Lunedi il DECS ha presentato la sua proposta per il superamento dei livelli alle medie.
È subito apparso evidente come la proposta sia una “di quelle che non si possono rifiutare”; Bertoli ha fretta di arrivare a una soluzione per non ritrovarsi ad aprile con le classiche pive nel sacco e lasciare il Dipartimento dopo 12 anni senza nessun risultato tangibile. Il Consigliere di stato non ha usato mezzi termini: se la commissione scolastica dirà di sì siamo pronti in tempi brevi (prima del 2 aprile) a presentare il messaggio e cominciare con il nuovo modello già a settembre 2023. In puro spirito preelettorale tutti gli altri partiti si sono già schierati a favore del progetto, il classico gioco del dare per avere che in campagna elettorale serve sempre…
Ma vediamo di entrare un po’ nel merito della proposta tenendo in considerazione due elementi: da una parte il metodo, dall’altra il contenuto.
Per quanto riguarda il metodo sembrerebbe che la proposta del DECS venga dai direttori di scuola media, anche se non è ben chiaro in che ambito e con che tempistica sia stata discussa tra di loro. Le altre componenti della scuola, che in maniera piuttosto discutibile e con tempi ristretti erano comunque state consultate per il primo progetto di sperimentazione bocciato in Parlamento, oggi vengono completamente bypassate…Insomma, il sistema di gestione antidemocratica del DECS ha fatto un ulteriore passo avanti: dato che le consultazioni, anche se fatte male, danno risultati negativi e critici, aboliamole e facciamo finta che i progetti siano condivisi…
D’altronde ci vuole la fantasia del direttore de La Regione per affermare che si tratta di “un progetto che, questa volta, giunge dal basso, dalla Conferenza dei direttori delle scuole medie”; basterebbe ricordare non solo che parliamo di 35 persone (il “basso” comprende oltre 5’000 insegnanti, circa 2’000 se ci si limita alle scuole medie) e che, per definizione oseremmo dire, “direttore” è una qualifica di qualcuno che sta in alto nella piramide del potere (visto che si tratta di “funzionari dirigenti”) e non certo in “basso”…
La questione di fondo rimane comunque quella dei contenuti della proposta che prevede l’abolizione dei livelli in terza e quarta e l’introduzione della co-docenza in matematica e tedesco.
Qualche passo avanti…
Ci sono, diciamolo subito, alcuni elementi positivi: l’abolizione dei livelli in terza e quarta media (la sperimentazione bocciata in Parlamento riguardava solo la terza) e la valutazione unica sono sicuramente dei passi avanti nella giusta direzione, permettendo di evitare una selezione già in seconda media che spesso è una selezione sociale.
Se dovessimo limitarci a questo primo e superficiale giudizio ci verrebbe da dire: beati quei tre voti dell’MPS che hanno permesso di seppellire quello sgangherato e inaccettabile progetto di sperimentazione presentato in Gran Consiglio. Un progetto sicuramente, e di gran lunga, assai peggiore di quello che oggi ci viene presentato. Non vogliamo certo assumercene il merito (anche perché abbiamo diverse riserve anche su questo progetto di cui diremo più avanti), ma invitiamo a riflettere sul fatto che, spesso e come sembra anche in questo caso, dire No a pessimi “compromessi” può aprire la via a “compromessi” magari ancora inaccettabili, ma sicuramente migliori dei peggiori.
Certo, qualcuno potrebbe dire che sono stati altri gli elementi di pressione decisivi; immaginiamo che PS e VPOD diranno che è grazie alla loro iniziativa popolare che questo nuovo progetto è sicuramente migliore (Raoul Ghisletta, a nome degli iniziativisti, ha affermato che “a un primo sguardo mi sembra rispettare i paletti della nostra proposta”); ma, potremmo aggiungere, senza la bocciatura del primo progetto di sperimentazione nessuno si sarebbe sognato di lanciare un’iniziativa popolare, accontentandosi di un pessimo “compromesso”.
Restano alcuni problemi di fondo
La proposta presentata garantisce formalmente un accesso più ampio alle scuole medie superiori post-obbligatorie e dovrebbe facilitare l’accesso alle scuole professionali. Ma già qui troviamo alcuni elementi di criticità: il DECS afferma che saranno le scuole superiori a decidere i criteri di accesso…Chi deciderà questi criteri? Su quali basi? Saranno possibili differenziazioni tra scuola e scuola o, addirittura, tra curricula liceali? (puoi accedere al liceo scientifico solo se hai 5 in matematica e al linguistico solo se hai 5 in tedesco e via dicendo?). Per quanto riguarda poi le scuole professionali e gli apprendistati il problema non si può certamente risolvere abolendo i livelli, servono più posti di apprendistato e più posti nelle scuole professionali, così come l’abolizione di alcuni criteri – del tutto ingiustificati, tipo avere una buona nota in matematica per l’accesso a formazioni del settore sanitario – che impediscono il libero accesso ad alcune formazioni.
Resta per noi quindi centrale, per un vero superamento della selezione operata dai livelli, difendere il principio secondo il quale l’ottenimento della licenza di scuola media deve permettere il libero accesso a tutte le formazioni post-obbligatorie (di tipo scolastico o professionale). Lo abbiamo chiesto con alcuni atti parlamentari (https://mps-ti.ch/wp-content/uploads/2022/07/Mozione-accesso-Scuole-prof-e-sms.docx.pdf). Senza questo passaggio decisivo, la selezione tenderà semplicemente a spostarsi altrove.
Ma veniamo alle criticità insite nel progetto stesso.
Si comprende male, ed è una “tara” che la scuola media e la sua organizzazione a livelli si porta dietro da tempo e dalla quale sembra non riuscire ad uscirne, per quale ragione – se non appunto, per un retaggio del passato – la co-docenza debba essere riservata a matematica e tedesco. Su quali basi sono state scelte queste due materie e non altre? Per quale ragione non dedicare la stessa attenzione a una materia come l’italiano (che non sembra, almeno finora, aver approfittato di forme di insegnamento che avrebbero dovuto potenziarne l’apprendimento – pensiamo, ad esempio, al laboratorio). Lo stesso discorso potrebbe essere fatto per altre materie, anche se possiamo immaginare che qui dominino discorsi di tipo utilitaristico: per molti non deve nemmeno essere dimostrato quanto “serva” il tedesco di fronte al “non servire a nulla” della storia…
Il progetto presentato indica poi la possibilità di dividere gli allievi in gruppi, per un insegnamento “differenziato”. Ma, ci si può chiedere: su quali basi? Per raggiungere quali obiettivi? La co-docenza è inoltre un progetto che va co-costruito e discusso e che non può essere imposto dall’alto.
A noi pare che, in questa prospettiva di un approccio più vicino all’allievo, alle sue esigenze e alle sue capacità, sarebbe molto più utile una drastica diminuzione del numero di allievi per classe. Se la virtù dell’insegnamento in “piccoli gruppi” è riconosciuta, per quale ragione non può e non deve diventare una prospettiva generale che permetta di mantenere unito il gruppo classe e, allo stesso tempo, dispensare un insegnamento più “vicino” alle situazioni dei diversi allievi?
Sono questi che abbiamo qui velocemente schizzato, solo alcuni degli interrogativi che dovrebbero perlomeno essere presi in considerazione e discussi seriamente con chi poi questa riforma dovrà applicarla e farla funzionare quotidianamente.
La scuola la fanno gli insegnanti…se ci sono
Si pone poi l’annosa questione della penuria cronica di insegnanti in matematica e tedesco. A questa obiezione non si può rispondere, come fa il direttore del Dipartimento, semplicemente dicendo che se il progetto passa i docenti si troveranno….bisogna cominciare a dare delle risposte serie ponendosi essenzialmente la domanda di capire per quale ragione manchino insegnanti.
E torniamo qui al discorso dell’attrattività della professione docente, un ambito nel quale nell’ultimo decennio non si sono certo fatti passi avanti, casomai qualche passo indietro (basti ricordare che gli insegnanti sono una delle poche categorie che hanno visto aumentare il loro onere legale di insegnamento…). Anche qui si tratterebbe una volta per tutte di pensare a migliorare le condizioni di insegnamento riducendo, ad esempio, le ore lezione, il numero di allievi per classe e evitando di peggiorare le condizioni pensionistiche degli insegnanti…
Questo tema del miglioramento della condizione lavorativa degli insegnanti non deve essere considerato “laterale” alla discussione su una riforma della scuola media. È centrale in qualsiasi riforma della scuola. Realizzare riforme scolastiche in modo equo necessita un contributo importante e decisivo da parte dei docenti: un onere e un impegno lavorativo sempre maggiore. Per questo un miglioramento delle condizioni di lavoro degli insegnanti è una “condicio sine qua non” per la riuscita di qualsiasi riforma seria e tesa a migliorare e a rendere più eque le condizioni di apprendimento. Anche su questo punto abbiamo presentato atti parlamentari che, temiamo, rimarranno a lungo nei cassetti del Parlamento. Insomma, la proposta del Dipartimento è sicuramente migliore di quella bocciata in Parlamento; tuttavia lascia aperti ancora tutti i problemi di fondo della scuola media e si traduce in un’operazione di immagine politica i cui disagi nell’applicazione saranno gestiti da chi prenderà in mano il DECS dopo Bertoli…