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Pubblichiamo due brevi prese di posizione del comitato ticinese contro la guerra in Ucraina in merito al recente referendum farsa nelle regioni occupate dell’Ucraina e sulla questione delle importazioni in Svizzera di oro proveniente dalla Russia che hanno segnato un nuovo record. (Red)

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Record di importazioni di oro russo in Svizzera

Negli scorsi giorni i media hanno rilanciato il tema delle sanzioni contro la Russia a seguito della guerra scatenata contro l’Ucraina.

Come già accaduto in relazione ad altre materie prime commerciate dalla Svizzera e provenienti dalla Russia come petrolio e gas, anche l’oro russo è colpito dal divieto di importazione a partire dallo scorso 3 agosto. Il Consiglio Federale si era così allineato alle sanzioni imposte dall’Unione Europea.

Nonostante questo, proprio ad agosto, è stato importato oro per 5.6 tonnellate, per un valore di 312 milioni di franchi (fonte Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini, UDSC). Si tratta del valore più elevato da quando è iniziata la guerra.

Naturalmente il cavillo giuridico, o scappatoia, è che  il metallo prezioso è stato esportato dalla Russia prima dell’inizio di agosto e quindi nessun problema.

Ancora una volta la Svizzera si distingue per un’applicazione delle sanzioni davvero scandalosa, che di fatto costituisce un sostegno economico indiretto  alla Russia di Putin. Come già avevamo denunciato lo scorso 23 giugno in occasione della conferenza della Lugano Commodity Trading Association (LCTA), il commercio internazionale di materie prime è moralmente vergognoso, specula sulle tragedie dell’umanità e permette ad una ristretta cerchia di persone di continuare a fare affari indisturbati.

È inammissibile che, nonostante siano in vigore delle sanzioni molto rigide, il commercio di oro con la Russia abbia addirittura raggiunto punte da record nelle scorse settimane.

In Svizzera sono presenti cinque raffinerie, in Ticino e Romandia, che assieme lavorano fino al 70% dell’oro estratto in tutto il mondo. La Russia è il secondo produttore mondiale di oro e questo rappresenta, dopo il petrolio e il gas, la seconda voce delle esportazioni russe. È quindi molto importante applicare le sanzioni in modo rigoroso, così da impedire che questo commercio serva a finanziare la guerra in Ucraina oppure che venga utilizzato dagli oligarchi per aggirare le sanzioni.

Chiediamo dunque che i controlli siano molto più efficaci e che vengano rispettate rigorosamente le sanzioni.

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Referendum farsa organizzati da Putin per annettere territori ucraini
e mobilitazione parziale in Russia

Negli scorsi giorni sono iniziate le votazioni farsa in alcuni territori ucraini occupati dall’esercito di Putin. In particolare, si vota nelle zone occupate di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhia (Regione del Donbass). Questi referendum farsa coinvolgono circa 850 mila persone e di fatto sono referendum che sanciranno l’adesione di queste regioni alla Federazione russa. Le votazioni avvengono senza nessuna garanzia di democraticità, avvengono di fatto in piena guerra, senza nessuna reale possibilità per i contrari di spiegare le proprie ragioni, con l’esercito russo che si reca casa per casa per raccogliere i bollettini di voto. Molti di questi bollettini sembrano addirittura prestampati con già segnata l’adesione al progetto di adesione alla Russia.

Da più parti è stato denunciato il vero obiettivo di Putin, cioè quello di spostare i confini della Russia inglobando queste regioni ucraine e considerare di conseguenza ogni tentativo dell’esercito ucraino di liberare questi territori come un attacco alla Russia. Nella dottrina militare di Putin è contemplata in modo esplicito la possibilità di uso del nucleare in caso di  attacco alla Russia.

Con questa decisione la guerra entra decisamente in una nuova fase e il pericolo nucleare aggiunge ansia e paura a buona parte dell’opinione pubblica europea, oltre che naturalmente a quella ucraina e russa.

Allo stesso tempo,  l’altra decisione di Putin relativa alla mobilitazione parziale di circa 300 mila riservisti da mandare a combattere in Ucraina, ha  scatenato una serie di proteste in Russia, represse come d’abitudine dal regime. Per adesso sembra che questi arruolamenti coinvolgano principalmente le zone periferiche della Russia, evitando  di proposito le grandi città, dove ci sarebbe maggiore resistenza. Nonostante questo è iniziato un vero e proprio esodo.  Migliaia di russi, soprattutto giovani, stanno tentando di lasciare il Paese, cercando di riparare all’estero e sfuggire così al fronte in Ucraina.  In questi ultimi giorni, le autorità russe stanno tentando di bloccare questa fuga di massa chiudendo di fatto i confini.

Con queste due decisioni, referendum e mobilitazione parziale, Putin non fa che confermare la volontà di continuare ad aggredire militarmente l’Ucraina, allontanando sempre più qualsiasi prospettiva di cessazione della guerra.

Da parte nostra e di tutti i comitati svizzeri solidali con la popolazione ucraina, non possiamo che denunciare con forza queste scelte e rinnovare l’urgenza di rafforzare i legami di solidarietà con la popolazione dell’Ucraina che ormai da sette mesi si sta difendendo e cercando di liberare il proprio territorio.