Il 26 febbraio 2015, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che la protezione è garantita alle persone che rifiutano di servire se «il servizio militare prestato comporterebbe di per sé […]la commissione di crimini di guerra». Quindi, il diritto all’asilo è riconosciuto ai disertori nella misura in cui «il rifiuto di prestare il servizio militare deve costituire il solo mezzo che permetta al richiedente asilo di evitare la partecipazione ai crimini di guerra». (Sentenza della Corte di giustizia nella causa C-472/13).
Pochi dubbi sussistono sul fatto che la guerra scatenata da Vladimir Putin in Ucraina comporti dei rischi di «crimini di guerra»; la Corte penale internazionale sta già indagando in merito. Pertanto, i disertori e renitenti alla leva russi beneficiano in Europa di questa protezione.
In Europa, certo, ma non in Svizzera.
Eppure, se la guerra è stata decisa dal governo criminale russo, sul campo di battaglia, in Ucraina, a parte alcuni reggimenti di volontari e mercenari, sono decine di migliaia i giovani coscritti che rischiano di dover partecipare, direttamente o indirettamente alla commissione di tali crimini.
Fra questi giovani, molti scelgono o hanno scelto di disertare rischiando così la corte marziale. Secondo fonti difficili da verificare, 20’000 militari avrebbero già disertato e trovato rifugio nella vicina Belarus. Altri, invece, cercano di sfuggire alla coscrizione rischiando in tal modo la loro libertà.
Nel contempo, in Russia, chiamare la guerra in corso con il suo proprio nome, «guerra» e non con l’ipocrita formula «operazione militare speciale» significa esporsi a pesantissime azioni giudiziarie, visto che il dittatore del Cremlino ha fatto modificare le leggi a questo scopo. È la ragione per la quale le persone perseguitate in questo ambito sono da considerarsi come vittime che hanno diritto alla protezione.
Nel momento in cui il governo svizzero così come una larghissima parte della popolazione condannano l’aggressione contro l’Ucraina, sostenere le donne e gli uomini che in Russia si pronunciano contro la guerra e quanti rifiutano di combatterla è un dovere.
È la ragione per la quale più di seimila persone -fra le quali un numero importante di parlamentari, sindacalisti, militanti dei diritti umani ecc.- rivolgono un appello alle autorità federali ed in particolare al Consiglio federale perché delle misure forti siano adottate al più presto.
Chiediamo che la generosa politica d’accoglienza delle vittime Ucraine decisa dalle autorità con la concessione del «permesso S» sia estesa al più presto ai disertori e renitenti alla leva russi così come alle cittadine ed ai cittadini russi, in particolar modo i membri dei sindacati indipendenti dal potere, la cui libertà è minacciata in ragione della loro opposizione alla guerra.
È perché rifiutare di partecipare ad una guerra di aggressione o di sostenerla non è un crimine ma un coraggioso atto di umanità, che la Svizzera deve informare l’opinione pubblica internazionale della sua volontà di offrire asilo non ai miliardi di quanti finanziano la guerra, ma agli uomini e dalle donne che, all’interno della Russia stessa, la rifiutano.
*membro della VPOD e del gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE). Testo dell’intervento pronunciato a Berna venerdì 13 maggio 2022 nel corso della presentazione della petizione.