Pubblichiamo (e condividiamo) questa presa di posizione del Collettivo Io l’8 ogni giorno in merito ad una trasmissione della RSI (Modem di venerdì 20 gennaio) dedicata al tema della “Violenza al femminile”. (Red)
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“Violenza di che… genere?” questo è il titolo della puntata di Modem (RSI, Rete 1), di venerdì 20 gennaio in cui è andato in onda il reportage “Violenza al femminile” realizzato da una giornalista de laRegione e vincitore del Premio Renato Porrini presso la Scuola di giornalismo della Svizzera italiana.
Nel reportage, come afferma la stessa giornalista, si è voluto mettere a fuoco “l’altra faccia della medaglia”, ossia la violenza commessa – all’interno di relazioni di coppia – dalla donna sull’uomo. Peccato che, sia all’interno del reportage, sia negli interventi in studio, questo spostamento del focus finisca solo per distorcere la visione complessiva e complessa del problema. Infatti, la testimonianza al centro del servizio non è “l’altra faccia della medaglia”, simile e speculare, delle innumerevoli e spesso ancora invisibili storie di violenza domestica esercitata da uomini su donne: è una storia di conflitto all’interno della coppia, in cui entrambi i partner a più riprese sono stati di volta in volta vittima e carnefice.
Nella stragrande maggioranza dei casi in cui una donna è riconosciuta come autrice di violenza, è al contempo anche vittima. Spesso anzi, in particolare quanto i fatti sono molto gravi, la violenza è una reazione esasperata di fronte a una situazione di abusi e violenze da cui la donna non riesce a vedere altra via d’uscita.
Ciò non accade invece nella maggior parte dei casi di violenza maschile sulle donne, violenza fondata su un’asimmetria, in cui da un lato c’è un carnefice e dall’altro una vittima. Questo è dimostrato da ormai numerose ricerche e traspare anche dagli stessi dati citati in apertura del servizio.
Sarebbe dunque stato interessante, e certamente molto utile, indagare da questa angolazione il fenomeno delle donne autrici di violenza e metterlo a confronto con quelle che sono invece le specificità della violenza maschile sulle donne.
Generare confusione
Presentare invece i due fenomeni come speculari, dimenticandosi della dimensione di genere, genera, invece, solo confusione.
Tale confusione è particolarmente evidente nell’intervento della collaboratrice dell’ufficio assistenza riabilitativa, la quale afferma che “nella maggior partedelle situazioni che vediamo noi sono da qualche parte entrambi autori e vittime”. Parole non solo in netta contraddizione con gli stessi dati riportati nel servizio, ma che soprattutto sono pericolosamente fuorvianti, perché provenienti da una professionista del settore, ossia da qualcuno che dovrebbe essere ben in grado di distinguere tra conflittualità e violenza domestica, identificando proprio nell’asimmetria tra autore e vittima il discrimine e il carattere fondante del fenomeno della violenza maschile sulle donne.
Questa distinzione è la grande assente in tutto il servizio che invece fomenta un immaginario mascolinista per cui la violenza domestica è nulla più che un conflitto tra partner, in cui sia l’uomo sia la donna contribuiscono in parti uguali all’escalation della violenza. Purtroppo, la diffusa incapacità da parte di chi si occupa di queste tematiche di distinguere tra conflittualità di coppia e violenza domestica e di operare una chiara identificazione delle vittime, sono stati evidenziati come elementi problematici nel Rapporto del Grevio sull’attuazione in Svizzera della Convenzione di Istanbul.
La violenza ha un genere
La giornalista si chiede inoltre come mai, “dati alla mano” la percentuale di uomini autori di violenza sia ben più alta rispetto a quella delle donne. Ma conclude che “non c’è una risposta semplice”. E, invece sì, la risposta è semplice e sotto agli occhi di tutte e tutti. Il fenomeno della violenza, in tutte le sue forme – non solo quella domestica -, è un fenomeno chiaramente contraddistinto in termini di genere: la violenza ha un genere ed è quello maschile.
Un recentissimo libro – “Il costo della virilità. Quello che l’Italia risparmierebbe se gli uomini si comportassero come le donne” – che analizza la situazione italiana dimostra senza ombra di dubbio come gli uomini siano i responsabili della quasi totalità dei comportamenti violenti ed antisociali, dagli omicidi (92%) agli abusi su minori (87%), passando per gli stupri (98,7%), le risse (87,5%) o ancora gli incidenti stradali mortali (83,1%), l’evasione fiscale (91,7%) o lo spaccio (93,4%). Il problema della violenza è un problema maschile ed è la diretta conseguenza della struttura patriarcale della società che continua a educare e socializzare in modo distinto maschi e femmine e che conferisce al genere maschile privilegi e potere sul genere femminile e sui minori.
Che genere di risorse
Per concludere in bellezza la trasmissione interviene una psicologa della polizia cantonale che, di fronte alla domanda del conduttore sulla necessità di investire maggiormente per contrastare la violenza domestica, ritiene che le risorse elargite siano sufficienti: è infatti appena stato creato un “centro di competenze violenza”. Ci vuole molto coraggio per affermarlo a pochi giorni dal grido di allarme lanciato dalle case delle donne in Svizzera, che denunciano la cronica carenza di posti letto nelle strutture protette. No, le risorse non sono sufficienti. E nemmeno gli attuali strumenti.
Da anni il collettivo Io l’8 ogni giorno chiede che sia attivato un numero di emergenza cantonale per contrastare la violenza attivo 24/7 e gestito da professioniste; sollecita la creazione di sportelli e centri antiviolenza in tutti i principali centri del Cantone; domanda la possibilità di chiedere aiuto nelle farmacie e nei centri commerciali; propone l’attivazione di un codice rosa nei pronto soccorso, rivendica un reddito di emergenza per l’uscita dalla violenza, ecc.
Tutti strumenti ed investimenti indispensabili per tutelare la vita di noi donne!