Solo un NO all’aumento dell’età di pensionamento delle donne è femminista. Questo NO è stato espresso con forza, rabbia e fantasia il 14 giugno 2019, quando lo Sciopero delle donne ha realizzato il più grande sciopero del paese dopo quello del 1918. Questo NO lo vediamo nei sondaggi. Ma questa voce maggioritaria delle donne trova poco spazio per esprimersi, schiacciata com’è nel cosiddetto dibattito classico “sinistra-destra“, una lotta tra pesi massimi della politica e uno spazio sovradimensionato dato alle donne dei partiti borghesi che propugnano il sì a AVS21. Per loro è un sì facile, perché non avrà conseguenze sulla loro vita, dato che potranno ancora permettersi un pensionamento anticipato.
Il NO femminista a AVS21 è radicato nell’esperienza della maggioranza delle donne, la cui vita è ancora segnata da disuguaglianze sul lavoro, in famiglia e nello spazio pubblico. Eppure, nel dibattito su AVS21, questa realtà non viene presa in considerazione.
Parliamo di disuguaglianze salariali? La risposta è fatta di promesse e ricatti: accettate AVS21 e avrete l’uguaglianza. Nessuna donna ci crede. Stiamo aspettando l’uguaglianza da 40 anni e, una volta che AVS21 sarà stata votata, tutte le promesse saranno dimenticate, soprattutto perché coloro che le hanno fatte non sono noti per il loro impegno a favore dell’uguaglianza. E sono gli stessi che si sono opposti a qualsiasi sanzione per le aziende che non applicano la Legge sull’uguaglianza.
Parliamo di bassi salari per le donne? Ci viene chiesto di lavorare di più. Come se bastasse chiedere un aumento del tasso di attività per ottenerlo. Come se avessimo abbastanza posti negli asili nido. Come se conciliare lavoro e famiglia non fosse un problema quotidiano. Come se non ci fossero donne che lavorano a tempo pieno per meno di 4’000 franchi al mese. E come se le donne non lavorassero già tanto quanto gli uomini, se consideriamo il lavoro domestico, educativo e di cura che ancora svolgono per la maggior parte gratuitamente.
Parliamo delle difficoltà del lavoro femminile? Ci viene detto che questo è irrilevante. La disoccupazione a lungo termine è irrilevante. La povertà delle donne in pensione? Non è questo il punto. Eppure tutto questo è al centro del dibattito. Perché le rendite che riceviamo al momento del pensionamento sono il risultato del reddito percepito durante la nostra vita lavorativa e del sistema pensionistico. Le donne perdono su entrambi i fronti: guadagnano meno e devono affrontare un sistema a tre pilastri basato su un modello di occupazione maschile a tempo pieno e per tutta la vita. Di conseguenza, la pensione complessiva delle donne è in media del 37% inferiore a quella degli uomini.
37% in meno. Basterebbe da solo questo dato per respingere AVS 21. Di fronte a questo enorme divario, le donne non si lasceranno sedurre dai magri supplementi pensionistici concessi alle donne nate tra il 1961 e il 1969, a condizione che lavorino fino a 65 anni.
AVS21 chiede alle donne di fare un sacrificio, anche se sono il parente povero del sistema pensionistico e questo sacrificio non è necessario. Perché l’AVS sta andando bene. Nel 2021 ha registrato un’eccedenza di 2,6 miliardi di franchi e il suo patrimonio è di 49,7 miliardi di franchi, mentre per anni ci era stato preannunciato il crollo. E se la discriminazione salariale venisse eliminata, l’AVS beneficerebbe di 825 milioni di franchi di contributi in più all’anno, il che consoliderebbe ulteriormente le sue finanze e, chissà, permetterebbe di parlare di pensione a 64 anni per tutti.
AVS21 non è la riforma di cui abbiamo bisogno. Vogliamo un’altra riforma che aumenti le pensioni e non l’età pensionabile.
Per tutti questi motivi, diciamo 2 x NO a AVS 21 il 25 settembre.
* Michela Bovolenta, attivista dello Sciopero delle donne, è segretaria centrale del sindacato VPOD. Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Le Temps il 6 settembre 2022. La traduzione in italiano è stata curata dal segretariato MPS.