Il recente dibattito parlamentare sulla vicenda del direttore di scuola media arrestato per atti sessuali con fanciulli ha lasciato senza risposte molte domande e non ha permesso di chiarire tutti i contorni di una vicenda molto triste.
Un elemento che è subito stato messo al centro della discussione è la natura di questo reato che in Consigliere di stato ha considerato come “grave ma per lo meno non violento in quanto comporta un certo consenso”. Un’affermazione gravissima e inaudita: come si fa infatti anche solo a pensare che ci possa essere consenso in una relazione tra una minorenne e un suo docente. Un’affermazione che di fatto però lascia trasparire un atteggiamento di banalizzazione di tutti questi comportamenti. Un’affermazione che si nutre di una cultura sessista che nei fatti tende a considerare che da qualche parte se una donna è vittima di un abuso o di una violenza ha almeno un po’ di responsabilità: era vestita in modo provocante, girava di notte da sola, non è stata capace di dire no e da qualche parte anche lei era consenziente almeno un po’… Una cultura che non possiamo accettare e che diventa necessario combattere.
Un’affermazione che da qualche parte si collega anche alla seconda questione di fondo. Dopo ore di dibattito e discussione parlamentare il Consigliere di stato ha ribadito che è necessario che le persone parlino: solo così si possono mettere in atto tutti i sistemi di aiuto e di protezione; ma se le vittime non parlano questi non servono a nulla.
Il caso al centro del dibattito dimostra che il problema non è proprio questo. Qui diverse persone, tra cui anche alcune ragazze, hanno parlato segnalando atteggiamenti inadeguati e pericolosi. Qualcuno quindi non ha ascoltato o ha evitato che queste segnalazioni andassero avanti. O, ancora, la distanza tra gli istituti scolastici e la direzione dipartimentali, i suoi uffici responsabili, è caratterizzata da una distanza perlomeno preoccupante.
Anche qui ancora una volta si ribalta il problema. La responsabilità non può essere attribuita alle vittime che non si esprimono o che si esprimono poco chiaramente (come ribadito in altri casi di recente attualità). Se le vittime non parlano non lo fanno, è perché temono di non essere ascoltate e credute, perché non trovano i canali adeguati per parlare. Questi canali devono necessariamente essere canali esterni alla scuola , devono essere indipendenti e garantire un ascolto professionale. Le vittime ,o chi sta a loro vicino, per convincersi a parlare hanno bisogno di tempo e di luoghi protetti. Per questo l’MPS ha rilanciato la proposta di attivare immediatamente una hotline aperta 7 giorni su 7 gestita da personale formato che possa essere un punto di ascolto e aiutare le vittime a trovare le strategie per uscire da questa situazione. Un servizio che si rivolge sia alle persone vittime di abusi, di molestie o di violenza, fornendo un primo ascolto e aiutare le vittime a capire in che modo agire per uscire dalla situazione problematica. Un passo a volte necessario prima di convincersi di denunciare quanto accaduto alla polizia.
Una proposta che è già stata bocciata in parlamento da tutte le forze politiche, ma che è oggi più attuale che mai. Non è necessario aspettare che questa misura sia attivata dalla Confederazione, alcuni cantoni già dispongono di questo servizio e non ci sono ragioni per non attivarlo anche in Ticino. Sarebbe questa una prima risposta seria e concreta a favore delle donne e delle vittime.
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Pubblichiamo il testo della mozione con la quale le deputate MPS hanno rilanciato la proposta fatta circa un anno fa e allora bocciata da tutti i partiti di governo (Red).
Attiviamo subito una hotline per le vittime di violenza, abusi o molestie
I recenti casi di molestie a abusi nelle scuole e sui luoghi di lavoro, come le continue segnalazioni di casi di violenza domestica rendono urgente la necessità di proporre dei sistemi di ascolto e aiuto per le donne e per le vittime. In molti casi, infatti, si riscontra la difficoltà per le vittime di essere ascoltate e credute senza necessariamente passare da una denuncia in polizia.
Le vittime di violenza, di molestie o abusi hanno bisogno di ascolto e di tempo, di poter decidere tranquillamente come agire e cosa fare, di capire cosa un’eventuale denuncia potrebbe comportare per la propria vita e il proprio futuro. Tutto questo non può risolversi con una semplice chiamata alla polizia che eventualmente agisce nell’immediato (allontanando momentaneamente l’uomo violento), ma non permette di dare un sostegno duraturo, accompagnando le donne nelle loro scelte, molto spesso difficili. Anche in caso di abusi e molestie sui luoghi di lavoro e nelle scuole diventa difficile denunciare queste situazioni ai superiori diretti siano essi direzioni aziendali, responsabili delle risorse umane o docenti e direzioni.
L’introduzione di una hotline attiva 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 gestita da personale formato prevalentemente femminile che possa fornire un ascolto immediato e un aiuto per capire cosa e come agire rappresenterebbe sicuramente un servizio importante e sarebbe anche un segnale che il Cantone si attiva per sostenere le vittime.
In attesa che la Confederazione si attivi, il Cantone può agire immediatamente e fornire un sostegno concreto alle vittime.
Con la seguente mozione, che speriamo – vista la situazione – possa essere affrontata con celerità, chiediamo
L’attivazione immediata di una hotline dedicata alle donne vittime di violenza, abusi o molestie attiva 24/24 alla quale risponda personale adeguatamente formato, prevalentemente femminile.