Oltre alla catastrofe climatica, alla pandemia e alla guerra in Ucraina, quest’inverno l’Europa vivrà un’altra crisi sociale generale. A causa del drastico aumento dei prezzi dell’energia e dell’alta inflazione [1], la povertà in Europa peggiorerà in modo massiccio. La Svizzera non rimarrà un’isola felice. Anche nel nostro paese dovremo affrontare le sfide della scarsità di energia e dell’aumento dei prezzi, anche se la portata e le conseguenze per i salariati dei Paesi circostanti saranno più gravi. La sinistra deve affrontare la sfida di pensare insieme alla guerra in Ucraina, alla catastrofe climatica, alla crisi energetica e ai massicci aumenti dei prezzi. Deve sviluppare rivendicazioni e azioni concrete che possano contrastare efficacemente questa costellazione esplosiva.
La gestione delle crisi in Svizzera
L’organizzazione di categoria Economiesuisse ha già chiarito in estate che un’eventuale carenza di energia non deve in nessun caso portare a qualsiasi forma di contingentamento di gas per le aziende. Nel farlo, i rappresentanti delle imprese utilizzano il vocabolario ben collaudato delle pandemie e sostengono che tutte le aziende sono in qualche modo “rilevanti dal punto di vista sistemico” perché costituiscono “l’infrastruttura critica” del Paese. Toccherebbe quindi, in primo luogo, alle abitazioni private risparmiare energia. A ciò si aggiungono alcune misure di carattere “pubblico”, come lo spegnimento dell’illuminazione stradale nelle ore notturne.
Quete posizioni dei rappresentanti svizzeri del capitale hanno ricevuto pochi giorni fa il sostegno del Consiglio federale, che torna a puntare sulla responsabilità individuale e sul volontarismo nella gestione della crisi, ovvero sulla protezione dei profitti e sulla difesa della competitività del capitale nazionale. Il 31 agosto 2022, il governo ha presentato alla popolazione la strategia di crisi e 80 consigli individuali per il risparmio energetico. Solo quando il gas diventerà effettivamente scarso ci saranno divieti e quote di contingentamento. Tuttavia, non è ancora chiaro se queste riguarderanno anche il settore industriale.
In generale, il dibattito è caratterizzato da proposte meschine e poco creative. Si concentra sui punti in cui è possibile risparmiare un po’ di energia negli spazi pubblici o nelle abitazioni private. Alle aziende, invece, vengono rivolti solo timidi appelli al risparmio energetico. In primo luogo, si ignora il fatto che una riduzione veramente sostenibile del consumo energetico dipende da decisioni politiche: pensiamo allo sviluppo del trasporto pubblico, all’solazione degli edifici, allo sviluppo delle energie rinnovabili. In secondo luogo, si nascondono le situazioni di disuguaglianza di fronte al consumo di energia. Come se non ci fosse differenza tra il riscaldamento di una villa e quello di un trilocale in cui vive una famiglia di quattro persone.
Allo stesso tempo, nonostante l’ondata di caldo estivo, la crisi climatica viene ignorata. Attualmente il Consiglio federale, in collaborazione con la società di investimenti privata Energy Infrastructure Partners, sta elaborando “piani di emergenza” per la costruzione di nuove centrali a gas. Diversi attori della politica e dell’economia stanno cercando di sfruttare la crisi emergente per dichiarare una guerra di principio a qualsiasi transizione energetica e per riabilitare le centrali elettriche a combustibile fossile e l’energia nucleare.
All’assemblea dei delegati dell’UDC del 20 agosto 2022, non solo è stato chiesto di creare la figura del “generale per l’energia”, ma la revoca delle sanzioni contro la Russia quale soluzione alla crisi energetica, “per poter ottenere nuovamente energia dalla Russia“. Se da un lato questa dichiarazione di un delegato testimonia una comprensione molto limitata del funzionamento del commercio e del trasporto di energia, dall’altro conferma come la destra europea va sempre più con insistenza in direzione di un’intesa con il regime di guerra di Putin. I partiti reazionari e di estrema destra in Europa e parte del capitale – in particolare l’industria automobilistica e chimica dei combustibili fossili in Germania – spingono con sempre maggiore veemenza per un “accordo di pace”, al fine di poter riprendere i rapporti commerciali (soprattutto le forniture di materie prime) con Putin e il suo regime.
Ridistribuzione e arricchimento delle imprese
La crisi energetica non solo porterà a un impoverimento massiccio, ma esacerberà anche le disuguaglianze sociali, perché le multinazionali dei combustibili fossili, in particolare, si arricchiranno a spese della popolazione durante questa crisi. I profitti delle grandi compagnie petrolifere hanno battuto nuovi record dallo scoppio della guerra. Mentre i produttori di petrolio e gas traggono vantaggio dall’aumento dei prezzi, alcuni commercianti di petrolio e gas si trovano in gravi difficoltà finanziarie.
Diverse società di trading energetico, come Uniper, il più grande importatore di gas della Germania, si sono giocate tutto perché hanno promesso ai loro clienti forniture di gas che ora non possono più rispettare a causa dei tagli alle forniture dalla Russia o devono acquistare il gas sul “mercato libero” a prezzi massicciamente aumentati per poter rispettare tali forniture.
L’imposta sul gas in Germania, che ammonta a circa 34 miliardi di euro pagate dai consumatori, è ora destinata a salvare le società di commercio del gas in difficoltà. Il fatto che aziende come Uniper, VNG ed EWE si stiano arricchendo a spese dei salariati dopo anni di affari con l’autocrazia di Putin è già di per sé una cosa abbastanza abominevole.
Ma quando lo Stato decide di redistribuire denaro pubblico, pagato dai contribuenti, alle imprese, a farsi avanti sono solo quelle che si trovano effettivamente in situazione difficili. In queste situazioni molte imprese e i loro leader mostrano una vera mentalità di approfittatori. Nel frattempo, è diventato evidente come diverse aziende che commerciano gas, che per anni hanno tratto profitto dagli alti prezzi dell’energia a spese delle finanze pubbliche e che se la stanno cavando alla grande, stanno prendendo per i fondelli lo Stato tedesco. Si calcola che saranno 3,4 miliardi di euro – versati dai salariati/consumatori – ad essere versati a questi profittatori della crisi. Naturalmente, sono coinvolte anche le società commerciali svizzere DXT Commodities e Enet Energy in Ticino, la società commerciale Gunvor fondata dal miliardario e confidente di Putin Gennadi Timchenko e Axpo, interamente di proprietà del settore pubblico.
Anche in Svizzera, capitalisti scaltri vogliono trarre profitto dalla crisi a spese della popolazione. L’ultima trovata dei feticisti del mercato è l’idea che le aziende che hanno acquistato elettricità a basso costo negli ultimi due anni e che ora non ne hanno più bisogno, possano vendere l’elettricità in eccesso ai prezzi di mercato attuali e realizzare ricchi profitti. In questo modo, le aziende sarebbero incentivate a risparmiare energia e potrebbero guadagnare soldi, sostengono i sostenitori di questi regali alle aziende. Quando sono state sollevate critiche nei confronti di questi profittatori della crisi, la NZZ ha affermato che nessuno deve giustificarsi per avere realizzato dei profitti… Beh, se però allo stesso tempo si ha la sfacciataggine di dire alla popolazione che dovrà prendere fretto per il bene delle imprese e dell’economia, allora forse è il caso di farlo…
Sfide per la sinistra
Finora, la sinistra ha parlato poco (in modo creativo) di questa situazione esplosiva. I socialdemocratici vogliono convincere le compagnie energetiche – che attualmente stanno accumulando profitti extra – a rinunciare volontariamente (!) a parte dei loro profitti. Altrimenti, propongono un tetto massimo per i prezzi dell’energia a partire dall’autunno, anche se questo sarà ancora una volta respinto dalle associazioni padronali e dai liberali. I sindacati non sono intervenuti quasi per niente nel dibattito, se non con isolati commenti individuali. Finora non sono state avanzate rivendicazioni concreti, nessun piano d’azione, nemmeno una nota di protesta contro l’aumento dei prezzi. Come già avvenuto nel caso della pandemia, si preferisce nascondersi dietro alla solita politica di concordanza e rimanere in silenzio.
Come sinistra, dobbiamo trovare un modo per combinare la lotta contro il trasferimento della crisi energetica e dell’inflazione sui salariati, la ristrutturazione ecologica della società e dell’economia e la solidarietà con il popolo ucraino (e russo). Se la sinistra non riuscirà a combinare questi tre aspetti, richia di essere poco credibile.
Se si abbandona la solidarietà con l’Ucraina e si insiste su un accordo di pace per abbassare i prezzi (dell’energia) e alleviare l’impoverimento in Europa, non solo si sostengono le richieste del capitale fossile, ma si agisce anche in modo eurocentrico e neocoloniale rispetto agli interessi dei salariati ucraini.
Se si mettono in contrapposizione le esigenze ecologiche e quelle sociali e si vogliono autorizzare nuove centrali a combustibile fossile di fronte alla carenza di energia e all’impoverimento, si rimanda a un secondo momento la transizione ecologica, cosa del tutto inaccettabile di fronte alla sempre più celere avanzata della catastrofe climatica. L’ondata di calore, la siccità e le piogge torrenziali che hanno colpito l’intera Europa nell’estate del 2022 sono state un altro impressionante avvertimento.
Infine, non si può prescindere dalle preoccupazioni sociali dei salariati. I partiti di destra e i loro sostenitori sono già ai blocchi di partenza per incanalare il malcontento sociale dalla loro parte. Cercheranno di sfruttare la situazione attuale per riabilitare Putin e voltare le spalle agli sforzi della pur liberale transizione energetica.
Cosa fare contro il capitalismo catastrofico?
La crisi energetica potrebbe essere l’occasione per fare qualcosa contro la fame di energia indotta dal capitalismo fossile e per trasformare la società dal punto di vista sociale ed ecologico. Il Consiglio federale si limita invece a proteggere gli interessi del capitale. Ad essere colpiti da questa crisi sono soprattutto coloro che non possono permettersi di pagare prezzi elevati dell’energia. Una risposta progressiva alla crisi dovrebbe distinguere tra consumo energetico necessario e superfluo. Tutti dovrebbero avere il diritto di disporre di energia a prezzi accessibili per soddisfare le esigenze di base.
Di fronte al sovrapporsi delle crisi del capitalismo catastrofico, oltre alle rivendicazioni a breve termine (divieto di costruire nuove centrali a combustibili fossili, aumento dei salari e delle pensioni, tassazione di coloro che traggono profitto dalla crisi, estensione del trasporto pubblico gratuito, investimenti pubblici per il rinnovamento energetico delle abitazioni, riduzione dell’orario di lavoro per ridurre il consumo di energia, ecc (2), il trasferimento della produzione, del trasporto e della fornitura di energia alla proprietà pubblica, sotto il controllo degli utenti e dei lavoratori, sarebbe il prerequisito per garantire a tutti i cittadini una fornitura di base di energia a basso prezzo (con tariffe progressivamente crescenti se l’energia viene consumata oltre la fornitura di base).
In questo modo, l’urgente de-fossilizzazione della società può essere affrontata concretamente e contrastare efficacemente la crisi energetica, l’inflazione e allo stesso tempo la catastrofe climatica. La socializzazione è anche un mezzo per combattere la destra, contribuendo anche ad indebolire il regime di Putin vietando ai suoi alleati (almeno indiretti) il commercio dell’energia.
*MPS Zurigo
[1] Per una spiegazione differenziata a sinistra dell’inflazione, si veda l’articolo “Perché i prezzi aumentano?” di Guido Speckmann, apparso su Analyse&Kritik di agosto.
[2] In Germania, il dibattito è già più avanzato e ci sono diverse richieste da sinistra. Christian Hofmann e Klaus Meier hanno già formulato alcune proposte in Analyse&Kritik nel maggio 2022.