In queste ultime settimane ha ripreso vigore il tema della presunta neutralità che la Svizzera dovrebbe mantenere e che, in particolare di fronte al conflitto in Ucraina, non starebbe onorando.
Da destra si invoca il ritorno alla neutralità originaria, quella che non permette di aderire a sanzioni e che farebbe della Svizzera quel Paese in grado di proporsi come mediatore, offrendo i suoi buoni uffici in caso di conflitti. Per una parte della sinistra, quella per intenderci che non ha ancora condannato Putin e che continua a mettere sullo stesso piano aggressori e aggrediti, si invoca la neutralità come via d’uscita da una situazione (la loro) veramente imbarazzante.
Gli uni e gli altri perseguono dunque obiettivi diversi che poco o nulla hanno a che vedere con la guerra e il disastro umanitario che ne segue. Semplicemente bisogna continuare a fare affari con chiunque si presenti allo sportello (e i russi sono ottimi clienti) oppure schivare la condanna dell’imperialismo russo e allora va benissimo nascondersi dietro la foglia di fico della neutralità.
Questo accomuna la destra affarista/finanziaria e la sinistra nostalgica staliniana. Non è un caso che la prima ha lanciato l’iniziativa “Salvaguardia della neutralità svizzera” e la seconda ha chiesto di poter partecipare alla raccolta firme perché “se un tema è giusto vanno saltati gli steccati ideologici.”
Da mesi denunciamo la mancata applicazione rigorosa delle sanzioni contro la Russia, da mesi denunciamo il ruolo attivo della Svizzera nel commercio di materie prime, nel ruolo delle banche come cassaforte per russi benestanti e/o oligarchi e denunciamo pure una classe politica che a parole esprime solidarietà al popolo ucraino ma nei fatti non ha smesso un attimo di essere complice con la guerra di Putin. La lista degli esempi è lunga: ritardo nella decisione di applicare le sanzioni, blocco degli averi russi nelle banche insignificante (6/7 miliardi su 150/200 miliardi / fonte Associazione svizzera dei banchieri), commercio fiorente di gas, petrolio e acciaio russi, commercio record di oro russo ad agosto 2022, commercio record di carbone nel 2022 (La Russia è tra i primi posti al mondo per estrazione: 441 milioni di tonnellate nel 2019).
A tutto questo, notizia di questi giorni, si aggiunge, la presenza di tecnologia elvetica nei missili russi. La scoperta, che arriva dall’Inghilterra e che mette in discussione una ditta di Ginevra, dimostra la presenza di microprocessori svizzeri in velivoli senza pilota e missili russi impiegati nella guerra contro l’Ucraina. La ditta in questione, STMicroelectronics, è uno dei maggiori produttori mondiali di componenti elettronici, nasce da una fusione tra un gruppo italiano e uno francese, ha sede a Ginevra. Secondo i ricercatori inglesi del RUSI (Royal United Services Institute for Defence and Security Studies) “la Svizzera era il quarto produttore di componenti unici presenti nei sistemi d’arma russi.” Sono anche stati trovati dei transistor targati CH nel famoso missile Kh-101, un missile da crociera subsonico entrato in funzione nel 2012 presso l’aeronautica russa e in grado di raggiungere distanze prossime ai 10mila Km. Questo missile è stato impiegato in combattimento in Siria dall’esercito russo. Lo scorso mese di giugno, Putin ha ordinato di bombardare Kiev proprio con queste micidiali armi, provocando il solito e drammatico bilancio di vittime, in gran parte civili. In una delle sue possibili versioni può montare testate nucleari.
Naturalmente la SECO (Segreteria di Stato dell’economia) si è affrettata a commentare che questi componenti sono beni industriali non soggetti a restrizioni commerciali fino all’inizio della guerra. E proprio questo è il problema: le sanzioni, seppur applicate con poco rigore, hanno disturbato questi affari, hanno reso più complicato mantenere aperti legami di questo tipo, fosse anche per puro calcolo di opportunità morale. La soluzione non può solo essere quella di condannare le sanzioni perché a pagarne le conseguenze sarebbe la popolazione russa. Troppo fragile come argomentazione!. Ecco allora togliere dalla naftalina la neutralità, dietro la quale tornare a nascondersi. E stavolta in buona compagnia dei pochi reduci stalinisti nostrani, per i quali Putin resta solo un buon comunista maltrattato da tutto l’Occidente.
Il tema della guerra, snobbato in questo inizio di campagna elettorale da praticamente tutto l’arco politico, sarà invece per noi centrale, come lo sarà la lotta al riarmo, che proprio i settori reazionari che oggi sventolano la neutralità, vorrebbero farci ingoiare.
Ecco cosa si nasconde dietro questa iniziativa, tutto il resto è aria fritta.