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Secondo il quotidiano Le Monde sembrerebbe che:
– o ci sarà un compromesso territoriale che lascerà la Crimea e parte dell’Ucraina orientale (o anche il sud?) alla Russia;
– o non ci sarà l’adesione dell’Ucraina all’UE (a meno che l’Ucraina non recuperi prima con le armi la totalità dei territori conquistati da Putin, il che sembra improbabile… a meno che l’esercito russo non crolli o il Cremlino non venga completamente rovesciato).
Macron, Draghi e Scholz erano ovviamente consapevoli di questa alternativa quando si sono recati a Kiev di recente. Pertanto, la promessa fatta a Zelensky di accettare l’ingresso dell’Ucraina nel percorso di adesione all’UE è un regalo avvelenato. Un regalo del tutto coerente con le precedenti dichiarazioni di Macron sulla necessità di un compromesso per “non umiliare la Russia”. Il presidente francese è un esperto di doppi sensi.
È improbabile che Zelensky non fosse a conoscenza di queste implicazioni quando ha definito la visita dei tre pesi massimi europei una “giornata storica”… Si può quindi pensare che anche il presidente ucraino parli da entrambi i lati della bocca: da un lato combatte ad oltranza, dall’altro, in petto, parla di realpolitik.
D’altra parte, il regalo di Macron, Draghi e Scholz a Zelensky è avvelenato su un altro piano, ovvero l’obbligo per Kiev di allinearsi allo “schema comunitario”, cioè di rispettare l’enorme massa di regolamenti dell’UE.
Questa conformità potrebbe forse implicare qualche progresso per la società ucraina in alcuni settori: la lotta alla corruzione o i diritti delle persone LGBT, ad esempio. Ma il rispetto delle regole serve soprattutto a concretizzare l’incorporazione dell’Ucraina nelle politiche neoliberali: libera circolazione dei capitali e delle merci, libera concorrenza, liberalizzazione dei servizi, privatizzazione della sanità, ricerca al servizio dei capitalisti, ecc. Per entrare nell’UE capitalista, campione mondiale del neoliberismo, bisogna mostrare le proprie credenziali…
Possiamo quindi scommettere che la prospettiva di entrare nell’UE incoraggerà Zelensky ad approfondire ancora di più le riforme neoliberali che aumentano le disuguaglianze… continuando ad adulare il nazionalismo anti-russo come diversivo delle frustrazioni sociali (sul tema “Ucraina come frontiera della democrazia europea contro la barbarie dell’Est”). Su questa strada, se alla fine ci sarà un “Piano Marshall” europeo per l’Ucraina, esso sarà concepito per avvantaggiare soprattutto le multinazionali e gli oligarchi locali, questi ultimi pronti a collaborare con le prime per massimizzare i profitti a spese delle classi lavoratrici.
Una contraddizione della situazione è che, in questo modo capitalista e nazionalista, il popolo ucraino, anche con le armi più sofisticate dell’imperialismo occidentale, non sarà in grado di conquistare i suoi legittimi diritti. Tranne, ripeto, in caso di collasso dell’esercito russo, con l’ascesa del movimento contro la guerra in Russia. Più il governo ucraino approfondisce il suo neoliberismo e nazionalismo diseguale, meno probabile sarà lo scenario del crollo dell’esercito russo.
In termini strettamente militari, una vittoria dell’Ucraina (nel senso di recuperare tutto il suo territorio) sembra impossibile. La notevole resistenza opposta dal potente esercito russo lo dimostra: ha bisogno di armi, ma le armi non sono nulla senza la forza di convinzione di chi le brandisce sul campo. La resistenza dell’Ucraina non sarebbe nulla senza la straordinaria mobilitazione della stragrande maggioranza del popolo ucraino.
Nell’epoca dell’imperialismo, la borghesia dei paesi dominati non è più in grado di intraprendere la lotta per i diritti nazionali democratici. Questa lotta può essere portata avanti fino in fondo solo dalle classi lavoratrici. La vecchia separazione tra la fase democratica nazionale e quella socialista dell’emancipazione viene così cancellata a favore di un processo di rivoluzione permanente, in cui le rivendicazioni anticapitaliste assumono un peso crescente. Questa “legge” formulata da Parvus e ripresa da Trotsky all’inizio del secolo scorso è stata poi confermata da tutta l’esperienza storica delle lotte nei Paesi coloniali. Ciò vale anche per il caso della nazione ucraina che lotta per la propria esistenza contro l’imperialismo russo.
Il popolo ucraino può vincere solo se la sua lotta per il diritto democratico all’autodeterminazione si combina con una lotta sociale contro i privilegi degli oligarchi, contro il saccheggio delle ricchezze nazionali da parte di tutti gli imperialismi e contro le politiche neoliberiste che generano mostruose disuguaglianze. Di fronte a questa combinazione, infatti, i discorsi sconci di Putin sulla “denazificazione” dell’Ucraina hanno tutte le possibilità di perdere la loro presa sulla massa dei soldati russi. Saranno in grado di capire che lo schiacciamento del popolo ucraino è l’esatto contrario degli interessi sociali e democratici del popolo russo, che questo schiacciamento è in realtà solo finalizzato a rafforzare a loro spese la cricca dei “loro” oligarchi e il loro potere dispotico di classe, incarnato da Putin.
Mi si dirà che questo orientamento politico è del tutto minoritario, e quindi irrealistico. È certamente una minoranza, ma è l’unica realistica dal punto di vista del diritto incondizionato all’autodeterminazione del popolo ucraino. Gli altri orientamenti equivalgono a sostenere una forma o l’altra di realpolitik campista, ed è nella palude di questi campismi (pro UE-NATO o pro Russia-Cina) che la maggior parte della sinistra internazionale si sta impantanando e sta perdendo la sua anima. Dobbiamo trarre conclusioni pratiche e sostenere le forze di sinistra minoritarie che stanno coraggiosamente combattendo in Ucraina e in Russia contro la guerra di aggressione russa e per un’alternativa anticapitalista e internazionalista.

*articolo apparso sul blog Refrattario e Controcorrente il 27 giungo 2022.

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