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Avevamo spiegato in un recente contributo (Quale rinnovo contrattuale per gli edili? * MPS – Movimento per il socialismo (mps-ti.ch)) per quale ragione i rapporti di forza messi in campo dalle organizzazioni sindacali nel quadro del rinnovo del contratto nazionale mantello (CNM) non avrebbero portato a grandi risultati. Troppo estemporanee le azioni di sciopero e protesta, concentrate essenzialmente in Svizzera romanda e Ticino poco decisivi per influenzare la politica della Società Svizzera degli Impresari Costruttori (SSIC) dominata dalle imprese della Svizzera tedesca dove, tra l’altro, si situa la stragrande maggioranza dei lavoratori attivi nel settore.

I risultati delle trattive approdate ad un rinnovo triennale del CNM confermano quel nostro giudizio. Naturalmente le direzioni sindacali e quelle padronali stanno ora cercando ognuna di “interpretare” il risultato come una “vittoria” o, perlomeno, un contenimento delle pretese della controparte.

I primi commenti sindacali vanno proprio in questa direzione. Il responsabile di Unia Ticino per l’edilizia, Dario Cadenazzi, dichiarava a La Regione, a poche ore dall’annuncio dell’accordo: “Si tratta ovviamente di una soluzione di compromesso, in cui il buonsenso ha prevalso su ipotesi peggiori quale quella di un vuoto contrattuale. Dopo un negoziato non banale, conclusosi alle tre di notte, le rivendicazioni principali sono rimaste congelate da entrambe le parti: noi avremmo voluto una maggiore protezione dei lavoratori più anziani, regole più chiare per il lavoro in caso di intemperie e la retribuzione del tempo di viaggio verso il cantiere, oltre a giornate lavorative meno lunghe”; aggiungendo che il padronato sarebbe stato contrastato nella “richiesta di eccessiva flessibilità pretesa inizialmente dalla Ssic”. Alla fine, sempre Cadenazzi, cerca di marcare qualche punto dichiarando che “alla fine si è ottenuto un aumento dei salari che forse non rispecchia al cento per cento la volontà sindacale, ma rappresenta comunque un risultato che ora andremo a presentare alla base per la ratifica”. Ragionamento un po’ sibillino e forse non del tutto aderente ai fatti.

Un aumento salariale?

Il risultato delle trattative si è concluso sul piano salariale con la decisione di aumentare i salari individuali di 150 Fr. mensili e quelli contrattuali (cioè i minimi fissati nelle tabelle salariali) di 100 Fr. Per i prossimi due anni di validità del CNM non è garantita nessuna compensazione salariale, si dovrà negoziare. Ricordiamo, dati importanti per dare un giudizio complessivo sulla parte salariale dell’accordo che nel 2021 e nel 2022 i lavoratori non avevano avuto diritto ad alcun adeguamento salariale. Le trattative erano sfociate nel nulla di fronte al rifiuto padronale. A questa considerazione vanno aggiunti due altri elementi: l’indice dei prezzi al consumo tra ottobre 2020 e ottobre 2022 (mese di riferimento per la conclusione dell’accordo) è aumentato complessivamente del 4,5%.

Ora un aumento individuale di 150 fr. corrisponde a circa il 3% di un salario medio della categoria B (quella più numerosa) del settore edile cantonale. Possiamo quindi dire che con l’aumento ottenuto quest’anno si adeguano a malapena i salari all’inflazione e non vi è nessun recupero della perdita subita. Ancora peggio le cose se prendiamo in considerazione anche il 2021. Possiamo quindi affermare che l’accordo stipulato sui salari di fatto conferma una diminuzione dei salari reali nell’arco degli ultimi due anni.

Una constatazione confermata indirettamente dal fatto che la rivendicazione sindacale, proprio perché verosimilmente fondata sui calcoli da noi fatti, all’inizio della trattativa era di un aumento di 260 fr mensili (grosso modo pari al 5% di un salario medio nel settore): è stato ottenuto poco più della metà. E pure, dato delle ultime ore, dall’indice dei prezzi al consumo di novembre 2022 che fissa il rincaro al 3%. Inoltre, una rivendicazione parecchio sentita dagli operai edili in materia salariale è stata rifiutata dai padroni. Parliamo del pagamento integrale del tempo di viaggio, ossia il tempo impiegato per il viaggio di andata e ritorno dal punto di raccolta (normalmente il magazzino dell’azienda) al cantiere. Oggi, probabilmente in maniera illegale, i primi 30 minuti sono regalati dai dipendenti e solo a partire dal superamento di questa soglia è pagato il salario di base. Non si tratta di un aspetto marginale: 30 minuti al giorno significano 2,5 ore la settimana, 10,5 ore al mese, 115,5 ore all’anno di mancato salario…

E la flessibilità?

Apparentemente le cose sono rimaste tali e quali. Il comunicato comune di sindacati e padronato offre una lista dettagliata di aggiustamenti del CNM che riguardano aspetti più disparati legati principalmente all’organizzazione del lavoro e alcuni piccoli miglioramenti normativi (in particolare l’indennizzazione al 100% del congedo paternità a fronte dell’80% stabilito per legge). Aggiunge anche che una serie di temi saranno oggetto di gruppi di lavoro nel corso della validità contrattuale. Tra questi figurano quelli che sindacati e padronato hanno avanzato nell’ambito di questo rinnovo del CNM e sui quali vi è stato un nulla di fatto come abbiamo detto e come riconoscono sia i rappresentanti sindacali che quelli padronali (ad esempio la protezione della salute e l’organizzazione del tempo di lavoro).
Il giudizio sindacale su questi punti non sprizza certo di entusiasmo, limitandosi a qualificarli come “alcune semplificazioni nell’organizzazione dell’orario di lavoro e miglioramenti volti ad aumentare l’attrattività del settore”.

Resta il fatto, come abbiamo già osservato a più riprese in una serie di articoli che i lettori e le lettrici possono trovare sul nostro sito, che il dilatarsi a dismisura della flessibilità è uno degli elementi fondamentali dell’evoluzione della condizione lavorativa sui cantieri svizzeri degli ultimi dieci anni. Lo si può constatare nella gestione padronale degli orari di lavoro (che rispettano sempre meno quanto previsto dalle regolamentazioni, sebbene generose e già flessibili), nell’intensificazione dei ritmi di lavoro, nelle situazioni di disagio dovute alle questioni climatiche (canicola, pioggia, freddo, etc.).

Su tutti questi aspetti le organizzazioni sindacali, anche a causa della loro scarsa presenza organizzata sui luoghi di lavoro, fanno fatica a fare rispettare le regolamentazioni; e il padronato, vista la scarsa resistenza che trova in materia, cerca di approfittarne e di modificare le regolamentazioni vigenti adattandole ad una realtà della flessibilità sempre più ampia.

L’interpretazione delle direzioni sindacali, per le quali apparentemente il confronto sulla flessibilità nell’ambito delle trattative si sarebbe concluso con un risultato di “pari e patta”, è di fatto una conferma che le cose non solo resteranno così come si sono vieppiù affermando, ma che rischiano di peggiorare. E un primo peggioramento ha forse avuto già luogo. Infatti, il regime delle ore supplementari era definito “0 a 100”, ossia tutte le ore prestate in più rispetto all’orario di lavoro settimanale stabilito dal calendario di lavoro (massimo 45 ore), fino a un massimo di 25 ore al mese, potevano finire in un conto flessibilità di appunto +100 ore, a uso esclusivo dell’impresa edile. Con il nuovo contratto, la flessibilità è stata definita “-20 ore fino a + 80 ore”. Se in totale le ore flessibili rimangono 100, è stato tuttavia introdotto il nuovo principio di un saldo negativo: il padrone potrà lasciare a casa i lavoratori in caso di un calo di lavoro (soprattutto stagionale) e far loro recuperare queste ore quando le condizioni meteorologiche saranno più propizie all’attività edile, periodi caratterizzati, come quelli estivi, da un lavoro più pesante per gli operai. Vedremo se questa flessibilità negativa non si amplierà ulteriormente. A ciò si aggiunge un ulteriore peggioramento in relazione alle ore straordinarie. A partire dal prossimo anno la 48esima e 49esima ora straordinaria settimanale non dovrà più essere pagata ma potrà venir accumulata sul conto ore straordinarie.  Per ora si è aperto un primo varco a favore di quella che è sempre stata una rivendicazione storica del padronato edile.