In Russia la tipologia delle forme di opposizione diretta o indiretta contro la guerra è sorprendentemente vasta, così come è eccezionalmente ampia la sua copertura geografica e quella delle diverse categorie di popolazione. Anche nei territori ucraini occupati vi è una visibile attività di resistenza. Questo articolo offre una mappatura delle azioni che in un modo o nell’altro in Russia e nei territori ucraini occupati oppongono resistenza alla guerra di Putin.
Per alcune brevi settimane dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, in quest’ultima si era delineato l’avvio di un movimento antiguerra incentrato soprattutto sulle manifestazioni di piazza. Tuttavia, l’ondata di arresti e la sistematica repressione di ogni iniziativa da parte del Cremlino, con il varo tra le altre cose di nuovi dispositivi di legge che prevedono pene anche fino a 10 o 15 anni di reclusione per chi si oppone alla guerra anche con atti del tutto pacifici, ha presto spento le iniziative di piazza e, con loro, il tipo di movimento che si andava formando. Attualmente in Russia non vi è più alcuno spazio per un movimento di massa attivo nelle strade. Ma se su questo piano il Cremlino ha ottenuto un rapido successo, nel paese stanno emergendo sempre più insistentemente forme di resistenza che, per quanto frammentate, nel loro insieme costituiscono sicuramente motivo di grande preoccupazione per il regime. In questo vasto e caotico calderone di opposizione alla guerra si trova di tutto: dai veri e propri sabotaggi o attentati incendiari, alla renitenza al reclutamento, alla diserzione, ai graffiti sui muri, agli aiuti umanitari solidali, alle proteste di mogli dei soldati delle repubbliche separatiste e molto altro ancora. In alcuni casi non è possibile attribuire direttamente alla resistenza antiguerra atti di origine difficilmente identificabile, in molti altri i soggetti operano invece alla luce del sole. In questo articolo offriamo un campionario delle forme di atti contro la guerra in Russia e nei territori ucraini occupati, campionario che non ha alcuna pretesa di essere esaustivo (perché è semplicemente impossibile in questo stadio della guerra) e si pone l’esclusivo obiettivo di dare delle coordinate di massima. In rete si trovano molti materiali su questo tema, a volte ricchi di dettagli circostanziati, e sono utili in particolare alcuni canali Telegram specializzati. Alla fine dell’articolo forniamo una serie di link.
Sabotaggi, attacchi incendiari
Dallo scorso mese di marzo in Russia si è verificata una catena di grandi incendi che hanno distrutto depositi di carburante, arsenali, strutture di ricerca militare o aerospaziale, centrali elettriche e altre strutture meno direttamente ricollegabili alla guerra in corso in Ucraina, come depositi di libri o teatri (su questo tema si possono consultare gli articoli di Atlantic Council, Washington Post e New York Times). Gli incendi o le esplosioni che hanno colpito depositi di carburante o di munizioni nelle aree russe direttamente confinanti con l’Ucraina sono quasi certamente da attribuirsi ad azioni dell’esercito di Kyiv o di sabotatori a esso collegati, in particolare i ripetuti incendi verificatisi nella regione di Belgorod, snodo fondamentale della logistica a sostegno dell’invasione, che è stata anche oggetto di attacchi con elicotteri o di tiri di artiglieria. Ma ciò appare decisamente meno probabile per gli altri ripetuti incendi, alcuni di grandi dimensioni, verificatisi molto più all’interno del territorio russo. Grandi incendi si sono verificati in aprile anche a Voronezh e Bryansk, nel secondo caso a una distanza ancora colpibile dai migliori missili ucraini, ma la precisione del lancio farebbe pensare a qualche supporto in loco. Decisamente al di fuori dalla portata dei missili di Kyiv sono però i tre luoghi della Russia centrale in cui nell’ultima decina di giorni di aprile si sono verificati con un’impressionante catena grandi incendi in strutture tutte riconducibili al sistema militare aerospaziale russo: l’istituto del Ministero della difesa di Tver, impegnato in particolare nella ricerca su missili e sistemi antiaerei; l’impianto chimico di Kineshma che forniva propellenti essenziali per i missili usati dalle forze armate russe; un istituto di ingegneria aerospaziale alla periferia di Mosca. In questi casi ci troviamo chiaramente di fronte a sabotaggi di grande portata, sebbene sia impossibile determinarne la paternità. Se sono stati in qualche modo organizzati da Kyiv, presuppongono comunque l’esistenza di qualche importante forma di appoggio in loco a livello organizzativo. Se invece sono opera di settori “dissenzienti” interni all’establishment russo, sarebbero il segno di profonde divergenze al suo interno. Quando nello stesso periodo si sono verificati altri vasti incendi, per esempio, in un grande deposito di libri che ospitava anche testi scolastici rivisti in funzione “patriottica” all’insegna del sostegno alla guerra, o in una centrale elettrica nella penisola di Sakhalin, in prossimità di aree in cui le tensioni tra Russia e Giappone si sono fortemente inasprite dopo l’inizio della guerra, in tutti gli osservatori sono insorti legittimi sospetti che fossero in qualche modo legati alla guerra in corso.
Mappa degli incendi ed esplosioni in Russia ricollegabili alla guerra, aggiornata al 2 maggio
Un’altra forma di sabotaggio che appare diffusa è quella dei deragliamenti di treni. Si tratta di atti che si ispirano alla vasta campagna di sabotaggi messa in atto in Bielorussia nelle primissime settimane della guerra e fermata solo dopo un’ondata di arresti che ha portato in carcere praticamente l’intera dirigenza dei sindacati indipendenti, che ne erano stati gli ispiratori. Sebbene non vi siano cifre precise a causa della censura di guerra, la documentazione (anche fotografica) raccolta da attivisti russi indica con chiarezza che questo sistema di sabotaggio è diffuso in ampie aree del paese ed è in crescita. Le stesse autorità di Mosca hanno arrestato due giovani russi accusandoli di avere sabotato il transito di convogli militari ferroviari nella regione di Belgorod – è l’ammissione implicita che in questa area strategica non sono solo le forze armate ucraine o i loro sabotatori a colpire, ma esistono anche russi pronti ad agire con decisione contro la macchina bellica di Mosca. Esiste inoltre un gruppo che nel suo canale Telegram rivendica l’esistenza di un movimento clandestino articolato che sta organizzando sabotaggi delle linee ferroviarie. Si chiama “Ostanovi vagony” e riportiamo qui di seguito a titolo documentativo due loro dichiarazioni programmatiche:
♦️ Il movimento partigiano in Russia non ha un centro unico
♦️ Esistono almeno 20 gruppi organizzati di gruppi partigiani che operano in modo indipendente in tutto il Paese.
♦️ I gruppi non hanno contatti diretti tra di loro per motivi di sicurezza.
♦️ La comunicazione interna alla resistenza avviene attraverso il messenger sicuro Signal
♦️ Inoltre, esiste una resistenza contro la guerra di tipo CAOTICO – OGNI SINGOLO russo può parteciparvi se lo desidera.
(In realtà, è per questo che nel canale c’è l’hashtag #istruzioni – noi ci occupiamo delle azioni più difficili da organizzare, ma nel caso di una guerra partigiana la quantità si trasforma in qualità).
Il nostro obiettivo è fermare la guerra che Putin ha scatenato in Ucraina.
I metodi sono il sabotaggio e l’interruzione delle linee ferroviarie, poiché è lungo di esse che vengono trasportate attrezzature militari, munizioni e carburante da tutta la Russia.
I nostri principi: niente spargimenti di sangue e niente vittime. La vita umana ha per noi un valore altissimo. È proprio per questo che abbiamo deciso di agire, e che lo facciamo nel modo in cui lo facciamo.
Il nostro gruppo ha organizzato ed eseguito la sua prima azione nella prima metà di marzo. Non possiamo specificare la data o la regione per motivi di sicurezza.
All’inizio di aprile abbiamo creato il primo canale [Telegram] Ostanovi vagony per:
- a) raccontare i successi della resistenza ferroviaria, di cui i media federali non parlano
- b) condividere le istruzioni per compiere atti di sabotaggio nel modo più facile e sicuro. Sappiamo che molti russi sono contrari alla guerra. Una protesta interna può e deve trasformarsi in una protesta esterna.
Un altro tipo di azione contro la guerra è quello degli attacchi incendiari (quasi sempre co molotov) contro i centri di reclutamento dei commissariati militari. Sono finora 14 gli attentati di questo tipo documentati con certezza nel paese, su un’area geografica molto diffusa, ma che prende di mira principalmente centri di reclutamento nelle città di provincia più povere dove la sorveglianza esterna degli edifici è scarsa. E’ probabile che ve ne siano stati altri non documentati in rete. Il quotidiano Le Monde rileva che nel mese di maggio vi è stato un incremento di questi episodi, probabilmente da mettere in relazione con il fatto che le autorità militari russe, pur non avendo dichiarato la mobilitazione generale, stanno inviando ai riservisti “inviti” a presentarsi presso i comandi militari, dove vengono poi costretti con metodi coercitivi ad arruolarsi. Ecco una mappa aggiornata solo al 2 maggio, che è di per se stessa più che eloquente:
Va poi citata una forma di resistenza di particolare importanza simbolica, quella dei russi che sono andati a combattere in Ucraina a fianco dei resistenti locali. Dallo scorso mese di marzo all’interno dell’esercito ucraino opera un’unità specifica composta unicamente da russi, dal nome emblematico “Svoboda Rossii” (“Libertà per la Russia”) e la cui insegna ha i colori azzurro e bianco del movimento di opposizione alla guerra che opera in Russia. Ulteriori dettagli qui: https://time.com/6165422/russians-in-ukraine/ , https://ru.netgazeti.ge/36743/. L’unità ha anche un proprio canale Telegram: https://t.me/legionoffreedom . Ecco i suoi obiettivi dichiarati, così come pubblicati nel canale:
I nostri obiettivi:
Distruggere Putin e il suo regime
Portare in Russia la libertà e la speranza che la nostra Patria diventi un paese libero senza dittatori, oppressione e violenza.
La nostra battaglia è giusta!
Putin sarà distrutto!
La vittoria sarà nostra!
Infine, nelle aree dell’Ucraina del sud occupate vi sono attività di resistenza diffuse. Per più di un mese si sono svolte in tutta l’area partecipate manifestazioni, in particolare a Kherson. Poi, una volta consolidato il loro controllo sull’area, le forze russe di occupazione, affiancate da alcuni collaborazionisti del sottobosco ex Yanukovich o dell’estrema destra, hanno messo in atto repressioni sistematiche e micidiali, che comprendono per esempio la tortura e l’arresto o le sparizioni forzate di membri di riferimento della società civile, sul modello di quelle già adottate dai separatisti filorussi nel Donbass a partire dal 2014. Le manifestazioni sono andate scemando, ma vi sono ancora diffusi atti di resistenza, come per esempio la sostituzione di bandiere e simboli russi con altri ucraini, e di recente la resistenza ucraina ha dichiarato di avere ucciso in un agguato due ufficiali russi a Melitopol. Le autorità russe confermano solo che sono in corso indagini sul non meglio precisato “omicidio di due persone” nella città. Sempre nell’area di questa città i partigiani hanno effettuato almeno due attentati con esplosivo che hanno bloccato le linee ferroviarie utilizzate per i rifornimenti.
Renitenza al reclutamento, diserzioni, proteste di parenti
In tutta la Russia vi sono numerosissimi casi di renitenza al reclutamento o di rifiuto da parte di soldati di recarsi al fronte in Ucraina. Ci sono avvocati e organizzazioni specializzati nella difesa dei renitenti e dei disertori che sono ora sommersi da richieste di assistenza legale. Su questo tema Riccardo Michelucci ha scritto di recente un articolo esauriente per il quotidiano italiano Avvenire, al quale rimandiamo: https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/sabotaggi-diserzioni-proteste-il-malessere-dei-soldati-russi. Un altro articolo ricco di informazioni, ma in inglese, è consultabile qui: https://www.matrioska.info/attualita/more-and-more-russian-refuse-to-fight-in-ukraine/. La documentazione più completa e dettagliata è quella raccolta e aggiornata regolarmente da un gruppo di femministe russe (sia in russo che in inglese): https://docs.google.com/document/d/e/2PACX-1vRJ5utk-p2qqu-c2ZkJLEEBvC5YVDG71GCDOhpgrS1Menu2HEHFI-7zhGrHbLLvUc2iGoK72k9t8-Gd/pub.
A queste forme di renitenza e opposizione in Russia vanno aggiunte quelle nei territori ucraini occupati, dove però è ancora più difficile reperire informazioni. A differenza che in Russia, nelle due “repubbliche” è stata dichiarata ufficialmente la mobilitazione generale. Stando alla documentazione disponibile in rete, ancora una volta soprattutto in Telegram, le adesioni spontanee sono state molto limitate. Le autorità militari locali hanno pertanto iniziato a organizzare retate in strada per portare ogni persona di sesso maschile caduta nelle loro maglie nei centri di reclutamento. Molti ragazzi e uomini si sono nascosti presso case di parenti o amici al fine di evitare di essere mandati al fronte. Circola anche la notizia, ovviamente non confermata vista la situazione caotica di guerra, che un intero contingente di soldati delle “repubbliche” si sia rifiutato di tornare a combattere al fronte dopo la disastrosa sconfitta nei giorni scorsi del tentativo delle forze russe e separatiste di passare il fiume Donec utilizzando pontoni, sconfitta che avrebbe causato un numero di vittime molto alto. I russi hanno concentrato le loro forze migliori e meglio armate nella zona di Severodoneck dove stanno effettuando un attacco di grande importanza tattica, assegnando alle forze separatiste poco addestrate e mal armate il compito di difendere zone ora meno importanti per Mosca, come per esempio la regione di Kharkiv, da un “nemico ucraino” molto più preparato e meglio armato. In questi giorni si è tenuta a Lugansk, di fronte alla sede del governo separatista locale, una protesta di mogli di soldati delle milizie separatiste che erano stati inviati al fronte nell’area di Kharkiv, da dove erano scappati perché incapaci di difendersi. Ma quando sono riusciti a tornare nelle retrovie sono stati nuovamente inviati al fronte nelle medesime condizioni (qui un altro video sulla protesta). In generale, ecco come descrive la drammatica situazione nelle repubbliche separatiste un abitante della regione di Donetsk iscritto al canale Telegram del gruppo antiguerra russo “Nevoyna” (“Nonguerra”): “Sto vicino a Donetsk, attualmente sono disoccupato. Molte imprese sono state distrutte (non solo dai combattimenti, ma anche dallo smantellamento, dal furto, dalla fusione delle materie prime per ricavarne metallo vendibile, oppure dal loro trafugamento e poi rivendita), i prezzi sono altissimi anche per gli standard russi, gli stipendi sono miserabili (sempre che si abbia uno stipendio), le medicine stanno scomparendo, l’approvvigionamento d’acqua è scarso, la mortalità è elevatissima (per il Covid e altre cause; è più alta che in qualsiasi altro Paese al mondo), la popolazione si sta riducendo al lumicino sia per la mancanza di medicine sia per l’alto tasso di emigrazione. Da febbraio sul territorio delle repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk è in atto una politica genocida contro gli uomini di età compresa tra i 18 e i 55-65 anni. Vengono catturati ovunque (per strada, ai posti di blocco…) per essere inviati tutti (anche quelli malati, con molti figli, che assistono parenti infermi, che non hanno mai impugnato un’arma…) senza alcun addestramento, senza giubbotti antiproiettile ed elmetti, armati solo di fucili Mosin 1897, all’assalto di fortificazioni di cemento, contro mortai e sistemi missilistici. Il tasso di mortalità è spaventoso, spesso muoiono di fame, vivono praticamente per strada, dormono sulla nuda terra, non c’è assistenza medica per i malati e i feriti, nessun contatto con i parenti, minacce di esecuzione per qualsiasi oltraggio, ecc. I parenti non sanno che i loro figli, mariti, padri e fratelli sono morti da tempo. A tutti gli uomini, tranne agli anziani e ai bambini, è vietato lasciare le due repubbliche… “.
Altre forme di resistenza e sabotaggio
Oltre alle forme di resistenza descritte sopra, nel corso di questi primi tre mesi di combattimenti in Ucraina è emersa una variegatissima serie di altre iniziative contro la guerra voluta da Putin. Alcune sono di carattere solidale e umanitario. Per esempio, il Financial Times racconta di un’estesa rete organizzata da attivisti russi che aiutano gli ucraini fuggiti dalla guerra nel Donbass che non hanno trovato altra via di uscita se non quella che portava in territorio russo. La maggior parte di questi profughi viene inviata in campi e altre sistemazioni temporanee in aree lontane dalla Russia, dopo essere passati attraverso la cosiddetta “filtrazione”, il processo condotto con metodi umilianti e aggressivi dalle autorità russe per individuare coloro che ritengono arbitrariamente essere dei soggetti pericolosi. Un’ampia rete solidale aiuta questi profughi di guerra, quasi tutte persone fortemente traumatizzate da settimane e anche mesi passati chiusi nelle cantine sotto i bombardamenti, a risolvere gli innumerevoli problemi pratici e finanziari che si trovano ad affrontare in un paese straniero, per poi organizzare la loro fuga dalla Russia, perlopiù verso i paesi baltici e in particolare l’Estonia. Il gruppo “Feministskoe Antivoennoe Soprotivlenie” (“Resistenza Femminista Contro la Guerra”) ha descritto recentemente in un post del suo canale Telegram le attività di un’altra rete basata nella regione russa di Belgorod, vicina a Kharkiv e alle altre zone oggi più colpite dalla guerra. Si tratta di una rete che coinvolge il lavoro di attivisti sia russi che ucraini e che si occupa “di inviare cibo e medicine, di evacuare persone e animali che si trovano sotto le bombe, di trovare alloggio per i profughi e di farli evacuare in Europa, di pagare interventi chirurgici e di aiutare i feriti”. Attualmente il gruppo si sta concentrando sugli aiuti alla popolazione di una delle zone più devastate dai combattimenti, quella di Izyum (al link fornito sopra potete trovare le coordinate per effettuare donazioni al gruppo, così come un link ai resoconti su come i soldi vengono spesi). Va osservato che i gruppi femministi e quelli delle donne della Russia più in generale sono uno dei fulcri più importanti e decisi del vasto movimento antiguerra. In fondo al nostro articolo, dopo la conclusione e i link di canali telegram, pubblichiamo la traduzione integrale in italiano di un recente appello delle donne appartenenti alle “minoranze nazionali” della Russia che è un esempio di come le femministe del paese siano capaci di muoversi contro la guerra andando molto oltre il loro orizzonte specifico e di farlo sia con decisione sia con una notevole maturità politica. Ne consigliamo vivamente la lettura per farsi un’idea più completa della natura profonda del movimento antiguerra.
Solo a prima vista non direttamente connessi alla guerra sono gli scioperi, le repressioni degli stessi e le lotte a sostegno dei sindacalisti vittime di repressioni. Il caso più eclatante è stato quello di Kirill Ukraintsev, presidente del sindacato dei rider arrestato a Mosca nel terzo giorno dello sciopero della categoria che rappresenta. Ma di recente le autorità statali stanno inviando minacce trasversali anche ad altre organizzazioni dei lavoratori, come per esempio il sindacato dei giornalisti. Il testo che accompagna la raccolta online di firme per la liberazione di Ukraintsev, pur non nominando mai la guerra in corso, indica chiaramente che è la situazione creata da quest’ultima il vero motivo all’origine degli attacchi contro gli attivisti sindacali: “Le autorità e le aziende vogliono far ricadere tutti gli oneri della crescente crisi economica sulle spalle e sui portafogli dei lavoratori. Stiamo assistendo a licenziamenti in massa, a lavoratori in “ferie forzate” o in aspettativa non retribuita e a un calo dei redditi. Nei prossimi mesi la situazione non potrà che peggiorare e inasprirsi. La gente si organizzerà e sciopererà, chiedendo aumenti salariali o difendendo il diritto stesso al lavoro. Invitiamo i rider che effettuano consegne di generi alimentari, i clienti e tutte le persone interessate a schierarsi a favore del sindacalista e a mostrare il loro sostegno! Le autorità hanno deciso di spegnere l’incendio con rappresaglie contro i leader e gli attivisti del movimento sindacale. Il caso di Kirill Ukraintsev è il primo importante precedente. Abbiamo il dovere di difenderlo!”
Fioriscono anche le azioni di singole persone, i cui iniziatori pagano spesso con l’arresto l’aver compiuto atti del tutto pacifici e innocenti (di fatto, con i recenti inasprimenti delle pene, oggi in Russia disegnare graffiti antiguerra sui muri o intraprendere altre iniziative pacifiche analoghe è punibile con lo stesso livello di anni di carcere previsto, per esempio, per gli assalti con molotov contro i comandi militari). Il caso più noto è quello dell’attivista Sasha Skochilenko, arrestata e ancora oggi in carcere in condizioni dure per avere sostituito le etichette dei prezzi di un negozio con piccoli messaggi antiguerra. Ma i canali Telegram dei gruppi antiguerra sono pieni di testimonianze di piccole azioni individuali, perlopiù graffiti, volantini e sticker antiguerra in posti molto trafficati.
Tra le innumerevoli altre piccole iniziative si può citare quella del piccolo memoriale improvvisato da parenti e amici di morti al fronte per ricordare le vittime, distrutto quasi immediatamente dalla polizia.
Un altro caso è quello dei parenti delle centinaia di marinai, molti dei quali giovanissimi e quasi sicuramente per la maggior morti nell’affondamento dell’incrociatore russo “Moskva” ad aprile, che cercano di sapere qual è stato il destino dei loro cari scontrandosi col muro di ostilità e di reticenza delle autorità militari, come racconta il sito russo indipendente Meduza (che è riuscito a sopravvivere trasferendosi in Lettonia già anni fa). Ci sono poi casi letteralmente orwelliani, come quello di Roman King, arrestato l’11 aprile con l’accusa di avere “discreditato l’esercito russo” (reato punibile con una pena fino a 10 anni di carcere) per il solo fatto di essersi messo in silenzio a fianco di un monumento ai bambini vittime della Seconda guerra mondiale tenendo in mano un cartello con la scritta… “No al nazismo”!
Un altro caso simile è quello dell’artista Alisa Gorshenina, fermata dalla polizia a Nizhnyj Tagil con la stessa accusa di “discredito dell’esercito russo” per essersi messa in piedi di fronte a un centro per l’infanzia denominato “Mir” (“Pace”) tenendo in mano una rosa bianca dalla quale pendevano nastrini con la scritta “Siamo contro la guerra”. Gorshenina se la è cavata con una multa di oltre 500 euro. Su un piano più umoristico, qualcuno ha sabotato una trasmissione della TV statale seguita da milioni di spettatori e incentrata su canti e danze patriottici in occasione della ricorrenza 9 maggio, inserendo tra le foto di veterani e vittime di quella guerra un ritratto… di Bonnie e Clyde. Sono lo stesse autorità russe a descrivere questo evento come un atto di sabotaggio.
Un altro canale antiguerra interessante è “Soyuz materey” (“Unione delle madri”), molto attivo, tra le altre cose, nella denuncia dei soprusi e del lavaggio del cervello al quale vengono sottoposti i piccoli scolari russi, di cui sono testimonianza tra i tanti altri questo video di bambini costretti a sfilare in uniforme e “vestiti” da tank con la Z o questo post sugli “esami di di patriottismo” ai quali sono stati sottoposti alcuni alunni. Impegnato in un analogo lavoro di denuncia è anche il sindacato indipendente degli insegnanti “Alyans uchiteley”, il cui canale Youtube è ricco di video sul tema: https://www.youtube.com/channel/UCfD6O-n4-Sw7r3xci7YStgg/videos . Ci sono stati numerosi casi di insegnanti multati o addirittura licenziati per avere tenuto lezioni poco “patriottiche” o semplicemente per avere invitato gli alunni a discutere liberamente della guerra… pardon, dell’”operazione militare speciale”.
Il caso della giornalista della televisione statale che nello scorso mese di marzo è “intervenuta” sullo sfondo di un telegiornale con un cartello antiguerra ha avuto eco in tutto il mondo. Ma ci sono stati altri episodi che hanno riguardato i media e i giornalisti, tra i quali il più notevole è stato quello della pubblicazione di un duro testo antiguerra (con frasi come “il dittatore Putin sta portando la Russia nell’abisso”) su Lenta.ru, uno dei più popolari siti russi di news: non si è trattato di un atto di hackeraggio, bensì dell’iniziativa aperta e firmata di due coraggiosi giornalisti del sito, Egor Polyakov e Aleksandra Miroshnikova. Sono inoltre stati pubblicati e diffusi anche numerosi appelli contro la guerra su iniziativa di artisti, accademici e scienziati, molto dei quali con un numero inaspettatamente ampio di sottoscrittori e/o con l’adesione di persone dall’ampia popolarità. Si può trovare un elenco aggiornato di questo tipo di iniziative al seguente indirizzo (in russo e in inglese): https://docs.google.com/document/u/1/d/e/2PACX-1vTpUj_oFMQ9kwIe0hyFPYv_DTcKp_z0H2DVEsNhcC44nsEyzZokIuaosaP3cXZh9D5XZvYnGcffDzI/pub#h.seny6aihbhmk .
Ci sono infine altri due fenomeni solo indirettamente collegabili alla guerra, ma si tratta di collegamenti indiretti basati su statistiche che indicano una stretta correlazione con il conflitto scatenato da Putin. Il primo è quello dei falsi allarmi bomba che costringono la polizia a evacuare edifici e altre strutture. Come riferisce l’Eurasia Daily Monitor, da una parte tali allarmi hanno registrato una netta crescita esattamente dall’inizio del conflitto, dall’altra la stessa polizia russa sta arrestando in relazione a essi persone sospettate anche di essere contrarie alla guerra. Un altro fenomeno strano è quello dei furti nei negozi, che hanno registrato un forte balzo esattamente dall’inizio della guerra e fino agli ultimi dati disponibili a fine aprile: +18% nei negozi in generale e addirittura +27% in quelli di generi alimentari. Una percentuale altissima, se si pensa che l’aumento è su meno di tre mesi. Sono dati tanto più sorprendenti se si pensa che tutte le altre categorie di reati hanno registrato leggeri cali. A essere rubati sono soprattutto dolciumi, insaccati e alcolici. Non certo un’esplicita protesta antiguerra, ma un fenomeno strettamente correlato a essa. Oltre all’evidente calo del livello di vita, tra le cause di questo aumento dei furti nei negozi vi è probabilmente anche lo stress causato dalla situazione di guerra e dalla ossessiva propaganda di guerra: evidentemente non sono pochi quelli che vogliono semplicemente dimenticare (vodka, dolciumi…) e, avendo perso ogni fiducia nel sistema, vogliono farlo a sbafo in segno di sfida.
La tipologia delle forme di resistenza diretta o indiretta contro la guerra in Russia è sorprendentemente vasta, così come è eccezionalmente ampia la sua copertura geografica e quella delle diverse categorie di popolazione. Nelle zone occupate dell’Ucraina è estremamente difficile raccogliere testimonianze, vista anche la situazione drammatica di guerra sul terreno, ma gli indizi reperibili parlano, oltre che di uno stato delle cose agghiacciante, anche di notevoli resistenze tra i settori della popolazione rimasta che molti danno per scontato siano “filorussi”. Se in conseguenza delle repressioni e dell’effetto annichilante creato dalla guerra la resistenza in Russia e nell’Ucraina occupata svolge oggi un ruolo ancora in parte marginale, è chiaro che ci sono tutte le basi per lo svilupparsi anche in tempi non lunghi di un ampio e articolato movimento capace di ostacolare seriamente la guerra di aggressione di Putin e di mettere in questione il suo stesso regime. Manca purtroppo un elemento di grande importanza: una solidarietà internazionale attiva e incisiva a sostegno di tutte queste forme di resistenza, non solo quelle più “carine” (termine di comodo che non comporta assolutamente uno sminuirne l’importanza) come i graffiti o gli appelli pubblici, ma anche altri come le diserzioni e gli attentati incendiari contro i comandi militari. Il movimento pacifista, o i gruppi sparsi della sinistra, dell’Europa Occidentale sembrano esclusivamente interessati, fatta eccezione per alcune lodevoli ma isolate iniziative, a fermare l’invio delle armi alla resistenza ucraina o a chiedere l’intervento dei burocrati dell’alta diplomazia statale, espressione di stati dal curriculum guerrafondaio, nonché mossi da interessi chiaramente contrari a una vera pace durevole e alle basi più elementari di un’autentica democrazia. Impegnati a ripetere narcisisticamente i loro rassicuranti vecchi slogan, questi pacifisti non si accorgono che nessuno tra i diretti interessati che si oppongono alla guerra di aggressione, in Ucraina o in Russia, chiede l’intervento della diplomazia internazionale. Il motivo per cui non lo chiedono è molto semplice: sanno benissimo che sarebbe solo uno strumento per farli rimanere anche in futuro inerti schiavi dei loro oppressori.
Alcuni canali telegram del movimento russo contro la guerra di Putin:
– Feministskoe Antivoennoe Soprotivlenie (Resistenza femministra contro la guerra): https://t.me/femagainstwar
– Nevoyna (Nonguerra): https://t.me/narodpv
– OVD-Info: https://t.me/ovdinfo
– Ostanovi vagony (Ferma i vagoni): https://t.me/ostanovivagonyy
– Studencheskoe antivoennoe dvizhenie (Movimento studentesco contro la guerra): https://t.me/antiwarstudents
– Antivoennyi bolnichnyi (Ospedale contro la guerra): https://t.me/stranabolna
– Soyuz materey (Unione delle madri): https://t.me/souzmaterey
– Legion Svoboda Rossii (Legione “Libertà per la Russia”): https://t.me/legionoffreedom
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Appello delle donne delle minoranze nazionali
pubblicato dal canale telegram Resistenza Femminista Contro la Guerra (FAS), 18 maggio 2022
Le donne della Resistenza Femminista Contro la Guerra (FAS) appartenenti a minoranze nazionali hanno scritto un appello rivolto alle rappresentanti dei popoli non russi della Russia che sostengono la FAS. Condividiamo questo appello e vi invitiamo a inviare al bot del movimento le vostre relative considerazioni, i racconti delle vostre esperienze con l’etno-nazionalismo russo e le vostre riflessioni sull’imperialismo russo. Pubblicheremo i vostri relativi testi sui canali social della FAS con l’hashtag #voice_natsmen_ok.
Il governo russo e i suoi propagandisti giustificano la guerra in Ucraina con il “nazismo” delle autorità ucraine e degli ucraini in generale. Come esempi di tale nazismo vengono citati la presunta soppressione della lingua russa e l’oppressione dei russi che vivono in Ucraina. È questa la principale giustificazione avanzata dalla Russia per l’invasione del territorio dei suoi vicini: la Russia sta portando loro la pace e la liberazione dall’oppressione nazionale.
Noi non russe che viviamo in Russia assistendo a ciò ci sentiamo come se fossimo sprofondate in un mondo alla rovescia. Mentre accusa il paese vicino di fomentare la discordia interetnica, la leadership russa tace sul fatto che la Costituzione della Federazione Russa, il documento più importante del paese, menziona solo il popolo russo – su 190 nazioni che lo abitano! – l’unico designato come nazione “costituente lo stato”. A tutti gli altri popoli non è stato concesso questo onore, come se non avessimo partecipato alla formazione e alla vita dello stato. Inoltre, per anni la leadership russa ha ignorato le attività dei gruppi etno-nazionalisti apertamente fascisti sul territorio del nostro Paese, ha chiuso gli occhi sulle “marce russe” che si tenevano ogni anno in molte città e non ha contrastato in alcun modo le voci di chi seminava odio. E ora starebbe salvando un paese straniero da una simile oppressione?
Il problema, in realtà, va molto al di là del modo in cui agiscono le autorità russe. La storia della Russia è una storia di centinaia di anni di imperialismo e di schiavitù coloniale dei popoli intorno a essa e al suo interno. I popoli del Caucaso settentrionale e dell’Asia centrale, della Siberia e del Nord, i popoli della regione del Volga, dell’Estremo Oriente e di altre regioni. Molti di questi popoli sono diventati cittadini dell’impero con la forza. Lo spazio di un post come il nostro non è sufficiente per enumerare tutti coloro che hanno sofferto per mano del centro imperiale. Ci hanno massacrati: gli eventi che vengono presentati nei testi scolastici di storia come, per fare un esempio, la neutrale “scoperta della Siberia” sono stati in realtà un bagno di sangue per coloro che avevano “scoperto” queste terre molti anni prima degli avventurieri di Mosca. Siamo stati russificati, ci è stato proibito di parlare la nostra lingua e di credere nei nostri dei, la nostra cultura e il nostro passato sono stati distrutti. I non russi che, per pura necessità di sopravvivenza, hanno abbandonato le loro radici per cercare di integrarsi, sono rimasti cittadini di seconda classe in Russia, costantemente esposti all’odio a causa del loro nome, del loro aspetto e della loro origine.
In epoca sovietica eravamo soprannominati “natsmen”, le minoranze nazionali. Anche quando le autorità affermavano di sostenerci e di averci “liberato”, venivamo trattati con sufficienza, e questa “liberazione” era in realtà solo una costrizione la cui forma veniva decisa dal centro imperiale. Ci è stata offerta solo una variante di modernizzazione e di futuro, quella impostata da Mosca, che ha rifiutato con disprezzo altre possibili vie di sviluppo, negando loro ogni possibilità di esistenza. L’orrenda parola “natsmen” riassume l’atteggiamento sprezzante che ci ha perseguitato per anni e che ancora oggi siamo costretti a tollerare. E “natsmen” non è ancora la parola peggiore che possiamo aspettarci di sentire, molto più spesso dobbiamo sentire parlare di “churka” [dispregiativo russo per le persone provenienti dall’Asia Centrale], “occhi stretti”, “semiti”.
Gli insulti verbali e il disprezzo non hanno impedito a Mosca di depredare le nostre repubbliche e regioni per decenni, di rubarci i soldi e di viverci sopra. Il disprezzo per i non russi non impedisce certo di utilizzare i membri delle minoranze nazionali per le loro guerre e ambizioni imperiali della Russia: come ha rilevato un’inchiesta della BBC, la maggior parte dei russi uccisi nella guerra in Ucraina proviene dalle aree marginali della Russia, ivi compreso da repubbliche nazionali come il Daghestan, la Buryatia e il Bashkortostan. Non ci sono state praticamente vittime provenienti da Mosca, anche se i residenti della capitale rappresentano quasi il 9% della popolazione russa. La distruzione e lo sfruttamento dei nostri popoli stanno continuando anche in questo esatto momento, e dobbiamo fermarli.
Noi, coordinatrici e attiviste non russe della Resistenza Femminista Contro la Guerra, siamo convinte che sia giunto il momento di riconsiderare il termine “natsmen” (e al femminile “natsmen_ki!) accettandolo con orgoglio. È giunto il momento di unirsi e di lottare per la vita alla quale aspiriamo e che meritiamo, per le nostre lingue e culture, per una Russia che non ha posto per l’oppressione etnica e il pregiudizio. È giunto il momento di lottare per il il principio che ogni popolo ha diritto al proprio futuro, che esiste più di un’opzione di sviluppo e che siamo liberi di sceglierla noi stesse.
Il primo passo di questa lotta è fermare la guerra imperialista in Ucraina, il cui obiettivo è conquistare un altro popolo sottraendogli territori, assoggettando il suo sviluppo agli interessi di Mosca. È giunta l’ora che la Russia lasci vivere in pace gli altri popoli e i paesi vicini, per pensare finalmente al proprio popolo. Invitiamo tutti coloro che hanno a cuore il futuro dei propri popoli a unirsi alle azioni contro la guerra, a diffondere informazioni sulla guerra e sui sabotaggi – e a compiere ogni altra azione che possa contribuire a fermare la guerra.
Cosa si può fare fin da ora?
- Unitevi ai rappresentanti del vostro popolo in gruppi di attivisti, discutete del futuro che desiderate per voi stesse e di come potete lottare per ottenerlo. Alcuni popoli hanno già dato vita a gruppi di questo tipo, come ad esempio “Buryatia libera” e “Calmucchi contro la guerra in Ucraina”. Esprimiamo il nostro sostegno ai partecipanti a queste iniziative.
- Utilizzare la propria lingua madre come strumento di protesta, per aumentare così la visibilità delle persone che in Russia parlano una lingua diversa dal russo.
- Traducete questo appello, il manifesto della Resistenza femminista contro la guerra o altri testi antiguerra nella lingua del vostro popolo. Il manifesto della resistenza femminista contro la guerra è già stato tradotto in lingua udmurta, sakha, bashkira e tatara.
- Create e distribuite manifesti e volantini contro la guerra e per la decolonizzazione delle vostre terre, disegnate graffiti, organizzate proteste.
- Pensate alle possibili forme di sabotaggio delle aziende locali coinvolte nel supporto alla guerra in Ucraina. Non sono solo le imprese del settore della difesa a essere coinvolte in questo processo, ma anche, ad esempio, i media o le scuole che educano i bambini alla guerra e riempiono i loro cervelli di propaganda. Non è necessario licenziarsi, si possono trovare altre soluzioni per evitare compiti evidentemente connessi alla guerra.
Inoltre, stiamo lanciando una nuova rubrica nel canale FAS con l’hashtag #voice_natsmen_ok
Inviate al nostro bot le vostre testimonianze sull’imperialismo russo e sugli atteggiamenti verso i non russi in Russia, e li pubblicheremo sul canale. La guerra in Ucraina è un ennesimo crimine di guerra e gli ucraini sono un ennesimo popolo che soffre a causa dell’imperialismo russo. Finché il passato e il presente della Russia non verranno rielaborati, finché non cesserà la spinta imperiale verso la schiavitù e la conquista, è impossibile parlare di futuro. Combattiamo insieme contro l’imperialismo russo e per la libertà di autodeterminazione nazionale.
*articolo apparso il 20 maggio 2022 sul blog https://crisiglobale.wordpress.com/