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Pubblichiamo il testo dell’intervento di Luca Torti alla manifestazione del Primo maggio a Bellinzona a nome del Comitato contro la guerra e di solidarietà con la popolazione dell’Ucraina e con chi si oppone in Russia alla guerra di Putin. (Red)

Oggi celebriamo il Primo Maggio, giornata internazionale di lotta e di festa del movimento operaio. Lo facciamo con una tremenda guerra in corso da ormai 67 giorni in Europa. L’esercito russo di Putin ha invaso l’Ucraina, stato sovrano confinante. confinante. 
Questa aggressione ha già causato un numero altissimo di vittime, in gran parte civili, milioni di rifugiati in tutta Europa e la distruzione di intere città e regioni dell’Ucraina, sottoposte a bombardamenti e assedi di inaudita violenza e nel totale disprezzo delle convenzioni internazionali sulla protezione dei civili.
Putin non ha mai fatto mistero del suo rifiuto di considerare l’Ucraina come uno Stato sovrano e indipendente, recuperando per contro una narrazione antistorica sull’Ucraina come parte integrante della Russia e quindi da ricondurre al suo interno.                                                        
Tutto questo condito con argomentazioni assurde circa la necessità di denazificare il Paese e rispondere alle sue continue provocazioni anti-russe.
Quella decisa da Putin è una guerra imperialista!
Dopo l’invasione, la popolazione ucraina ha risposto massicciamente organizzandosi in difesa dello Stato, integrando le forze di difesa e resistendo eroicamente. L’esempio di città come Mariupol lo dimostra.  
Come più in generale lo dimostra la difficoltà crescente incontrata da un esercito tra i più potenti al mondo nel riuscire a raggiungere i suoi obiettivi. Quello che nella strategia di Putin doveva essere una guerra lampo, si è trasformata in una guerra lunga e dall’esito ancora incerto.

A livello internazionale si è sviluppato un forte movimento di solidarietà con il popolo dell’Ucraina, per la fine della guerra, per il ritiro dell’esercito russo da tutti i territori occupati e anche in solidarietà con tutti gli oppositori di Putin in Russia. Le leggi anti-democratiche e il regime poliziesco vigente in Russia rendono quasi impossibile  fare opposizione a questa guerra e le persone rischiano anni di prigione se solo osano parlarne apertamente.  Nonostante questo clima di paura e minacce, sappiamo che una parte importante dell’opinione pubblica russa non approva la decisione di Putin e considera l’aggressione militare contro l’Ucraina un gesto criminale contro un popolo amico.

Queste cittadine e questi cittadini, lavoratrici e lavoratori, devono poter contare sul nostro aiuto e sulla nostra solidarietà.

I sindacati hanno un ruolo importante in questo conflitto.

I sindacati ucraini, che il giorno prima dell’invasione, denunciavano l’imminente invasione, le annessioni illegali della Crimea e alcune regioni del Donbass, le vite umane perse in otto anni di aggressioni militari, i danni immensi causati all’economia dell’Ucraina, la perdita di installazioni industriali e infrastrutture, la fine degli investimenti, la perdita di innumerevoli posti di lavoro e le sofferenze per migliaia di lavoratrici e lavoratori. E chiedevano a tutte le organizzazioni sindacali internazionali, anche svizzere, aiuto e sostegno.

Anche in   Bielorussia i sindacati hanno dimostrato tutto il loro coraggio. Il dittatore Lukasenko, stretto alleato di Putin, ha messo a disposizione mezzi, infrastrutture e il territorio per facilitare l’invasione armata dell’Ucraina e alcuni settori di lavoratori bielorussi hanno organizzato dei sabotaggi per rallentare o impedire i piani di Putin e Lukasenko. In particolare il Congresso dei sindacati democratici della Bielorussia, che poco dopo l’aggressione esigeva in un comunicato la fine immediata della guerra, denunciava l’invasione militare dell’Ucraina partendo dal territorio della Bielorussia, ribadiva chiaramente che la stragrande maggioranza del popolo bielorusso condanna la complicità di Lukasenko con Putin.
A queste dichiarazioni hanno fatto seguito azioni di sabotaggio da parte di ferrovieri bielorussi contro convogli ferroviari militari russi. Molti ferrovieri bielorussi sono stati per questo arrestati. Ciò non ha fermato questi atti coraggiosi e di solidarietà con il popolo ucraino, anzi, da allora decine di atti di sabotaggio sono stati commessi sulla rete ferroviaria della Bielorussia.                                            
Fino al punto di interrompere completamente il collegamento tra Bielorussa e Ucraina lo scorso 20 marzo. Per diversi giorni nessun convoglio ferroviario militare russo ha così potuto raggiungere l’Ucraina passando dalla Bielorussia.
La repressione è stata durissima, il 19 e il 20 aprile, il sindacato ha perso praticamente tutti i suoi dirigenti. I servizi segreti bielorussi hanno arrestato 14 di loro in piena notte e lo scorso 27 aprile   il dittatore Lukashenko ha deciso la possibile condanna a morte per questi sindacalisti con l’accusa di terrorismo. 
Ci saranno sicuramente azioni di solidarietà sindacale a livello internazionale, ma da subito chiediamo all’Unione Sindacale Svizzera, attraverso i suoi canali, di denunciare questa deriva inaccettabile del presidente bielorusso.                                                                                                                                
Sempre a livello internazionale, lo scorso 14 aprile numerose organizzazioni politiche a livello internazionale, partiti politici, organizzazioni antirazziste, femministe, della sinistra radicale, hanno lanciato un appello per denunciare la guerra d’aggressione, le ambizioni espansionistiche del governo di Vladimir Putin, come pure la politica di riarmo dell’Occidente.                                                                
La guerra in Ucraina diventa così un’opportunità inaccettabile per un forte aumento della spesa militare in tutti i Paesi, Svizzera compresa, dove assisteremo certamente a nuove richieste di spese militari e dove non dovremo farci trovare impreparati.
Se Putin voleva dimostrare al mondo intero la propria determinazione e forza nel perseguire obiettivi da restaurazione del vecchio impero, ha ottenuto esattamente il contrario. Il popolo ucraino è più unito che mai, l’Occidente si è ricompattato dietro gli Stati Uniti e la guerra non è stata vinta in pochi giorni. Anche in Svizzera molte sono le voci che si sono levate per denunciare l’aggressione armata e l’invasione dell’Ucraina. Moltissime azioni concrete di solidarietà sono state realizzate in pochissimo tempo, parecchi comitati contro la guerra e per il ritiro dell’esercito russo dall’Ucraina sono nati fin da subito.

La Svizzera non è un luogo qualsiasi e neutrale in questa guerra.

Da parecchi anni è ormai diventata uno dei luoghi privilegiati dove vengono effettuate transazioni miliardarie per la compravendita di materie prime e petrolio russo.           
Dati ormai accertati e pubblici stimano che circa il 50-60% del petrolio russo è attualmente commerciato attraverso la Svizzera (ONG Public Eye, ex Dichiarazione di Berna).  
La Svizzera ha aderito, con ingiustificabile ritardo, alle sanzioni europee contro la Russia di Putin, bloccando gli averi di oligarchi o attività commerciali legate agli stessi.
Le cifre sono però impietose: sui circa 150-200 miliardi di attivi russi presenti in Svizzera, solo 7,5 sono stati bloccati. È una vergogna!

Permettere alla Russia di Putin di continuare a fare affari tramite ditte presenti in Svizzera, significa negare al popolo ucraino la solidarietà e l’aiuto concreto di cui ha bisogno.
A poco servono le dichiarazioni di denuncia dell’aggressione se poi non seguono efficaci e decise misure per ridurre il più possibile queste transazioni economiche, fonti importanti per finanziare questa guerra.
La negoziazione di materie prime, o Commodity Trading, costituisce un’attività strategica importante per l’economia svizzera in generale, con circa 500 società attive, principalmente tra Ginevra, Zugo e Lugano.                                                                                                                                                               
La presenza in Svizzera di un quadro regolamentare snello e poco complesso, oltre alla mancanza di requisiti o autorizzazioni particolari per chi vuole operare in questo settore, ha fatto della Confederazione un luogo privilegiato per insediamenti economici di questo tipo.

Favoriti per buona parte dal vento neo liberista arrivato a partire dagli anni 90, hanno saccheggiato e derubato il popolo russo.
Oggi questa gente trae profitto a piene mani da leggi permissive, pochi controlli e facilitazioni fiscali per continuare a fare affari in tutta tranquillità.

Questa vergogna deve cessare!

Chiediamo con forza che le autorità federali e cantonali siano molto più rigorose ed efficaci nell’applicare le giuste sanzioni decise contro questi personaggi.
È inaccettabile e vergognoso che, a fronte di una situazione economica sempre più difficile per salariate e salariati, questa ristretta cerchia di super ricchi possa addirittura aumentare i propri profitti.  
È inaccettabile che i profitti di questi personaggi vadano, in un modo o nell’altro, a finanziare la sporca guerra che Putin ha scatenato contro l’Ucraina.
Il nostro Comitato contro la guerra in Ucraina, di solidarietà con il popolo dell’Ucraina e con gli oppositori di Putin in Russia esige

  1. La fine della guerra in Ucraina e il ritiro incondizionato dell’esercito russo da tutti i territori ucraini occupati illegalmente;
  2. L’intensificazione del sostegno alla popolazione ucraina, in particolare per quanto riguarda l’accoglienza in Svizzera;
  3. L’estensione della politica di asilo generosa applicata nei confronti dei profughi ucraini, a tutti i profughi, indipendentemente dal Paese di provenienza;
  4. Una politica in materia di applicazione delle sanzioni contro persone legate al regime di Putin, da parte sia di Berna che del Canton Ticino, molto più coraggiosa, efficace e decisa;
  5. L’inizio di un processo di smilitarizzazione nel mondo e la rinuncia alla corsa al riarmo annunciata in molti Paesi, Svizzera compresa;
  6. L’annullamento del debito estero contratto dall’Ucraina con le istituzioni internazionali;
  7. La Russia deve essere costretta a pagare un risarcimento per ciò che ha inflitto all’Ucraina.

Il Comitato tiene incontri settimanali il lunedì sera alle 20.15 presso la Casa del Popolo a Bellinzona.

C’è la necessità che altre forze, oltre a quelle già presenti, vi aderiscano e deleghino loro rappresentanti. Solo allargando le nostre forze possiamo intensificare le azioni di solidarietà.