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Il conflitto fra il gruppo HRS e i progettisti del PSE inizia a far esplodere le contraddizioni che avevamo segnalato durante tutta la campagna referendaria. Nessuno degli accesi sostenitori di questo progetto può affermare “non potevamo saperlo” senza mentire spudoratamente. Le contraddizioni e gli elevati rischi sono stati segnalati a tempo debito, soprattutto dal Movimento Per il Socialismo (MPS). Ora Municipio e consiglio comunale imparino ad assumerne le loro responsabilità. Imparino perché questo rischia di essere il primo caso di una lunga serie di problemi che accompagneranno la realizzazione di questo progetto milionario e fallimentare.

D’altronde non poteva andare diversamente, tanta era la sproporzione dei rapporti di forza in campo. Da una parte HRS, ovvero uno dei più potenti gruppi capitalisti immobiliari verticali della Svizzera, il quale ha al suo servizio più avvocati che architetti; dall’altro, un Municipio che brilla per il suo elevato grado di inettitudine, ben coadiuvato da un consiglio comunale fatto di vassalli senza idee e nerbo. In queste condizioni, mettersi nelle mani di HRS, inneggiando alla supremazia del Partenariato Pubblico Privato (PPP), equivaleva ad accettare volontariamente di farsi garrotare.

Il conflitto citato impone alcune considerazioni. In primo luogo appare chiaro chi comanda a livello della realizzazione del PSE e quali sono le sue finalità fondamentali. Il gruppo HRS ha deciso, secondo quanto riportato dall’avvocato Tamagni legale dei progettisti, di disfarsi di questi ultimi, indipendentemente dai contratti firmati. La strategia di HRS è cristallina: aumentare i propri profitti avviando procedure legali. Il vantaggio? Far spendere soldi ai committenti, ai subappaltatori, prolungare i tempi di realizzazione di un progetto oppure rinviare alle calende greche la risoluzione di problemi, spingendo così la controparte ad accettare compromessi comunque vantaggiosi per HRS. Nel caso in questione, poi, a essere trascinato in tribunale insieme al gruppo HRS rischia di essere anche il Comune di Lugano, con i relativi costi legali e di indennizzo. Oggi HRS attacca i progettisti, domani potrebbe attaccare il Comune di Lugano e chiunque parteciperà alla costruzione del PSE. La sete di profitto di questo colosso immobiliare può passare anche attraverso soluzioni di questo tipo.

I motivi della disdetta del “rapporto di lavoro” intimata ai progettisti sono chiari. Così facendo, HRS diventa appaltatore totale, aumentando il proprio margine di profitto. E, non meno importante, si leva di torno un potenziale ostacolo a livello del rispetto della qualità e della durata delle opere edili realizzate. Detto altrimenti, HRS avrà il controllo totale sulla situazione. Chi invece controllerà l’appaltatore totale? Chi eviterà speculazioni di varia natura? Le autorità politiche luganesi?

No di sicuro. E qui arriviamo alla seconda questione. La situazione attuale toglie qualsiasi dubbio: il Municipio di Lugano è già succube di HRS. La scelta del PPP ha ficcato l’intera città in un vicolo legale senza uscita, se non a carissimo prezzo. E anche qualora le autorità politiche cittadine trovassero il coraggio di rompere questo accerchiamento, si dovrebbe ripartire da zero. Opzione impossibile considerato che l’argomento principale contro il referendum è stato quello che l’eventuale rifiuto popolare del PSE avrebbe procurato tali e tanti ritardi da condannare il FC Lugano… Ormai Municipio e Consiglio comunale sono con le spalle al muro. Come un traballante anatroccolo dovranno seguire mamma papera HRS, in tutto e per tutto.

La subordinazione definitiva della politica agli interessi privati del gruppo HRS potrebbe avere altre conseguenze pesanti. Vi ricordate una delle favolette della campagna secondo la quale il 75% dei lavori sarebbero stati assegnati a ditte ticinesi? E che sarebbero stati così creati 400 posti di lavoro? HRS non ha esitato un secondo a far gettare fuori bordo i progettisti implicati da più di 10 anni nel progetto, figuriamoci se si sentirebbe vincolata da alcune semplici promesse fatte nel corso di una campagna referendaria. Vi è da essere inquieti pensando a cosa potrà succedere sui cantieri in termini di controllo e di rispetto delle condizioni di lavoro, della proliferazione dei subappalti a catena, ecc.

Tanto più che, giova ricordarlo, il rispetto delle condizioni di lavoro e dei diritti contrattuali è demandato all’azione di una società privata, la WorkControl Suisse, della quale HRS è azionista. Come dire: il controllato che controllo il controllore…

Anche su questo fronte, le autorità politiche luganesi non muoveranno un dito, ormai asfissiate dal controllo esercitato dal gruppo HRS. Rimanete sintonizzati, il peggio deve ancora venire. Ma questo non è un film, è la cruda realtà…

*articolo apparso sul quotidiano La Regione sabato 18 giugno 2022