Si è concluso con la manifestazione di Zurigo davanti alla sede degli impresari costruttori il tour di mobilitazione dei lavoratori edili per il rinnovo del Contratto Nazionale Mantello (CNM) dell’edilizia. Una mobilitazione che ha confermato luci e ombre della strategia e della condizione sindacale in questo settore, fondamentale per capire quali possano essere le possibili evoluzioni della situazione.
Dalla buona mobilitazione in Svizzera romanda e in Ticino…
Non vi sono dubbi che in Ticino e in Svizzera romanda le mobilitazioni per il rinnovo del CNM siano state importanti e combattive, seppur nei limiti tradizionali.
Buona la partecipazione alle manifestazioni in Ticino (circa 2’500) e in Svizzera romanda (6-7’000), molto combattiva e tale da bloccare di fatto l’attività produttiva. I cantieri sono infatti, tranne qualche eccezione, rimasti chiusi.
Il limite di queste giornate – che si trascina ormai da anni – è che sono una tantum: servono a mostrare i muscoli: muscoli che poi non possono – o non vogliono – essere esercitati con continuità.
In altre parole, come già successo a più riprese in passato (solo gli sprovveduti o quelli con la memoria veramente corta hanno scoperto che in Ticino, e altrove, gli edili sanno scioperare: negli anni scorsi vi sono state partecipazioni anche più numerose e combattive!), si convoca una giornata di sciopero alla quale poi non vi sarà alcun seguito. Non rappresenta il punto di partenza di una mobilitazione, ma il punto d’arrivo con la speranza che, alla fine, i padroni modifichino leggermente la loro posizione.
Basti ricordare che in passato, a più riprese e anche dopo mobilitazioni di questo genere, le trattative non hanno avuto una svolta e i padroni hanno fatto per conto loro, mantenendo le condizioni di lavoro e raccomandando alle imprese gli aumenti salariali che ritenevano più opportuni. Una situazione sindacalmente pericolosa, per lo meno a breve termine, in particolare se il mancato rinnovo del CNM non apparisse concretamente, agli occhi dei lavoratori, come un pericoloso passo indietro.
…a quella pessima in Svizzera tedesca
Nel cuore del settore della costruzione (Berna, Zurigo, Basilea, Argovia, San Gallo) abbiamo avuto complessivamente circa 3’000 partecipanti alle manifestazioni sindacali. Pochissimi, se si considera che questa regione rappresenta il cuore pulsante dell’attività edile del nostro paese, dove vive ed è attiva la grande maggioranza dei lavoratori sottoposti al CNM.
Si tratta anche di regioni che politicamente fanno la differenza. È sulla capacità di azione sindacale in questi bastioni padronali che questi ultimi valutano la situazione e la evoluzione del rapporto di forza, decisivo affinché si convincano della necessità di fare concessioni al tavolo delle trattative.
E in queste condizioni possiamo affermare che il rapporto di forza non si è modificato in modo decisivo agli occhi del padronato. Sono cose sapute e risapute all’interno del movimento sindacale, in particolare in UNIA dove la sua debole presenza sui luoghi di lavoro nelle regioni fondamentali dal punto di vista economico è stata tematizzata da almeno 30 anni (quando si chiamava ancora SEI). In realtà questo tema, in particolare nella lunga gestione della direzione Pedrina non è mai stata affrontata, né, tantomeno, risolta.
Padroni all’attacco…
È interessante notare il modo in cui il padronato ha sviluppato la propria posizione iper questo rinnovo del CNM. In particolare, va sottolineata la posizione di attacco e la concentrazione delle rivendicazioni padronali sul tema fondamentale della flessibilità degli orari di lavoro.
Non che le attuali regolamentazioni non concedano sufficiente flessibilità nella stragrande maggioranza delle regioni del paese; anzi, molto spesso la debolezza della presenza sindacale sui luoghi di lavoro e la mancanza di un’ispezione del lavoro degna di questo nome nella maggioranza dei Cantoni, permettono di affermare che, purtroppo, nemmeno le attuali disposizioni vengono, nella grande maggioranza dei casi, rispettate. Gli “scandali” e le “denunce” che spesso emergono (pensiamo alla famosa vicenda dei ponteggi nel caso Argo in Ticino) sono solo la punta dell’iceberg.
In realtà le proposte “eccessive” avanzate dai padroni (quelle poi presentate in forma estremizzata da parte sindacale nel rifiuto di accettare settimane di lavoro di 58 ore) avevano ed hanno due obiettivi.
Da un lato, neutralizzare le proposte sindacali avanzate in questo stesso ambito del tempo di lavoro (n particolare il pagamento del tempo di viaggio dal punto di raccolta al cantiere), puntando a un pari e patta che vedrebbe rigettate sia le eccessive proposte padronali che quelle sindacali.
Dall’altro, obiettivo ancora più importante, mettere in sordina le rivendicazioni salariali delle organizzazioni sindacali. E in effetti la rivendicazione salariale – 260 franchi di aumento mensile per tutti, corrispondente ad un aumento di circa il 4,5% su un salario medio nazionale – non ha avuto grande visibilità, nemmeno al momento delle recenti mobilitazioni.
Eppure, a noi pare essa sia una rivendicazione centrale non solo per la raffica di aumenti subiti dai salariati e dalle salariate di questo paese, ma alla luce delle misere compensazioni salariali concesse nel settore negli ultimi anni, per le ragioni indicate all’inizio di questo articolo.
…sindacati in difesa
La logica di questo rinnovo contrattuale da parte sindacale è stata tutta difensiva. Convinti di non poter ottenere granché, hanno preferito puntare tutto sulla difesa dello status quo, in particolare in materia di regolamentazione degli orari di lavoro, della cosiddetta flessibilità.
Lo testimonia il fatto che la mobilitazione sindacale sia partita molto tardi e, di fatto, si sia ormai esaurita. Appare infatti difficile ipotizzare che a fine novembre possa partire un nuovo tour di mobilitazioni che possa (e debba se vuole avere qualche possibilità di successo) andare ben al di là per intensità e durata di quanto messo in atto nelle scorse settimane. In particolare, sarebbe necessario un cambio di marcia nella capacità di mobilitazione nelle grandi agglomerazioni della Svizzera tedesca. Il che appare, al momento, assai improbabile.
Le prospettive sono quindi quelle di una trattativa a oltranza che, nell’ipotesi che si concluda entro fine anno (anche se il padronato non ha oggettivamente interesse a concludere troppo in fretta, facendogli comodo una situazione, non troppo lunga, di vuoto contrattuale), appare destinato a un risultato neutro dal punto di vista della “flessibilità” e con una qualche modesta concessione dal punto di vista salariale.
Un risultato tutt’altro che brillante per il rinnovo di un CNM in un settore che ha conosciuto espansione e risultati positivi negli ultimi anni e sul quale nemmeno la pandemia ha inciso in modo eccessivamente negativo.