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Una mobilitazione che richiederà tempo e che è più un segno dell’arroccamento su posizioni di difesa, che di contrattacco. Le incognite sulla reazione della popolazione russa e i motivi della fretta nell’indire i referendum. Gli sviluppi sull’asse Mosca-Pechino che hanno preceduto la dichiarazione della mobilitazione, i punti di domanda sui retroscena. I pericoli che comporta il profilarsi di una “internazionale reazionaria” incentrata su Russia e Cina, che solo una vittoria dell’Ucraina può scongiurare, dando così più tempo alle mobilitazioni globali dal basso per maturare e svilupparsi.

Qualche considerazione a caldissimo su mobilitazione “parziale” e referendum:

– So che è facile dirlo a cose avvenute, ma mi sembra evidente che Putin abbia fatto le uniche scelte che poteva fare. Le alternative che aveva giunti a questo punto erano o la disfatta militare completa, o lo scatenamento di un’apocalisse nucleare del tipo “muoiano Sansone e i filistei”. Quindi, con un po’ di amara ironia e mettendosi nella sua perversa prospettiva, si può dire che ha fatto le scelte giuste.

– Mobilitazione: lascio i commenti più strettamente tecnici agli esperti di cose militari. Questi ultimi hanno però nelle ultime settimane quasi unanimemente spiegato in modo ampio e convincente come una mobilitazione, anche di vasta portata, non sia in grado di cambiare le carte in tavola e può avere effetti (probabilmente limitati) solo da qui a svariati mesi. Questo a causa di aspetti come la carenza di armamenti, i problemi logistici, l’addestramento dei soldati ecc. che non sto qui per brevità a riassumere nei dettagli. Shoigu ha parlato di 300.000 nuovi soldati. Riuscirà a metterli insieme? Quanti combatteranno sul fronte? Probabilmente una quota molto, molto inferiore perché sarà necessario assegnarne una parte importante alle retrovie, alla logistica ecc. E quando arriveranno? Di sicuro tra un bel po’ di tempo, si parla di mesi, non di settimane.

Ergo: Putin e i suoi non prevedono un contrattacco, ma cercano solo di conservare ciò che già controllano e che rischiano fortemente di perdere, cercando in parallelo di spaventare l’occidente per porre freno al rifornimento di armi (vedi anche le minacce nucleari, peggiori delle precedenti). Ciò va perfettamente a braccetto con la svolta sui referendum, di cui più sotto.

Un’ultima nota a margine sulla mobilitazione: Shoigu ha rassicurato che i militari di leva non verranno mandati al fronte, aggiungendo però un sibillino “continueranno a operare solo nel territorio russo”. Ma per Mosca dalla prossima settimana le aree occupate dell’Ucraina saranno con ogni probabilità territorio russo a tutti gli effetti. In generale, questa mobilitazione non appare parziale, bensì nei fatti graduale, ma generale. Quali saranno le conseguenze a livello interno? Di sicuro di ulteriore fragilizzazione della situazione economico-sociale. Ma con quali tempi? Quali modalità? Impossibile dirlo al momento. I gruppi che si oppongono seriamente a Putin hanno immediatamente indetto proteste in tutta la Russia a partire da stasera, invitando anche a forme di sabotaggio. Mi sembra però che di per sé stessi tali gruppi non abbiano ancora la forza per essere protagonisti.

– Se i paesi occidentali si sono mostrati finora coesi, si evidenzia ora ancora di più che hanno agito troppo lentamente. Tra luglio e qualche giorno fa hanno avuto una finestra per dare segnali forti mentre Putin era sempre più in difficoltà: un netto aumento e una netta accelerazione delle forniture di armamenti, un salto di qualità con la fornitura per es. di aerei, che l’occidente non ha mai voluto fornire per paura di “irritare” troppo Putin. Ma ora Putin si è stra-irritato da solo, causa i propri insuccessi, e alza l’asticella: dopo i referendum ogni offensiva ucraina verso le aree occupate dei russi verrà considerata un attacco al territorio russo.

– Referendum: Putin batte il record mondiale di velocità nella loro indizione che aveva già stabilito nel 2014 con la Crimea (svolgimento a 12 giorni dall’indizione). Ora si parla di 4-7 giorni. Perché questa improvvisa fretta? L’obiettivo è prevenire mosse anticipate dell’occidente, prevenire l’organizzazione di un’adeguata escalation degli attentati di sabotatori ucraini nelle aree occupate. Cosa succederà dopo la scontata vittoria degli “annessionisti”? Di sicuro Putin agiterà lo spettro del “sacro territorio russo” la cui violazione equivale a un attacco alla Russia stessa. Ma se gli ucraini proseguono nella loro offensiva, cosa farà esattamente, con i mezzi inadeguati di cui ora, e per qualche mese, dispone/disporrà sul campo? Non trovo per ora risposta a questa domanda. Riguardo all’uso che Mosca farà in loco dei nuovi soldati russi mobilitati, di sicuro c’è quello di disporre di una massa di carne da macello per fare fronte agli attacchi ancora per un po’ di tempo, ma anche quello di avere “sbirri” disorientati e quindi predatori per instaurare un regime di terrore e saccheggio ancora più intenso nelle aree occupate.

– Mi sembra di primaria importanza vedere come reagirà ai referendum la Cina. Ieri ho fatto un post in Facebook sul viaggio di Patrushev, braccio destro di Putin, a Pechino, ipotizzando un nesso tra questo viaggio e l’indizione dei referendum, seguita ora dalla mobilitazione. È stato esattamente al ritorno in patria di Patrushev che c’è stata l’escalation vera e propria nella campagna per i referendum, e a soli due giorni da esso ora viene indetta la mobilitazione. La settimana scorsa Putin a Samarcanda ha ascoltato come uno scolaretto gli ammonimenti di Xi e di Modi, e ora sembra avere studiato la lezione, sempre come uno scolaretto. La Cina non ha mai riconosciuto né le “repubbliche popolari” del Donbass, né l’annessione della Crimea. Faccio fatica a immaginarmi che riconosca ora l’annessione delle aree occupate, così come faccio fatica a immaginarmi un’altra soluzione barocca con cui la riconosca di fatto senza riconoscerla formalmente. Né mi immagino che Xi, dopo lo smacco subito per avere dichiarato con Putin una reciproca amicizia senza limiti alla vigilia dell’aggressione russa contro l’Ucraina, trasformatasi presto in un pantano e poi in una quasi disfatta, si sia accontentato di qualche vaga promessa di Putin. È possibile che tra i due sia intercorso qualche patto più preciso. Quale? Fornitura di armamenti sottobanco e/o mobilitando paesi amici di Pechino? Aiuti economici? Impossibile dirlo, ma la linea che seguirà Pechino mi sembra un aspetto fondamentale per interpretare gli sviluppi dei prossimi giorni e settimane.

– In genere si tende nei commenti agli ultimi sviluppi a limitarsi ad aspetti come la compattezza dell’occidente (per es. all’Onu in questi giorni), alla disfatta militare russa sul campo e così via. È a mio parere una prospettiva troppo angusta, che porta a conclusioni eccessivamente ottimistiche per il futuro della guerra e del mondo. Nei fatti, siamo già con un piede in una situazione da Terza guerra mondiale, e ci vuole poco perché i piedi diventino due. A livello economico un’inflazione generalizzata che ha origini diverse dalla guerra, problemi enormi di supply chain, debito incontrollabile, valute nazionali in picchiata rispetto al dollaro, crescita asfittica o nulla/in calo. A livello sanitario, una pandemia mai finita con il rischio incombente di una sua ripresa/evoluzione pericolosa. A livello geopolitico, un occidente dalle fragilità economiche sempre più marcate (si vedano gli aspetti elencati sopra) e con popolazioni sempre più disaffezionate nei confronti delle loro dirigenze, una Cina in profonda crisi economica e potenzialmente anche sociale, con una dirigenza ultrareazionaria e con la parallela escalation a Taiwan, la questione coreana messa nel cassetto e dimenticata, ma sempre potenzialmente esplosiva, un conflitto ai confini tra India e Cina anch’esso dimenticato (dallo stesso Modi, per non farci brutta figura, visto che la Cina si è allargata), una forte corsa agli armamenti in tutta l’Asia, in particolare in campo missilistico, la corsa alla costruzione di una specie grottesca di “internazionale ultrareazionaria” sciolta e instabile tra Cina, Russia, Iran, India e molti altri ancora (dalla Turchia, all’Arabia Saudita, alla Serbia, alla Corea del Nord), che se dovesse avere la meglio ci porterebbe a guerre a catena ancora più devastanti, perché sono tutti stati in forte reciproco conflitto di interessi sul campo.

Solo una vittoria piena dell’Ucraina sulla Russia può porre freno a queste ultime tendenze, perché sarebbe una sconfitta anche per gli altri suoi compagni di ventura, consentendo così di avere una tregua che dia tempo per la crescita, la maturazione e il consolidamento delle mobilitazioni democratiche a cui abbiamo assistito dal 2011 a oggi (si vedano a proposito le bellissime mobilitazioni di massa ora in atto in Iran). Sono le mobilitazioni democratiche e di massa dal basso l’unico vero possibile bastione duraturo contro una nuova guerra mondiale, non le cancellerie statali.

*articolo apparso sul sito www.crisiglobale.wordpress.com