Questo aumento della redditività degli appartamenti popolari pubblici dovuto alla fine dei sussidi ha contribuito a facilitare la politica di dismissione del proprio patrimonio orchestrata da parte della CPdL a partire dal 2017. In sostanza, la stragrande maggioranza di questi immobili è servita come “apporti in natura” per poter entrare in tre fondi d’investimento immobiliari privati. Ciò significa che la redditività non sarà più assicurata dalla proprietà diretta di questi immobili, ma dai profitti che i diversi fondi realizzeranno sul mercato immobiliare privato. Il “Quartiere al Ronchetto” è stato “conferito” al fondo immobiliare svizzero SF Sustainable Property Fund (SFP), mentre gli Stabili Via Industria 10-26 sono stati convogliati, nel 2018, nella Fondazione di Previdenza UBS AST Immobilien Schweiz. Sempre nel 2018, la CPdL ha incrementato gli investimenti indiretti in immobili con una sottoscrizione al fondo immobiliare Baloise Swiss Property Fund. Infine, a gennaio 2022, la CPdL ha “conferito” il “Rione Madonnetta” al fondo d’investimenti privati Patrimonium AG di Baar, diventandone azionista.
Per la CPdL la politica di dismissione del proprio patrimonio immobiliare popolare a pigione moderata o sussidiata si giustifica sulla base dello «studio condotto con la collaborazione di un esperto immobiliare indipendente durante il 2016, volto a integrare in maniera ottimale il comporto immobiliare nelle scelte economiche e aziendali della Cassa, consentendole di realizzare le attese plusvalenze, di diversificare l’esposizione territoriale del portafoglio, di diluire nel fondo gli importanti investimenti necessari e di mantenere l’amministrazione dello stabile»[4]. La giustificazione della “diversificazione dell’esposizione territoriale del portafoglio immobili” è semplicemente ridicola. Con i suoi immobili a Lugano, la CPdL ha sempre realizzato risultati positivi e costanti: dal 2012 al 2020, la media annua del reddito netto derivante dagli immobili diretti è stato del 4,37%. Questo perché la quasi totalità degli immobili erano di carattere popolare, ossia rispondenti a un bisogno/richiesta assolutamente, come vedremo, inesauribile, la cui domanda è destinata addirittura a crescere nei prossimi anni. Non si capisce quindi in cosa consista il “rischio territoriale” continuando a investire all’interno dei confini della città. Invece è assolutamente palese che la volontà della CPdL sia quella di generare “maggiori plusvalenze” anche attraverso minori investimenti (per esempio nella manutenzione). Nei primi 5 anni di partecipazione ai fondi d’investimento immobiliari citati, il reddito medio è stato del 6,03%. Per definizione, però, questi investimenti sono più rischiosi proprio perché cercano la massima redditività senza tener conto di altri parametri sul lungo termine. Bisognerà vedere se proprio sul lungo termine il confronto fra gli investimenti in loco e nel settore degli alloggi popolari sarà perdente rispetto agli investimenti realizzati sul mercato nazionale immobiliare. I dubbi sono più che leciti. Senza dimenticare che gli investimenti negli immobili popolari a Lugano avevano una funzione sociale fondamentale: sostenere in maniera decisiva i bassi e medi redditi, il cui potere d’acquisto è continuamente eroso anche a causa di affitti in costante ascesa.
Il comune di Lugano si illustra per un’assoluta assenza in materia di alloggi sociali…
Contrariamente alla CPdL, il comune di Lugano non ha mai storicamente sviluppato una seria, profilata politica sociale in materia di alloggi. Anzi, si può affermare che si sia limitato a un’azione marginale, tesa a non disturbare minimamente il mercato immobiliare privato. Secondo le ultime cifre pubblicate, il comune è proprietario di 421 edifici. Di questi ben 374 sono amministrativi e solo 17 sono immobili completamente abitativi e offrono 334 appartamenti. Nessuno di questi, lo abbiamo già ricordato, è oggi sussidiato. Più in generale a Lugano non è dato sapere se ci siano ancora appartamenti a pigione moderata. Probabilmente pochissimi e fra questi quelli del Rione Madonnetta. Le ultime cifre a disposizione fissavano, nel 2012, in 950 unità il numero degli alloggi in locazione ancora sussidiati, ossia il 5% del parco alloggi totale in affitto. Sempre nel 2012, la città di Lugano era proprietaria di 342 alloggi a pigione moderata, pari all’1,7% del parco alloggi in affitto. A questi si aggiungevano, per lo stesso periodo, «709 alloggi della Cassa Pensioni della Città di Lugano (CPCL), perlopiù anche a pigione moderata»[5]. In sostanza, tra alloggi sussidi e a pigione moderata, l’offerta sociale in materia di alloggi non superava il 10% del parco alloggi totale. Come vedremo, già all’epoca questa cifra era ampiamente insufficiente. Oggi la situazione si è aggravata senza comune misura: con la fine dei i sussidi federali e cantonali sono crollati verticalmente gli appartamenti socialmente accessibili. Inoltre, la CPdL ha ceduto una fetta degli alloggi a pigione moderata in suo possesso e il comune di Lugano ha “liberalizzato” il prezzo delle sue case popolari adeguandoli ai prezzi di mercato, come dimostrato dai casi citati. Largheggiando, e di molto, si può affermare che gli alloggi sociali a Lugano non superano oggi il 5% del totale delle abitazioni in affitto.
E il futuro appare ancora più nero del presente, caratterizzato – nel migliore dei casi – da un colpevole immobilismo e, nel peggiore, da un sostegno attivo alla diminuzione degli alloggi pubblici a pigione moderata. In questo senso, per esempio, il Municipio si è sempre rifiutato di commentare e d’intervenire sulla politica dalla CPdL, adducendo quale scusa il fatto di non avere «l’autorità di intervenire sugli investimenti della Cassa Pensioni di Lugano, la quale per legge è autonoma. La Cassa Pensioni di Lugano, per poter garantire le prestazioni ai propri assicurati e pensionati, deve ottimizzare gli investimenti, compresi quelli immobiliari»[6]. Scusa piuttosto banale nella misura in cui il comune di Lugano ha un potere d’influenza diretto e indiretto assolutamente determinante sul Consiglio Direttivo, l’organo supremo della CPdL, sia tra i rappresentanti del “datore di lavoro” che fra quelli dei “dipendenti”, sufficiente a determinare, se ci fosse la volontà politica, l’orientamento degli investimenti strategici.
Ma anche per quanto attiene direttamente al suo margine d’azione, il comune di Lugano non ha mai dimostrato un reale interesse a incrementare il proprio impegno in una politica sociale degli alloggi degna di questo nome. Dopo anni di proclami sulla necessità di agire su questo fronte, il Municipio affermava, nel 2019, che «gli obiettivi identificati dalla Città (…) sono i seguenti: favorire l’edificazione di alloggi a pigione moderata; agevolare la realizzazione di alloggi promossi da enti di utilità pubblica; promuovere lo sviluppo centripeto degli insediamenti (per favorire una maggiore densità abitativa in determinati luoghi) e limitare il consumo di risorse; considerare i bisogni di gruppi specifici (es. anziani); salvaguardare le aree verdi; attivare il potenziale di sviluppo del patrimonio edilizio della Città; rafforzare la gestione e il coordinamento delle tematiche relative alla politica dell’alloggio»[7]. Tenuto conto di quanto abbiamo fin qui illustrato, tali affermazioni appiano totalmente dissonanti rispetto ai fatti concreti: le istituzioni pubbliche cittadine hanno chiaramente agito in senso opposto, favorendo l’alienazione di un patrimonio immobiliare popolare che avrebbe dovuto essere la spina dorsale di qualsiasi reale politica sociale nel campo dell’alloggio. Gli annunci tonitruanti vanno commisurati alle scelte politiche effettive. È così, per il momento, la politica per alloggi sociali si limita a qualche progetto per la concessione di diritti di superficie permanenti ai privati con l’obbligo di fornire un numero limitato di appartamenti a pigione moderata. Interventi di facciata, i quali andranno comunque a favore degli investitori privati, totalmente incapaci di rispondere a un problema sociale crescente.
A questa chiara manifestazione di disinteresse politico, l’autorità cittadina non può andare concretamente oltre la cessione dell’usufrutto di qualche terreno pubblico dei pochi che ancora restano in suo possesso. Questo perché lo sviluppo di un reale e importante intervento a livello dell’offerta di alloggi sociali presuppone, considerata l’entità del problema, un consistente piano d’investimenti sia a breve che a lungo termine.
Le autorità politiche comunali hanno scelto invece di favorire un’altra tipologia d’investimenti e di sostenere gli interessi del grande capitale. Il richiamo evidente è al Polo Sportivo e degli Eventi, progetto che drenerà risorse pubbliche pari a 17,2 milioni di franchi per 20 anni, per una spesa complessiva di 450 milioni di franchi. L’implicazione della Città non si limiterà a questo enorme progetto. Infatti, le autorità politiche luganesi hanno previsto la realizzazione di diversi altri progetti milionari sul corto e medio termine: tra investimenti già votati e quelli già pianificati a preventivo, la città di Lugano dovrà assumere il peso di 859 milioni di franchi supplementari nei prossimi anni[8]. E di questa cifra, nemmeno un franco sarà speso per realizzare alloggi sociali.
In questo contesto, è difficile anche solo pensare che le priorità politiche possano cambiare, soprattutto a favore di un intervento sociale deciso in materia di alloggio. Eppure da almeno dieci anni il problema è stato chiaramente delineato. E da allora non ha fatto che crescere.
Il problema esiste, ma non lo si vuole risolvere…
A seguito dell’iniziativa popolare comunale “Per abitazioni accessibili a tutti” lanciata durante il mese di settembre 2012 dal PS, il Municipio di Lugano ha promosso uno Studio sull’alloggio a Lugano, consegnato nel novembre 2013 dalla società Planidea SA. Lo studio, piuttosto interessante, non è stato considerato sulle rive del Ceresio, nonostante abbia fornito dati e proposte sicuramente utili per risolvere il problema dell’alloggio sociale. Analisi che sarebbe oltremodo importante attualizzare.
Il rapporto finale parte dalla semplice constatazione che la maggior parte della popolazione luganese, il 70% del totale, vive in affitto in immobili piuttosto vetusti: «quasi 12’000 edifici non erano mai stati rinnovati, di cui quasi il 60% è stato costruito prima degli anni ’80. (…) Grazie alle analisi relative al rinnovo del parco immobiliare in affitto a Lugano si evince che oltre il 50% di tutti gli alloggi esistenti potrebbe subire dei lavori di ristrutturazione»[9]. Per gli autori dello studio questa situazione immobiliare poteva nascondere dei pericoli di rilievo. Infatti, nei processi di ristrutturazione «succede che venga deciso di disdire il contratto con l’inquilino per successivamente aumentare l’affitto a ristrutturazione avvenuta»[10]. Da qui una prima constatazione decisiva: «un tema fondamentale che è stato altresì approfondito è quello del livello delle pigioni. Si rileva come quest’ultimo sia in crescita costante, contrariamente alle entrate delle economie domestiche»[11]. Se la pigione media di Lugano era simile, nel 2012, a quella nazionale, era per contro molto più elevata[12] rispetto a quella cantonale. Se la pigione media a Lugano era simile a quella nazionale, la mediana salariale era decisamente più bassa a Lugano che a livello svizzero. Lo studio ricordava che nel 2008 il costo dell’alloggio a Lugano si attestava attorno al 25% del reddito mensile per i locatari. Queste proporzioni crescevano per le persone anziane singole e le famiglie monoparentali, ossia quelle economicamente più deboli. Da notare che lo studio calcolava che i bilocali a Lugano erano il 18% degli appartamenti in affitto, mentre i monolocali solo il 7%. A Lugano, nel 2011, si pagavano mediamente 1’223 franchi di affitto netti (senza spese accessorie). A livello cantonale, la zona del Luganese presentava degli affitti medi più elevati di circa l’8%, con il divario più importante di circa il 12% raggiunto dai due locali.
Lo studio tentava, infine, di stabilire il fabbisogno reale a Lugano di alloggi a pigione moderata. Partendo dal dato che quasi il 25% dei nuclei familiari analizzati non raggiungeva il minimo vitale prima delle prestazioni sociali pubbliche, gli autori deducevano, per analogia, come «il fabbisogno di alloggi a pigione moderata a Lugano è correlato al numero di poveri della Città e, quindi, quantificabile nel 25% del totale degli alloggi in affitto»[13]. Appare dunque evidente come già nel 2012 la città di Lugano fosse molto lontana dal rispondere a questa urgenza sociale, con una disponibilità di appartamenti non sottoposti ai prezzi privati di mercato che comunque raggiungeva solo il 10% del totale. La situazione nel frattempo è peggiorata, e di molto. Infatti, nello studio sulla povertà realizzato su mandato del Comune di Lugano e pubblicato nel gennaio 2021, risulta che il 18,6% dei nuclei famigliari cittadini era sotto la soglia di povertà prima dell’intervento statale e il 5% lo era anche dopo questa presa a carico[14]. Se questo tasso di povertà è diminuito, si è invece rapidamente sgretolato, come abbiamo già visto, il numero di appartamenti sussidiati e a pigione moderata, raggiungendo oggi, abbondando nella stima, il 5% del parco immobili in affitto. Quindi, il bisogno di alloggi sociali a basso prezzo è diventato ancora maggiore rispetto al 2012. E se il tasso di povertà fosse aumentato nel 2021, anche a seguito della pandemia, si potrebbe sicuramente parlare di una e vera propria crisi sociale a Lugano in materia di alloggi locativi.
Colpiscono, in questo senso, le conclusioni dello studio del 2012. Vi si può infatti leggere che se «ad oggi la situazione non è ancora allarmante, (…) diversi indicatori mostrano che già a medio termini vi potrebbe essere una mancanza di alloggi a pigione sostenibile»[15]. Abbiamo dimostrato, concretamente, come la soglia di allarme sia già stata ampiamente superata. La seconda conclusione individuava nel «mantenimento – con rinnovo – degli alloggi esistenti attualmente caratterizzati da prezzi accessibili»[16] il fattore determinante per garantire un’offerta sufficiente di alloggi a pigione sostenibile. Anche qui, si è agito esattamente al contrario, vendendo gli alloggi popolari a “prezzi accessibili” detenuti dalla CPdL e adeguando al prezzo di mercato la maggior parte di quelli ancora nelle mani del Comune. Sulla scia di questa affermazione, lo studio aggiungeva che «risulterà fondamentale creare le condizioni per attrarre possibili investitori istituzionali o privati, interessati al mantenimento ed alla realizzazione di alloggi a pigione sostenibile»[17]. Anche in questa direzione, nulla è stato fatto, se non assistere, di fatto assecondandola, alla politica della CPdL di cedere centinaia di appartamenti popolari. L’ultima conclusione dello studio cristallizza perfettamente l’attuale (e passato) completo disinteresse delle autorità politiche cittadine nell’affrontare seriamente la questione degli alloggi sociali: «dalle informazioni raccolte ed analizzate in precedenza, si può quindi giungere alla conclusione che per aver un mercato dell’alloggio sano è necessario disporre di un’offerta di alloggi di utilità pubblica costante nel tempo. Si ritiene che questo debba corrispondere a circa un quarto dell’offerta complessiva di alloggi in affitto»[18]. Dieci anni dopo rimangono solo parole scritte su carta…
[1] Municipio di Lugano, Risposta all’interrogazione n. 994 – “Case popolari Tami in Via Trevano e gestione immobiliare della Cassa Pensione”, 15.11.2018.
[2] Municipio di Lugano, Risposta all’interrogazione n. 947 – “Alloggi a pigione moderata persi?”, 17.01.2019.
[3] Municipio di Lugano, Risposta all’interrogazione n. 1045 – “Via Beltramina: aumento di 400 franchi di affitto al mese a famiglie economicamente deboli? Il Municipio lascia fare ai funzionari della Cassa Pensioni?”, 11.07.2019.
[4] Cassa Pensioni di Lugano, 100° Rapporto di gestione 2017, p. 10.
[5] Città di Lugano, Studio sull’alloggio a Lugano, novembre 2013, p. 8.
[6] Municipio di Lugano, Risposta all’interrogazione n. 947 – “Alloggi a pigione moderata persi?”, 17.01.2019.
[7] Comunicato stampa del Municipio di Lugano, Strategia sull’alloggio della Città di Lugano, prime misure, 19.10.2019.
[8] [8] Ferruccio Unternährer, Lugano, criticità per i 859 milioni di investimenti, La Regione, 23.12.2020.
[9] Città di Lugano, Studio sull’alloggio a Lugano, novembre 2013, p. 19.
[10] Idem.
[11] Città di Lugano, Studio sull’alloggio a Lugano, novembre 2013, p. 55.
[12] «Analizzando però la situazione rispetto ad un periodo più lungo, si evince che dal 2000 al 2010 a Lugano, c’è stato un aumento medio delle pigioni compreso tra 250 e 400 franchi mensili». Cfr. Città di Lugano, Studio sull’alloggio a Lugano, novembre 2013, p. 25.
[13] Città di Lugano, Studio sull’alloggio a Lugano, novembre 2013, p. 27.
[14] Cfr. Comune di Lugano, Misure di lotta alla povertà della Città di Lugano, Divisione Socialità, marzo 2021, p. 17. I dati fiscali usati nella ricerca sulla povertà, giova ricordarlo, sono del 2016. Sarebbe ovviamente interessante avere quelli aggiornati.
[15] Città di Lugano, Studio sull’alloggio a Lugano, novembre 2013, p. 47.
[16] Idem.
[17] Idem.
[18] Idem.