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Sui social network si sentono molte sciocchezze su Gorbaciov.
Gorbaciov non è stato certo l’affossatore della rivoluzione: la rivoluzione era morta, almeno da quando Stalin aveva preso il potere nel 1928.
La rivoluzione è il potere rivoluzionario del popolo auto-organizzato in consigli – i “soviet”. Quando Gorbaciov entrò in carica, il potere era da tempo nelle mani esclusive di uno strato di burocrati che vivevano come capitalisti.
Questi parassiti non fingevano nemmeno più di credere nel socialismo: il loro sogno era quello di appropriarsi della proprietà statale e di trasmetterla ai loro discendenti, per completare la loro metamorfosi e non essere più obbligati a seguire devotamente i dogmi della religione di Stato “marxista-leninista” (povero Marx, povero Lenin).
Questa cricca di vecchi aveva deciso di mettere al potere Gorbaciov per cercare di salvare il sistema dal collasso. Perché lo sapevano tutti: il crollo sembrava inevitabile.
Il piano di Gorbaciov prevedeva l’introduzione di riforme di mercato per rilanciare l’economia pianificata (perestrojka) e di riforme democratiche per dare legittimità al potere della burocrazia (glasnost). Non si trattava di smantellare l’URSS o di ripristinare il capitalismo.
Gorbaciov ha fallito per tutta una serie di motivi (Afghanistan, Chernobyl, la corsa agli armamenti di Reagan…). L’atmosfera di “fine del sistema” esasperava la guerra tra clan all’interno della burocrazia, si sentiva l’arrivo della maledizione, ogni burocrate voleva assicurarsi il potere per il futuro, con ogni mezzo. Le forze centrifughe sono cresciute, soprattutto a livello delle repubbliche federate.
Ma il punto fondamentale è che il mostruoso sistema di un’economia collettivizzata che funzionava (molto male) al servizio di una casta burocratica e a spese delle classi lavoratrici era impossibile da riformare.
C’erano solo due soluzioni: o una rivoluzione anti-burocratica con la reinvenzione del potere popolare sovietico; o il ristabilimento del capitalismo attraverso la dittatura dei burocrati che completavano la loro mutazione in capitalisti e si alleavano con il capitale internazionale. Dopo decenni di totalitarismo e menzogne, la prima soluzione era diventata infinitamente improbabile.
Il Partito Comunista Cinese ha imparato rapidamente la lezione di Gorbaciov: perestrojka sì, glasnost no. E, soprattutto, niente diritti democratici per i cinesi. E, ancora di più, nessun diritto democratico per le nazionalità dell’Impero!
È così che la burocrazia è riuscita a mantenere il potere trasformando se stessa e la Cina in una grande potenza imperialista… al costo di una dittatura di ferro esercitata da un apparato di polizia ereditato dallo stalinismo, che impiega i metodi high-tech della Silicon Valley.
Anche Putin ha imparato la lezione. Piuttosto che il piano “ingenuo” di Gorbaciov, con la sua “glasnost”, nel 1988-1991 avrebbe dovuto faar cadere molte teste, mettere in riga i polacchi, i baltici, gli ucraini e i georgiani. Inviare i carri armati, come a Praga nel 1968 e a Budapest nel 1956.
Per Putin, questa dittatura avrebbe dovuto essere realizzata fin dall’inizio, perché era il naturale complemento dell’appropriazione della proprietà statale da parte della burocrazia. La trasformazione dei burocrati in oligarchi capitalisti sarebbe avvenuta a livello centrale, sotto la guida di Mosca, invece che in modo caotico, selvaggio e frammentato nelle repubbliche indipendenti.
Putin vuole far girare la ruota della storia all’indietro (per quanto possa fare il suo esercito) per restituire agli oligarchi l’impero russo che secondo lui non avrebbero mai dovuto perdere. Un impero basato sul grano e sui combustibili fossili. Questo è il significato della guerra in Ucraina ed è effettivamente una guerra imperialista.
Girare al contrario la ruota della storia è l’essenza del pensiero reazionario. Nell’epoca dell’imperialismo, ciò assume sempre le caratteristiche del fascismo. Questo è il significato dell’ideologia che accompagna la guerra contro l’Ucraina. Non è un caso che Dugin sia un seguace dell’occultismo e un ammiratore di Evola. Non è un caso che il crimine di Putin sia benedetto dal Patriarca Kyrill come una crociata contro gay e lesbiche, quei “degenerati dell’Occidente”.
E la sinistra in tutto questo? Essa è coinvolta dalla propria storia, dalle sue storie
Chi non ha capito nulla del fenomeno burocratico, chi non ha capito che Stalin ha guidato una controrivoluzione, chi pensa al contrario che i gulag, i processi di Mosca e il patto con Hitler abbiano “salvato il comunismo”, oggi è abbastanza indifeso. Il loro software politico difettoso li spinge ad allinearsi al “campo” di Putin.
Alcuni lo fanno apertamente, altri ipocritamente, in nome della “pace, della coesistenza pacifica” (sembrano gli eurocomunisti del secolo scorso!) e della priorità dei problemi sociali dei lavoratori “a casa” (questo “a casa” non vi dice niente?). Ma in entrambi i casi il risultato è catastrofico: si persegue una politica contraria ai diritti dei popoli, all’internazionalismo e quindi alla rivoluzione, mentre ci si drappeggia nella bandiera rosso-marrone del cosiddetto “marxismo-leninismo”. “La storia è il nostro libro”, diceva Marx. Sbagliare libro è pericoloso. È come sbagliare strada. Pericoloso. Soprattutto se si pensa che il Libro sia sacro.

*articolo apparso il 3 settembre 2022 su www.europe-solidaire.org. La traduzione in italiano è stata curata dal segretariato MPS