Le Olimpiadi di Pechino sono iniziate ufficialmente il 4 febbraio 2022. Pensa che la scelta della città cinese sia compatibile con la Carta Olimpica e la “filosofia di vita” che vi si difende?
Esattamente tre anni fa, lo svizzero Gianfranco Kasper, allora presidente della Federazione Internazionale di Sci (FIS), membro del CIO dal 2000 al 2018 e poi membro onorario fino alla sua morte nel 2021, affermava a proposito delle Olimpiadi che “le dittature sono in grado di realizzare cose simili, organizzare questi eventi. Non hanno bisogno di rendere conto alla popolazione […]. Per noi con le dittature è tutto più facile. Da un punto di vista economico, preferisco avere a che fare con le dittature, non voglio discutere con gli ambientalisti”. Quest’uomo, così sensibile, stava parlando delle Olimpiadi di Sochi del 2014 e della sua impeccabile organizzazione da parte di Vladimir Putin e la relativa schiera di arresti di membri di ONG ambientaliste, di omosessuali e dissidenti politici. Sochi è stata anche l’apoteosi della distruzione ambientale con bulldozer e cannoni da neve: stravolgimento del paesaggio (400 km di strade, 70 ponti, 12 tunnel, un aeroporto in mezzo alla città), alterazione del corso dei fiumi, neve artificiale… Sochi è ora una città fantasma dove gli impianti sportivi e gli hotel costruiti per l’occasione sono lasciati andare e disabitati. Putin e i suoi amici hanno creato una città artificiale per quindici giorni di competizione e poi l’hanno abbandonata quando il circo bianco se n’è andato.
Con le Olimpiadi invernali di Pechino, il regime dittatoriale di Xi Jinping ha portato l’assurdo a un nuovo livello. Sembrerebbe quasi che la competizione olimpica punti sempre di più a mettere in evidenza l’organizzatore più delirante. A Pechino, con la neve artificiale al 100%, assistiamo alle dichiarazioni del comitato organizzatore che promette Olimpiadi “ecologiche, unificanti, aperte e pulite“.
La scelta di Pechino da parte del CIO è perfettamente in linea con la Carta Olimpica. La Carta è “una filosofia di vita che esalta e combina in un insieme equilibrato le qualità del corpo, della mente e dello spirito. Combinando lo sport con la cultura e l’educazione, l’Olimpismo mira a creare uno stile di vita basato sulla gioia dello sforzo, il valore educativo del buon esempio e il rispetto dei principi etici universali fondamentali”. “Filosofia”, tuttavia, si riferisce, nella sua stessa etimologia, all’amore per la saggezza. Tuttavia, nelle Olimpiadi di Pechino non c’è nulla che abbia a che fare con la saggezza, ma tutto a che fare con l’organizzazione della dismisura, il gigantismo, l’artificiosità generalizzata, per non parlare delle misure di protezione estrema contro il Covid-19, che danno alle delegazioni che arrivano all’aeroporto l’impressione di entrare in un film di fantascienza.
La famosa “bolla sanitaria” è il perfetto contrappunto alle Olimpiadi con le sue barriere di vetro, le camere d’aria, i cancelli e il filo spinato. Entri in un altro mondo con il suo personale robotico, guantato e incappucciato che ti grida ordini mentre ti fa il solletico al naso e alla gola per i test PCR quotidiani. Le Olimpiadi di Pechino e il virus Covid-19 appartengono allo stesso mondo, di cui la Carta Olimpica è la nuova Bibbia.
Il suo recente libro si intitola “2024, le Olimpiadi non si sono svolte“. Auspica che le Olimpiadi di Parigi 2024 non abbiano luogo? Perché?
Le Olimpiadi estive e invernali sono la preparazione, l’organizzazione e la spettacolarizzazione dei corpi degli atleti (una piccolissima frazione professionale della gioventù mondiale). Pierre de Coubertin voleva che l’Olimpismo fosse una “religione” della quale l’atleta è l’apostolo moderno che “esalta il suo paese, la sua razza, la sua bandiera“, rappresentando anche “un’aristocrazia, un’élite […] determinata dalla superiorità fisica dell’individuo“.
Non è la “gioia nello sforzo” che conduce direttamente a spezzare i corpi a causa del sovrallenamento folle, del doping generalizzato (uso di cellule staminali, screening genetico) e dell’integrazione di bambini di quattro e cinque anni nella competizione fin dalla più tenera età? Un servizio della televisione cinese ha mostrato un bambino di undici mesi che non sapeva ancora camminare, ma i cui genitori erano felici di farlo scivolare su una tavola da surf nella speranza di vederlo gareggiare alle prossime Olimpiadi del 2030… La competizione generalizzata tra giovani è un ideale di vita? Tra i paesi? Tra le città?
In che modo la candidatura di Parigi per le Olimpiadi del 2024 è rappresentativa di un’”ondata ideologica”?
Intendo “ideologia” nel senso di qualcosa che viene trasformato nel suo contrario o presentato in modo tale da non riuscire a comprendere la realtà. Lo stesso termine “ideologo” ha assunto una connotazione peggiorativa con Napoleone, che chiamava “ideologi” coloro che gli resistevano. Sì, c’è un’”ondata ideologica” aperta da Parigi 2024. Nel “Dossier di candidatura”, scritto in un gergo spaventoso, scopriamo slogan messi uno dietro l’altro per farci credere che l’Olimpismo genererebbe “universalità“, “diversità“, “amicizia“; l’Olimpismo permetterebbe addirittura di “unire le persone, creare legami tra i popoli […] per costruire un mondo più unito, sostenibile e umanistico“; “Parigi 2024 celebrerà i Giochi in tutta la città, trasformando Parigi in un parco olimpico”. Il CIO sta di fatto privatizzando i luoghi pubblici perché una “legge olimpica e paraolimpica” glielo permette grazie a una cessione di sovranità dello Stato sui suoi edifici. Versailles, il Grand Palais, ecc., stanno passando sotto il controllo della bandiera olimpica e degli sponsor (Alibaba, Coca-Cola, Visa, ecc.).
Nessuno crede più a tutte le sciocchezze della Carta Olimpica, ma essa continua a proliferare perché lo sport agonistico, come ultimo concentrato di ideologia, è ormai l’ultimo progetto di una società senza progetto.
Gli organizzatori delle Olimpiadi stanno pubblicizzando una competizione sportiva che farà progredire la consapevolezza ecologica. Cosa significa questo in pratica?
La consapevolezza ambientale dovrebbe aumentare in modo inversamente proporzionale al danno arrecato all’ambiente dalle Olimpiadi invernali di Pechino (44 metri sul livello del mare…).
I luoghi di gara hanno un clima arido, molto freddo e ventoso; cadono meno di 5 cm di neve all’anno (meno che a Parigi). Ci vorranno quindi 2 milioni di metri cubi d’acqua per produrre “neve” a sufficienza per sciare, fare surf, ecc. su strisce di neve posate sulle cime delle montagne. Si dice che milioni di alberi siano stati spostati per far posto alle strutture olimpiche. I leader cinesi hanno espropriato i contadini di Hebei. Quanto all’impronta carbonica, gli organizzatori non danno cifre…
Quali sono le conseguenze delle Olimpiadi del 2024 per la regione Seine-Saint-Denis? Lei parla di un “laboratorio sportivo”…
Lo Stade-de-France era un assaggio del futuro stadio olimpico. All’epoca si prometteva molto, soprattutto nuovi posti di lavoro. Dal 1998 a Seine-Saint-Denis assistiamo a più disoccupazione, più povertà, più violenza (soprattutto negli ospedali), più mortalità infantile, meno scuole e luoghi di cultura, e sempre più impianti sportivi (stadi, piscine, ecc.) per i quali la popolazione non avrà mai la priorità. Con le Olimpiadi di Parigi 2024 avremo cantieri ovunque con l’obiettivo di “sportivizzare” tutto (scuola, cultura, arte) per una popolazione che si avvicina al proletariato del XIX secolo all’interno di quartieri da cui emergeranno alcune sacche urbane “gentrificate” (il Villaggio degli Atleti, per esempio). Questa popolazione non vota ed è soggetta a consiglieri per i quali lo sport è la sola e unica risposta alla crisi sociale. Questo popolo agisce e vive attraverso gli eventi sportivi che scandiscono la sua vita quotidiana. È questo il futuro?
Pensa che lo sport abbia un ruolo da svolgere al servizio della società?
Lo sport, le sue organizzazioni, compreso il CIO, hanno un ruolo politico, anche se Thomas Bach [presidente del CIO] lo nega. “Non stiamo dicendo che siamo apolitici o non politici. Siamo politicamente neutrali e all’interno di questa neutralità politica cerchiamo di essere all’altezza della nostra missione. […] non prendiamo una posizione politica […] Le cerimonie olimpiche, le gare e il villaggio olimpico non possono diventare teatro di manifestazioni politiche”.
Basterà ricordare che Putin ha invaso la Georgia il giorno di apertura delle Olimpiadi di Pechino nel 2008. Oggi, l’autoritarismo russo si affaccia nuovamente ai confini dell’Ucraina e la pressione cinese è al massimo dell’intensità su Taiwan, che vuole annettere al più presto.
Più indietro nella storia, un mese dopo i giochi invernali di Garmisch-Partenkirchen, tenutisi dal 6 al 16 febbraio 1936 in Germania, cioè il 7 marzo, Hitler mandò le sue truppe a prendere d’assalto la Renania (zona smilitarizzata dopo il trattato di Versailles). I giochi invernali, per così dire, servirono come trampolino di lancio per le Olimpiadi estive naziste e come fase di incubazione per la seconda guerra mondiale. Le dittature, detentrici del pass olimpico, sono sempre in prima linea nella preparazione della guerra, che sanno articolare con la tregua olimpica cara al presidente del CIO Thomas Bach.
*Marc Perelman è architetto e professore di estetica all’Università di Paris Nanterre. Ha pubblicato « 2024, les Jeux olympiques n’ont pas eu lieu » (Les Editions du détour, 2021). In italiano è apparso il suo “Sport barbaro. Critica di un flagello mondiale” (Medusa edizioni 2012). Questa intervista è apparsa sul sito FigaroVox il 4 febbraio 2022. La traduzione è stata curata dal segretariato MPS.