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Lo scorso 27 luglio, con uno scarno comunicato, PS e Verdi hanno risposto negativamente alla proposta dell’MPS sulle prossime elezioni cantonali. Sorprendente che la risposta negativa sia giunta nello spazio di poche ore, senza che le istanze direttive di questi partiti – né, evidentemente, la loro “base” – abbia potuto in qualche modo prenderne conoscenza. Una proposta, lo ricordiamo, che noi avevamo presentato alle istanze direttive dei due partiti già a fine giugno (cioè circa un mese prima di renderla pubblica).

Di fronte a questo atteggiamento, abbiamo ritenuto opportuno prendere posizione contestando, quasi punto per punto, i contenuti della presa di posizione di PS e Verdi. La nostra idea è quella di rilanciare la discussione, rivolgendo queste nostre considerazioni certamente alle istanze direttive di Ps e Verdi, ma anche a tutti coloro che pensano si debba affrontare con un attegiamento diverso un periodo politico assolutamente nuovo e che ci pone di fronte a differenti crisi.

Entriamo ora nel merito delle considerazioni di PS e Verdi

1.L’MPS è uscito senza preavviso sulla stampa; è un atteggiamento poco costruttivo nell’ottica di formare un’alleanza.

Queste affermazioni non corrispondono al vero. Lo scorso 29 giugno (circa un mese fa) vi è stato un incontro tra MPS ed PS-Verdi organizzato da Marco Noi, co-coordinatore dei Verdi, e con la partecipazione del copresidente Fabrizio Sirica. In quell’occasione l’MPS ha illustrato esplicitamente la proposta di liste uniche per Consiglio di Stato e Gran Consiglio. In quella sede abbiamo pure specificato che questa proposta avrebbe dovuto essere collegata ad un programma che contenesse importanti elementi di discontinuità rispetto alla politica fin qui seguita in governo e fondare una politica di opposizione in Governo e in Gran Consiglio.
Dopo quell’incontro, il coordinamento MPS ha precisato dettagliatamente quella proposta in un progetto di risoluzione sottoposta in consultazione ai suoi militanti ed alle sue militanti. Contemporaneamente abbiamo richiesto un nuovo incontro a PS e Verdi, sempre per il tramite di Marco Noi. Incontro che si è svolto lo scorso 15 luglio (circa due settimane fa). Nel corso di quest’incontro abbiamo informato Marco Noi del contenuto della nostra risoluzione (che riprendeva i contenuti della proposta già illustrata a fine giugno) e della nostra intenzione, qualora la stessa fosse stata approvata dalla nostra base, di renderla pubblica, proprio con l’obiettivo di sviluppare una discussione più ampia. Marco Noi ha preso atto di questa nostra comunicazione e ne ha informato, come ci ha detto, sia le istanze del PS che quelle dei Verdi.
Una proposta, per riassumere, formulata esplicitamente nell’incontro di fine giugno e resa pubblica il 27 luglio.

2. In un sistema consociativo è importante portare avanti un’opposizione costruttiva. È giusto dire di no, ma in certe occasioni è anche importante saper trovare un compromesso con le forze che la pensano diversamente dal nostro polo progressista.

Il ragionamento, tradizionale, appare a prima vista sensato. In realtà è astratto poiché dà per scontato che i “compromessi” raggiunti siano “utili” e rappresentino risposte adeguate rispetto alle richieste e ai bisogni dei salariati per il solo fatto che sono state “proposte” e “accolte” dal “fronte progressista”.
In realtà, quando si vanno a vedere problemi, proposte e risultati ci si rende conto che i “compromessi” raggiunti sono misure assolutamente insufficienti; spesso rappresentano, nella migliore delle ipotesi, un “male minore”, diventando punto di appoggio non per miglioramenti ulteriori (come pensa il “polo progressista”), ma per peggioramenti. Poiché si tratta di una questione centrale, val la pena dedicarvi una riflessione più ampia.
Potremmo fare numerosissimi esempi. Ci limitiamo a quattro, due a livello federale e due a livello cantonale, tutti su temi fondamentali.
Nel 1972 il popolo svizzero accoglieva la revisione l’art. 34quater della Costituzione che postulava l’istituzione della previdenza professionale (2° pilastro-casse pensioni) e della previdenza individuale (3° pilastro). Di fatto, un vero e proprio controprogetto all’iniziativa popolare “Per vere pensioni popolari” che proponeva un rafforzamento dell’AVS (pure in votazione). La creazione del sistema dei tre pilastri fu il risultato di un «compromesso» difeso a spada tratta dal PSS e dalle direzioni sindacali dell’USS che si impegnarono attivamente a convincere i salariati che esso rappresentava un “compromesso” che avrebbe garantito loro il migliore dei sistemi previdenziali possibili e immaginabili.
Cosa sia successo da allora (dopo due generazioni) è sotto gli occhi di tutti: il nostro sistema previdenziale non solo garantisce pensioni complessivamente sempre meno adeguate; ma il 2° pilastro si è rivelato un vero imbroglio per i salariati e le salariate e un affare per banche e assicurazioni. Quello che era stato presentato come un “un compromesso progressista”, un “passo avanti nella giusta direzione” si è rivelato un disastro. Già nel 1985, 10 anni dopo quel voto (con l’entrata in vigore della LPP che concretizzava il dettato costituzionale approvato nel 1972)  Fritz Leuthy – segretario dell’USS e uno degli artefici del sistema dei tre pilastri, doveva constatare amaramente che “questa legge non è una legge a favore dei salariati”.
Il secondo esempio, su un tema non certo meno importante, riguarda il servizio pubblico, oggetto di un processo di privatizzazione costruito su due elementi: la trasformazione delle ex-regie federali in società anonime (FFS e La Posta) e la loro apertura ad azionisti privati (Swisscom). In entrambi i casi il PSS approvò questo processo, rivendicando il risultato come un “compromesso” onorevole, teso a evitare il “peggio” e foriero di sviluppi positivi.

La riforma della Posta approvata alla fine degli anni ’90 era gravida di processi di privatizzazione e aziendalizzazione che hanno portato ad una diminuzione del personale, ad un peggioramento delle condizioni di lavoro e di salario, ad un indebolimento del servizio pubblico. Eppure i dirigenti del PSS difesero quella legge, addirittura rivendicandone una sorta di “paternità”. Christiane Brunner, deputata PSS –  poi presidente e dirigente dell’USS, così commentava quella riforma: ”Sotto la direzione del PS, con il sostegno dei Verdi, di una parte del PPD e di qualche radicale delle regioni periferiche e di montagna, il Parlamento ha adottato la riforma delle PTT come un tutto. Con questa riforma, abbiamo fatto del servizio pubblico e dell’approvvigionamento di base dei soggetti maggiori e siamo riusciti ad ancorarli nella legge. Con questa riforma abbiamo creato le condizioni sul piano nazionale che permetteranno alle Telecom  di sussistere nel mercato globalizzato delle telecomunicazioni e di conservare i suoi posti di lavoro. La riforma delle PTT è giudiziosa”.

Sulla rete di uffici postali, già allora al centro delle preoccupazioni dei dirigenti del PSS, ecco come Simonetta Sommaruga, siamo sempre nella discussione su quella riforma, immaginava il futuro degli uffici postali in Svizzera: “nell’ottica del consumatore e della consumatrice, è decisivo che dopo la riforma della Posta, il servizio universale resti assicurato sull’insieme della Svizzera.[…] La rete di uffici postali potrà fondamentalmente restare intatta. […] Così la Posta continuerà a soddisfare i bisogni di grande parte della popolazione”. (sottolineatura nostra).

Quel “compromesso” ha in realtà aperto la strada al “peggio”, non ha rappresentato un “passo avanti”, ma l’inizio della fine dal punto di vista del servizio pubblico. È vero che ora tutti denunciano la situazione: ma, come si dice, i buoi hanno da tempo lasciato la stalla.

E veniamo al terzo esempio, un tema di grande attualità: la cassa pensione dei dipendenti pubblici (IPCT).

I problemi attuali affondano le radici nella riforma del 2012, approvata da tutti in Parlamento (un “compromesso” esemplare lo aveva qualificato la capogruppo del PS) con la sola eccezione dell’MPS che aveva preannunciato i problemi che oggi ci troviamo ad affrontare e criticato il fatto che per anni il Cantone – datore di lavoro – ha continuato a sottocapitalizzare la cassa (in altre parole a metterci meno soldi di quelli necessari per garantire buone pensioni future ai propri dipendenti). Quella riforma (compromesso modello)  ha avuto come conseguenza una diminuzione del 20% delle rendite, lasciano irrisolti i problemi di sottocapitalizzazione.

Adesso siamo di nuovo alla resa dei conti. Il Gran Consiglio ha appena approvato (ancora con la nostra opposizione) un nuovo compromesso per la ricapitalizzazione della cassa; un compromesso tutto fondato sulla fiducia nei mercati. Risultato: quel bel “compromesso” è ancora fermo al palo poiché i mercati non promettono nulla di buono. E all’orizzonte c’è già una nuova diminuzione delle rendite di un altro 20%…

Un compromesso che, nelle sue versioni successive, rischia di costare a buona parte dei dipendenti pubblici il 40% della rendita…

E infine, quarto esempio, come dimenticare, il “compromesso” cucinato in Parlamento proprio dei rappresentati del PS sull’iniziativa dell’MPS “Basta con il dumping salariale in Ticino”? Quel controprogetto, era evidente fin dall’inizio, aveva come unico obiettivo di sconfiggere l’iniziativa in votazione popolare. E così fu, nel 2016: il controprogetto vinse con uno scarto così minimo rispetto all’iniziativa; da rendere evidente a tutti che se il PS non lo avesse sostenuto, l’iniziativa dell’MPS sarebbe stata accolta facilmente.

Poi la “delusione”: tutte le promesse del controprogetto si sono sciolte come neve al sole e oggi continua a non esserci alcun controllo del mercato del lavoro.

Potremmo moltiplicare gli esempi. Ripetiamolo: sulle questioni di fondo il bilancio della politica dei “compromessi realizzativi” è assolutamente negativo rispetto ai bisogni, alle attese, ai diritti delle salariate e dei salariati. Tale situazione si accentuerà ancora di più negli anni a venire in un quadro generale molto più sfavorevole per le salariate ed i salariati.

3. Vi sono distanze politiche tra il PS, Verdi e MPS. Nel corso della legislatura l’MPS non si è dimostrato particolarmente aperto alla cooperazione

Certamente vi sono distanze politiche tra MPS e il PS o I Verdi. Così come ve ne sono tra Verdi e PS.
L’MPS ha svolto la propria funzione di partito di opposizione (al quale spesso – e con la collaborazione attiva di tutti i partiti che gestiscono le attività parlamentari – si tenta di impedire lo svolgimento di tale funzione). E la mancata “cooperazione” riguarda le politiche proposte dal governo. Questa mancata “cooperazione” investe evidentemente anche il PS nella misura in cui è “fedele” alle proposte del governo. In fondo è proprio  il “governismo” del PS a impedire che si sviluppino – se non in rare occasioni – “cooperazioni” tra le forze “progressiste”.

4. Per il legislativo è importante correre separati perché all’interno di questo polo vi sono partiti diversi, ognuno con le proprie sensibilità, la propria storia e la propria identità da mantenere. Correre con liste separate per il legislativo offre la possibilità ad ogni forza politica di far valere le proprie peculiarità e identità, e di essere quindi più numerosi a contribuire al progetto comune. Inoltre, con il gioco dei resti, una presenza di liste separate per il Gran Consiglio otterrebbe complessivamente più seggi di una lista unica.

Ma come? Si nega all’MPS la possibilità di partecipare ad un fronte elettorale poiché vi sarebbero divergenze di fondo e poi ci si viene a dire che non si può fare una lista unica per il Gran Consiglio perché farebbe scomparire le peculiarità di ogni forza politica?

Il nostro ragionamento, lo ribadiamo, non ha alcun interesse elettorale di partito, ma rappresenta una proposta politica. In questo senso, abbiamo un punto di vista diverso dal PS il quale, per ragioni di pura opportunità elettorale, ha scaricato il Partito Comunista, ritenendolo, dopo il suo sostegno alla guerra di Putin, infrequentabile elettoralmente (anche se continua a esserlo a livello delle maggiori città del Ticino – Lugano, Bellinzona, Locarno: si vede che a questo livello la difesa di principi di fondo non vale più…).

Per quel che riguarda l’efficienza dei risultati di liste uniche o separate per il Gran Consiglio, invece di pontificare sul nulla, varrebbe la pena prendersi la briga di guardare i risultati delle ultime elezioni (giusto per avere un riferimento concreto). Ebbene, in termini di seggi non è assolutamente vero che per il Gran Consiglio più liste portano a più seggi. La somma dei voti ottenuti nel 2019 da PS-Verdi-MPS avrebbe garantito – se sommati in una ipotetica lista unica – 22 seggi. Lo stesso numero di seggi ottenuto con liste separate da PS, Verdi e MPS.

A questo aspetto “contabile” se ne dovrebbe aggiungere un altro che avrebbe un valore  politico simbolico importante, perlomeno dal punto di vista parlamentare. Un gruppo unico di queste dimensioni potrebbe, realisticamente, diventare il gruppo più importante in Gran Consiglio ed ambire ad aumentare il numero di membri nelle commissioni. Al momento sono 3 per il PS e 1 per i Verdi, con 22 seggi si potrebbe guadagnare un seggio, sottraendolo ai partiti borghesi, ed arrivare a 5. 


5. Obiettivo della lista unica per il Governo è di ottenere due seggi, coinvolgendo una larga maggioranza di votanti attraverso un programma comune.

Alle ultime elezioni cantonali per il Consiglio di Stato il PS ha ottenuto il 17.06% dei voti, i Verdi il 4.33% e l’MPS il 2.07%.  

Se l’obiettivo è raggruppare tutte le forze possibili per ottenere due seggi, ci pare perlomeno singolare che si rinunci per principio ai voti dell’MPS, per pochi o tanti essi siano. E questo anche tenendo conto che molti ritengono questo obiettivo del secondo seggio assolutamente irrealistico.

In una rinuncia del genere ci pare di poter vedere di fatto un atteggiamento che ha già accettato l’idea che il secondo seggio non potrà essere conquistato. Ma, naturalmente, si deve dare in pasto alla propria base un motivo di speranza, qualcosa di motivante, un obiettivo per cui battersi: quello del secondo seggio ha, in questo contesto, questa unica funzione.

Non ci pare un atteggiamento onesto e non ci pare che debba essere il messaggio più importante.

Quello che noi proponiamo, liste uniche per il CdS e per il GC come strumento per meglio rappresentare e stimolare la resistenza sociale dei salariati e delle salariate di fronte alle politiche governative, non solo ci sembra più onesto e comprensibile, ma anche più motivante e, non da ultimo, realistico.

Per concludere non possiamo che ribadire al Partito Socialista e ai Verdi la nostra proposta politica per delle liste uniche per il Consiglio di Stato ed il Gran Consiglio collegate a un programma di discontinuità rispetto alla politica in governo e fondare una politica di opposizione nell’esecutivo e nel legislativo.
Tale proposta politica, come indichiamo nella nostra risoluzione in vista delle elezioni cantonali 2023, prende le mosse dal nuovo difficile periodo con cui saremo confrontati (precarizzazione, dumping sociale, crisi economica, guerra, emergenza ambientale, ecc.): è partendo da questa constatazione che abbiamo ritenuto importante lanciare la discussione su un fronte elettorale che possa rappresentare uno stimolo per quel fronte unico sociale di cui abbiamo urgentemente bisogno per far muro alla destra.

Non spetta a noi decidere quale siano le istanze interne di altre organizzazioni competenti a pronunciarsi in modo definitivo su questa nostra proposta politica. Sarebbe in tutti i casi a nostro avviso opportuno, visto il difficile periodo che ci aspetta, che nel corso dell’autunno essa possa aver diritto di cittadinanza nel dibattito politico del Partito Socialista e dei Verdi.