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Strana discussione quella avvenuta pochi giorni fa in Gran Consiglio sulle proposte di iniziativa presentate da Morisoli  a nome Di dell’UDC.

Di fronte ad un’iniziativa che delinea una chiara prospettiva neoliberale per la scuola (e che ha raccolto il sostegno dei maggiori partiti), la “sinistra” si è accontentata di difendere l’esistente, presentandolo come il frutto di un’azione riformatrice che avrebbe permesso, in questi anni, di fare reali progressi.

Una posizione incomprensibile, come ha sottolineato l’intervento del gruppo MPS che naturalmente non ha potuto approvare nessuna delle due visioni in campo. Ne pubblichiamo alcuni stralci. (Red)

L’MPS non approva né il rapporto di maggioranza, né quello di minoranza.

Quello di maggioranza propone una sorta di grande riforma della scuola, allineando una serie di proposte indubbiamente contraddittorie, come giustamente sottolinea anche il rapporto di minoranza; basterebbe citare, a titolo esemplificativo, due proposte successive nel capitolo   laddove si chiede che “maggiore potere al direttore e alla direzione” e, immediatamente dopo un “ruolo attivo gestionale del collegio docenti”.

È vero che alcune delle proposte avanzate sono del tutto condivisibili (pensiamo, anche perché noi stessi le abbiamo inoltrate, alla diminuzione del numero di allievi per classe, all’aumento dei salari per i docenti o al preavviso dei docenti nelle procedure di nomina dei direttori per non citarne che alcune): ma anche queste si inseriscono in una prospettiva di fondo – che emerge dai diversi capitoli – di un concetto di scuola che non condividiamo e che l’UDC e Morisoli hanno, in questi anni, riproposto a più riprese.

Una scuola che non avrebbe come compito di opporsi alle differenze che si manifestano a scuola come conseguenze delle differenze sociali, ma di accompagnarle, di renderle meno forti, in particolare piegando programmi e curricula alle esigenze fondamentali del mercato. Una scuola che dovrebbe riprendere a proprio conto le logiche del mercato (iscrizione alla sede scolastica di preferenza: come andare a fare la spesa nel supermercato che si preferisce, autonomia delle sedi, etc. etc.):

Naturalmente Morisoli (e i partiti di governo che lo sostengono nella sua proposta) sanno bene che questa iniziativa, di fatto diventata una sorta di mozione, lascerà ampio spazio al governo per aprire un cantiere di riforma sui temi che più lo interessano e che vanno in una certa direzione: dubitiamo che arriveranno, ad esempio, proposte simili a quelle che abbiamo avanzato (come detto su alcuni punti coincidenti con alcune avanzate nell’iniziativa) quali l’aumento dei salari dei docenti o l’introduzione di un massimo di 20 allievi per classe.

A questa che è comunque una dichiarazione – condivisa dai maggiori partiti di governo – di una contro-riforma complessiva orientata politicamente in modo chiaro, il rapporto di minoranza risponde rinunciando ad elaborare una idea complessivamente alternativa, magari alla luce di idee di fondo diverse da quelle che animano diversi dei capitoli dell’iniziativa dell’UDC.

Ma fa ancora di peggio: pensa che l’alternativa sia la continuazione di una sorta di pragmatismo come quello condotto alla direzione del DECS negli ultimi dodici anni che avrebbe permesso di fare passi avanti significativi. Presentando, cioè, come riforme progressive e progressiste degli aggiustamenti conformi allo sviluppo della situazione e che, in nessun modo, hanno segnato un cambiamento significativo nello sviluppo della scuola ticinese.

Non ce ne vogliamo gli amici socialisti, ma il bilancio di 12 anni alla direzione del DECS, è globalmente negativo. Manuele Bertoli non ha marcato alcun punto: zero tituli per dirla con una celebre frase dell’allenatore Murinho.

Prendiamo un esempio tra quelli citati come portatori di significativi passi avanti: la riduzione del numero di allievi per classe votato nel settembre 2020. Ebbene, basterà qui ricordare che il messaggio governativo ricordava che questa riforma avrebbe comportato e citiamo “la nascita di 13 nuove sezioni” di scuola media. Ricordiamo che le sezioni di scuola media in Ticino sono circa 600. In pratica quella “riforma”, che qualcuno si è addirittura avventurato a qualificare con l’aggettivo di “storica”, avrà aumentato il numero di sezioni “addirittura” del 2% (13 su 600), coinvolgendo, udite udite, circa 250 studenti su un totale di circa 12’000, anche qui poco più del 2% complessivo. Un bell’esempio di riformismo forte! Potremmo dire cose analoghe su altri esempi qui richiamati, come l’ora di sgravio ai docenti di classe per il loro contributo all’orientamento professionale. Una proposta assolutamente inefficace e inefficiente: il problema (come abbiamo indicato anche qui con una nostra iniziativa parlamentare) che si situa ad altri livelli e implica una riforma profonda delle strutture dell’orientamento professionale.

Il rapporto di minoranza respinge la proposta contenuta nell’iniziativa, ma in una prospettiva di assoluta continuità che, di fatto, nega i problemi con i quali è confrontata la nostra scuola (che, lo vediamo, emergono settimana dopo settimana) in nome di una sorta di “pragmatismo”, tutto teso alla difesa dell’operato del DECS (e del governo nel suo complesso non dimentichiamolo) negli ultimi anni.

Un atteggiamento che non possiamo condividere e che non ci permette, pur non condividendo il rapporto di maggioranza, di aderire all’impostazione e alle conclusioni del rapporto di minoranza.      

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